Esistenza quotidiana – Resistenza quotidiana sembra lo slogan adatto per aprire la mostra conclusiva del Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti. In realtà, nella sua forma di scritta a caratteri cubitali, campeggia nell’opera di Juliane Wedell (Lipsia, 1978), una dei venticinque selezionati di quest’anno. Non solo uno slogan allora, bensì un manifesto, un aforisma partorito alla luce degli itinerari di riflessione percorsi sotto la guida del visiting professor Alfredo Jaar.
L’arte, dunque, può opporsi agli andamenti rigidi e prestabiliti, cercando un contatto con la realtà, senza per forza rimanerne prigioniera. La videoinstallazione sulla Casa del fascio, ad esempio, instaura un dialogo con le precise forme del progetto di Terragni e rivela un attento studio dell’architettura insieme ad velata ammirazione. Tutto ciò però non esime l’artista dallo sfruttare lo “schermo” offertogli dal celebre edificio per trasformarlo nella stele funeraria di Gramsci.
E’ necessario varcare due colonne per intraprendere il percorso dentro l’ex-Ticosa: una, ben camuffata nella struttura portante, ha tutti i caratteri dell’intromissione, l’altra, meno stabile, è costruita con i cataloghi delle edizioni passate del corso. Tutte e due formano il lavoro di OZMO (Pontedera, 1975).
L’interazione con lo spazio, che si tratti dell’edificio o del centro urbano, prende il sopravvento nelle opere presentate. Da un lato i video, che usano questi spazi come location, dall’altro la documentazione di interventi esterni, dall’altro ancora il legame diretto. L’intensità ossessiva delle immagini si riverbera ridondante nell’ambiente circostante, in forma ritmico-sonora, nel lavoro di Andreas Golinski (Essen, 1979). Le Connessioni di Andrea Nacciariti (Ostra Vetere, 1976) “scendono in campo” tracciate da una lunga fila di neon, con un riferimento ad un acquerello di Mario Radice. Il battito leggero e costante di un ‘quintetto’ di martelli, impegnati in una jam-session è la proposta di Jeremy Boyle (Pittsburgh, 1975), mentre per Stefano Mandracchia (Brescia, 1976) e Nark BKB (Bassano del Grappa, 1975) è stato interessante interagire con l’area dismessa del complesso alla ricerca di nuove funzionalità.
Le scelte progettuali in relazione al centro urbano invece, muovono verso il contatto fisico con la cittadinanza nell’azione di Karen Miranda Rivendeira (New York, 1983), o nel monitoraggio delle aree video sorvegliate nella mappa di Wendy Downs (Virginia, 1978).
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ti sembra che quello che hai scritto qui sopra abbia un senso?
e pensi anche che chi non ha visto la mostra la possa capire o almeno farsene un'idea con la tua recensione?
mah!
Speravo che lasciassi l'indirizzo mail per poter essere più prolisso nella risposta. Vorrei che mi spiegassi in modo più dettagliato la posizione dalle quali muove la tua critica. La mostra era complessa sia per quello che esprime - l'esito di un percorso - sia per il numero degli artisti (e di conseguenza delle opere), la mia lettura è sicuramente un accenno sintetico di quello che è successo. Aspetto tue notizie. CM
magari questa lettrice intendeva dire che la tua recensione non è semplicemente una sintesi (essa di per sè non è un difetto ma un pregio) di ciò che era presente alla mostra, quanto piuttosto un elenco del telefono infiorettato da qualche considerazione ad dire il vero piuttosto semplicistica.
L'idea della mostra non si capisce, i lavori degli artisti meno che mai. Peccato.
...credo che sia necessario aumentare il numero limite di battute per recensioni di questo genere... come addire, è molto piu semplice fare la pipì nel buco senza sporcare attorno se si allarga il buco...