L’atrio di ingresso e il quarto piano della Pinacoteca di Bari sono inondati da un mare di fotografie. Oltre 250 opere per rivolgere lo sguardo al Mediterraneo, un universo chiuso dai litorali di Paesi diversi, uno bacino sempre più letterario da cui, in tempi e modi dissimili, sono tratte le ispirazioni per le opere esposte. Nessuna eccezione di qualità delle scelte effettuate. In mostra il racconto di culture distinte ed originali. La pellicola restituisce i colori delle immagini, gli eccessi e le contraddizioni della forza espressiva di un mare geograficamente intellettuale.
Nomi, figure e luoghi noti del mare nostrum: Gabriele Basilico e le esangui immagini del centro di Beirut del 1991 fanno da contraltare ai reportage, finemente perfetti, della fine degli anni Cinquanta, di Gianni Berengo Gardin. Così, per contraddizioni e affinità , si prosegue, alternando la metafisica adriatica delle immagini di Guido Guidi all’idea di violenza meridiana impressa nel volto dell’Atleta della Villa dei Papiri di Ercolano, sintesi significativa delle opere di Mimmo Jodice.
Gli stereotipi del Mediterraneo ci sono tutti, ma nessuno è interpretato con banalità . Lo stesso “mare nero” di una Sicilia bella e scabra è rappresentato in qualità diverse tra loro negli scatti di Ferdinando Scianna e Carmelo Nicosia. Mentre si passa al quarto piano della Pinacoteca prosegue anche la sensazione di una mostra che funziona per continui rimandi, in cui alla bellezza delle simmetrie dei luoghi si accostano i tagli obliqui delle personali interpretazioni. Così non stupisce trovare il lavoro di Luigi Ghirri e le astrazioni concettuali delle fotografie di Mario Cresci accanto alle fotografie aeree che lavorano sulla messa a fuoco di un punto tematico interno delle immagini di Olivo Barbieri.
Una collettiva eterogenea e di grande interesse, per un tema che apparentemente si presenta come abusato; le diverse peculiarità di questa mostra hanno però dimostrato che ha ancora senso guardare con “un pensiero meridiano”. In tal senso anche gli accostamenti più azzardati trovano un loro equilibrio, tanto da poter passare dai colori e i personaggi almodovariani di Carlos Pérez Siquier alle “classiche” immagini del mare greco “bello di fama e di avventura” ritratto da Giorgia Fiorio, Pierre Devin, Nikos Economopoulos.
Linguaggi diversi, soggetti inconsueti o storici, formati e tagli differenti, in una carrellata di immagini che prosegue raccontando l’evoluzione stilistica che -nel tempo e nei modi- ha cambiato il senso di intendere la fotografia. Due esempi? L’inquietante bellezza del porto di Istanbul nelle immagini in bianco e nero di Djan Seylan, i personaggi solitari sono riportati in scatti stampati in un piccolo formato e sembrano quasi affermare il contrario delle fotografie a colori e di grande formato di Massimo Vitali, immagini con una vocazione quasi documentaristica che permettono di osservare le relazioni tra folla e luogo, tra comportamenti e paesaggio. Ogni scatto in mostra dimostra di saper interpretare in un mondo altro il senso dei contesti geografici. Ogni appartenenza culturale affronta una graduale ed inesorabile incapacità di sospendere lo sguardo perché ferma ad esprimere le ansie di nomadi del mare, che trasfigurano i paesaggi, i soggetti e gli oggetti in forme e figure nelle quali si segue un unico movimento. Malinconicamente mediterraneo.
lino sinibaldi
mostra visitata il 13 gennaio 2006
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