La donna come oggetto di rappresentazione. Così Luca Beatrice, curatore della mostra, giustifica il titolo, a suo dire esplicitamente ironico. Eppure, visitando l’esposizione, è difficile non chiedersi se il presunto sfottò non nasconda un vetero-sciovinismo di fondo, una concezione della donna tutta sesso, seduzione, shopping e, al massimo, maternità. Sarà il manifesto stesso dell’evento, una donna nuda avvolta nella fascia tricolore immortalata da Plinio Martelli, che ricorda una certa iconografia da Movimento Sociale. Sarà l’allestimento un po’ confuso, indeciso tra la netta separazione di moderno e contemporaneo e il dialogo tra due diverse rappresentazioni del femminile. Sarà, più semplicemente, che il progetto di fornire uno spaccato il più esaustivo possibile della rappresentazione della donna è opera titanica. Fatto sta che La donna oggetto tradisce buona parte delle attese.
Sicuramente encomiabile è il sostanzioso sforzo produttivo messo in campo dalla città di Vigevano, che investe su una mostra decisamente ricca in termini di quantità: 150 gli artisti presenti; 200 le opere. Eppure questa rappresentazione del femminile manca della terza dimensione: quella della riflessione. I testi critici del catalogo certo non aiutano ad aggiungere spessore ad un accostamento di immagini che pare mancare di un deciso filo conduttore.
L’esposizione è divisa in quattro sezioni: le prime due nella Cavallerizza del Castello di Vigevano; la terza nella scuderia del Castello e la quarta nella Strada Sotterranea. Le sezioni nella Cavallerizza sono dedicate ai maestri di inizio ‘900 l’una, alla contemporaneità l’altra. È in questo spazio che viene percepita la maggiore confusione espositiva: alcune opere di periodi storici diversi cercano un dialogo che non riesce però ad intavolarsi, mentre altre vengono presentate in
È la terza sezione, quella della fotografia, a presentare il nucleo più coerente dell’intera esposizione. Dai manichini femminili di Man Ray (donne oggetto tout court ), alle (verissime) segretarie sexy di Sergey Bratkov (queste realmente ironiche nell’incarnazione di una delle più ricorrenti fantasie sessuali maschili), al kitsch di LaChapelle, alla donna resa vittima dalla moda di Olaf. Fino alla mascolina Lisa Lyon ritratta da Mapplethorpe e alle madri angelicate di Nan Goldin. L’ultima sezione segna il passaggio della donna da oggetto a soggetto della rappresentazione, con opere di giovani artiste italiane.
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fiorenza melani
mostra visitata il 3 giugno 2006
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cara graziana, per dirla ironicamente (gli aficionados di exibart sanno che beatrice c'ha pure un bel caretterino velenoso) forse il problema è opposto. dovrebbe forse sparare di meno e sgrilletare di più...
mi sembra che i curatori come luca beatrice non riescano proprio ad ucire da una logica fallocentrica e francamente un po cafona.. il tema della donna nell'arte, come autrice o come "oggetto" di rappresentazione è stato talmente percorso e abusato che viene da chiedersi come possa un museo o uno sponsor investirci del denaro e delle energie. soprattutto se il tema è proposto da un personaggio "dal grilletto facile" come luca beatrice... con tutte le curatrici e curatori giovani che ci sono mi domando a chi possa interessare davvero il suo punto di vista.
propongo alle lettrici (e ai letteori) di exibart di boicottare la mostra anche nei confronti delle artiste donne che fanno seriamente il loro lavoro e fanno di tutto per uscire dalla giostrina di stereotipi proposti dal curatore.
gra-
Non credo sia questione di maschilismo o femminismo, dai... Smettiamola con questi falsi rigurgiti di ideologismo e consideriamo il valore della mostra in sé... Non ho ancora visto l'esposizione, ma posso concordare al limite con l'accusa di scarsa originalità nel tema (che poi, però, è il prezzo da pagare per vedere esposti grandi nomi anche del secolo scorso). Non con l'accusa di visioni fallocentriche e simili. Sarò ingenua?
Cara Graziana, ma che bello una volta tanto sentire la voce di una bella femminista di quelle anni '70!!!!
Purtroppo o le mostre son fallocentriche o vaginocentriche...
Comunque molto meglio le mostre di Beatrice, che per lo meno son divertenti, che quelle dei mafiosetti che se la cantano e se la grattano... senza far nomi ovviamente!!!