La mostra retrospettiva di Antonietta Raphaël presenta al pubblico una delle più importanti artiste della prima metà del passato secolo. La mostra raduna oltre 100 opere (65 sculture datate 1933-1968 e 45 disegni datati 1911-1974, provenienti dalla famiglia Mafai e da importanti collezioni pubbliche e private) che coprono tutto il suo percorso creativo.
La scultrice lituana fu tra le massime interpreti dei quel movimento che fu chiamato Scuola Romana e che raccolse le esperienze di artisti del calibro Mafai, Scipione e Mazzacurati con i quali Raphael costituì “di via Cavour”, secondo il fortunato battesimo di Longhi.
La Raphaël è stata considerata dai critici come il raccordo tra Italia ed Europa e in particolare con la scuola francese (Chagall e Maillol) degli inizi del Novecento. La sua prima esposizione è del 1929, alla Prima Mostra del Sindacato Fascista degli Artisti, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1930 ritorna a Parigi insieme a Mafai, quindi è a
Tra le opere di rilievo, Miriam che dorme, del 1933, opera che apre la rassegna, e Salomé, del 1968, che invece la chiude, al centro sono esposte sculture come La Grande Genesi numero quattro e la Donna al Sole e Niobe (1948). Il ritratto della prima figlia che, nel 1933, ha sette anni, oltre che focalizzare un tema, quello degli affetti familiari (il marito Mario Mafai, le altre due figlie: Simona e Giulia, gli amici: Della Ragione, Jesi, Renato Guttuso, Pericle Fazzini) ai quali dedicherà approfondite analisi formali e psicologiche, mette in luce la specificità di un linguaggio, che oltre a tener presente l’insegnamento di Maillol e di Rodin ( Simona col pettine, 1935, Busto di Simona, 1938) si poggia sulla quotidianità resa eterna, mai scissa da quella religiosità dell’esistenza in cui era cresciuta. Ne Le tre sorelle (1936), Mafai con il gatto (1942), La danza (1949), La fuga (1958), Leda con il cigno (1962-1966), si individua nell’autrice il distacco dalla concezione dell’idea dell’opera come monumento e all’esecuzione di soggetti che scivolano lentamente nella poesia, nel senso della vita che scorre piano sui volti dei suoi protagonisti.
katya madio
mostra vista il 22 luglio 2003
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