Sono trascorsi quasi cento anni da quando, l’8 marzo 1910 a Copenaghen, Rosa Luxemburg e Clara Zetkin istituirono la Giornata internazionale della donna. Cosa è cambiato da allora per il “gentil sesso”? Soprattutto, le donne di oggi sono realmente coscienti del ruolo problematico che rivestono nella contemporaneità? Oggi più di allora, o viceversa? Certo è che nessuno meglio di una donna può interpretare lo stato o, meglio, lo
status quo della donna stessa. Se poi questa donna è anche un’artista e, dunque, in qualche modo possiede una “dose doppia” di sensibilità, può di sicuro arrivare a toccare i “nervi scoperti” e smuovere la coltre di ipocrisia che ruota intorno alla
dimensione femminile.
È quanto accade per la mostra
Il segreto di Eva, inserita all’interno della manifestazione
Itinerario Rosa 2008 e inaugurata proprio l’8 marzo alla PrimoPiano. Ventisei artiste, nazionali e internazionali, propongono, svelano, indagano il caleidoscopico “universo rosa”, a partire dai pesanti retaggi culturali derivati dai dogmi della religione fino ai più estremi risvolti di una sorta di “secessione sessista”. Foto, pittura, video, performance: molteplicità di linguaggi per
indicizzare una molteplicità di vedute.
Apre la rassegna l’intervento performativo
Vergine Mancante della giovane siciliana
Marilena Vita, un tentativo di smitizzare “l’icona sacra” della donna intatta nel corpo e incorruttibile nella moralità. L’artista, fra l’altro, è presente con una serie di fotografie che “documentano” un passo della Passione di Cristo
(la mensa sacrificale del vino e del pane), celebrato proprio da una donna. Interessante l’uso crudo del simbolism delle immagini di
Vanessa Lo Presti, che catalizza le energie vitali intorno all’esplorazione diretta del proprio io carnale ed emotivo. Così, il cuore diventa un accessorio d’abbigliamento, quasi fosse una pochette.
Più provocatoria è la rilettura della
Venere botticelliana a opera di
Francesca Stramaglia che, dopo averne scomposto la forma su vari piani, ne frammenta ancor più il significato allegorico vedendola ingravidata. Sulla stessa scia di
Maria Assunta Karini, che da vita a una creatura femminea più che mai specchio del presente: una novella Eva metaforicamente “vestita sulla pelle” dalle iconografie sacre cristiane, come il volto della Vergine sul suo ventre.
L’israeliana
Dina Levy porta in scena, invece, le donne arabe i cui corpi, segregati in coloratissimi burqa, celano una femminilità pienamente consapevole. La miriade di seni cuciti uno accanto all’altro in un lungo drappo rosso, presentati da
Filly Cusenza, sono un chiaro invito alla riflessione sull’ossessiva ricerca di perfezione estetica, che precipita molte donne in una sorta di nichilismo autocelebrativo.
Femminismo, ma quello vero, si evince nelle foto-documento sulla vita di Judith Malina di
Amy Cohen Banker, come nella figura della
Più Amata dagli Statali di
Rita Vitali Rosati.