Il bianco abbacinante delle pareti e del pavimento della stanzetta in cui campeggia la Gynaecologic Chaise Longue è il non colore dell’asetticità. Tinta che in questo caso fornisce il contesto di lettura per l’oggetto in mostra. Il collettivo Robert Vincent, che lavora -con media diversi- attorno al concetto di origine, propone qui un oggetto di design la cui perfezione formale si scontra con i sentimenti suscitati dall’idea del suo uso. La chaise longue, pezzo d’arredamento che porta con sé le connotazioni di comodità e agio, viene trasformato in uno strumento ginecologico: il lettino medico, oggetto impersonale e funzionale per eccellenza, diventa articolo di design e acquista la possibilità di essere confortevole. Il momento del parto, intrinsecamente doloroso e bello solo nel suo scopo, viene collocato in una dimensione estetica. Nel caso di Antonio Rovaldi (Parma 1975. Vive a Milano) il bianco si carica di una serie di valenze molto diverse, che lo rendono elemento centrale della significazione delle opere esposte.
Rovaldi espone la scultura Indaga – Come un suono suonato nel vento (un paio di stivaloni in ceramica appositamente realizzati per questa esposizione), una serie di cinque fotografie e il video Le spiagge bianche (2004). Questo, in particolare, cattura l’attenzione e offre una chiave di lettura per le altre opere. Le immagini irretiscono, creando una fascinazione per queste spiagge deserte, indugiando sui mille gorgoglii dell’acqua e il nitore della sabbia, mostrando, dall’alba al tramonto, il lavoro delle onde che, infrangendosi, disgregano e modellano la rena nello sciabordio cullante delle acque. Ma i controcampi sulla fabbrica a ridosso della spiaggia insinuano un’inquietudine sottile, accentuata dal fatto che l’acqua del mare, ritirandosi, lascia intravedere una bianca e levigata figura aliena. Come chiarisce in chiusura una didascalia, sulle note smaccatamente romantiche di Hawaii di Elvis e con in sottofondo il fumo rosso di quattro mastodontiche ciminiere, il filmato è stato realizzato sulle spiagge di Rosignano, in provincia di Livorno, proprio di fronte alla fabbrica della Solvay. Le sabbie sono bianche a causa degli agenti chimici, i gorgoglii sono prodotti dalle acque di scarico.
Il lavoro sui luoghi dell’artista emiliano passa attraverso una lunga fase di appropriazione del paesaggio, che filtra nei sentimenti contrastanti nei suoi confronti che emergono da Le spiagge bianche.
Lungi da un intento di denuncia, quello di Rovaldi pare più un atto d’amore, in cui la lusinga estetica si concilia alla presa di distanza. Senza che tra le due istanze si avverta uno scollamento. Per restituirci, in un video di rara bellezza, la complessità dell’attrazione e della repulsione esercitata dai materiali naturali e umani e dai loro movimenti.
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