L’ultimo lavoro di Vanessa Beecroft (Genova, 1969; vive a Long Island – New York), VB 53, presentato a Firenze nel giugno 2004, è ora documentato alla Galleria Minini con foto e video della performance. L’artista genovese esplora tutto il fascino dell’universo femminile, accostando arte e moda, riferimento autobiografico e pittorico, in una ricerca che lei stessa definisce identitaria. Da una parte, usa se stessa come esempio e punto di partenza per le sue creazioni, che diventano così, una volta trasferite sul piano artistico, discorso di valenza universale. Dall’altra, accoglie un dialogo con il passato proponendo modelle acconciate con parrucche di capelli lunghissimi, che ricordano quelli della Maddalena. Sembra essere un omaggio ai due grandi pittori del Rinascimento fiorentino: Sandro Botticelli e Filippino Lippi, che dipinsero due Maddalene penitenti con capelli di “lunghezza sovrannaturale, spessi come una pelliccia”, esposte nel 2004 a Palazzo Strozzi. L’omaggio non è casuale: generalmente le performance della Beecroft e il modo in cui esse sono caratterizzate prendono spunto dal luogo nel quale vengono messe in scena.
Il suolo su cui poggiano le modelle vuol essere un esplicito riferimento alla land art, come dichiara l’artista, e su di esso si alternano dee dalla pelle scura o chiara, la cui purezza è in forte contrasto con la nudità sporca della terra bruna. Allo stesso tempo
Dal punto di vista performativo, il rituale proposto è sempre lo stesso: le professioniste in scena espongono se stesse e il proprio corpo in modo naturale, ma allo stesso tempo distaccato, come fossero un’immagine tutta da contemplare, trasponendo –come sostiene David Hickey- la composizione pittorica nello spazio della performance. Precise regole di regia, che invitano le modelle a non recitare, a comportarsi come se fossero sole nella stanza, in modo che, vestendo i panni di loro stesse, non abbiano l’impressione di essere veramente nude. Non c’è né azione, né narrazione, né movimento teatrale. C’è piuttosto resistenza alla posizione imposta e cedimento fisico, rigidità formale e disgregazione dell’immagine, ordine premeditato che lascia inevitabilmente il posto al caos.
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La Beecroft in mostra a Rivoli
v.r.
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che palle.. quest'arte cosi snob così insignificante..in po di figa nuda.. qualche vestito decò..che noia...
Uffa vanessa.
Avevi un lavoro così interessante, improntato su una sottile critica al sistema moda e alle modelle. Ora sei diventata la didascalia di te stessa, con scarpe e miniabiti firmati e le modelle (e le perfomances stesse) che sembrano sempre più uguali. Difficile abbandonare un cliché quando si è a corto di idee, nevvero?
Ma...ma.. neanche sa parlare del suo lavoro!! tempo fa ho visto uno speciale sulla beecroft ed ecco il momento tanto atteso....: lei che racconta il suo lavoro...arriva ecco...panoramica sulla galleria...primo piano su di lei...parla dai parla...immagini di new york ...dai parla ...e che dice...cagate ma non con strafottenza...il suo volto emanava grinta...delusione e fastidio.
comunque contento minini contenti tutti.
allora c'è tutto: la galleria figa, le modelle nude,le firme della moda, la sottile critica sociale,le foto ultra mega pixellate,la recenzione su exibart con i riferimenti al tardo quattrocento, l'artista che si dà delle aree infinite...ma la vera attrattiva è la figa della Beecroft.. che lei naturalmente non ci mostrà mai, tutto bello,tutto perfetto, tutto "in"...
ma...