Da Albrecht Dürer ad una passione d’epoca vittoriana per la catalogazione passando per l’Apocalisse di S.Giovanni: frammenti distillati in chirurgiche operazioni di selezione, rimeditazione e assemblaggio attraverso un percorso capace di condensare mistero e attualità, ammaliando l’osservatore con una ricerca che si nutre di perizia tecnica e secoli di storia dell’arte.
“Compendium” al MAC – Museo di Arte Contemporanea di Lissone, curata da Alberto Zanchetta, è un’immersione nella più significativa produzione di Gabriele Arruzzo dal 2010 ad oggi che culmina con un’imponente ed inedita visione apocalittica. Ne abbiamo discusso con l’artista.
Come procedi per realizzare soggetti visivamente tanto densi e complessi?
«Nel momento in cui sottraggo un’illustrazione al testo l’immagine diventa autonoma, una sorta di ready-made, arte pura perché priva di un fine pratico. Le immagini vengono ricontestualizzate e riutilizzate in modo diverso dallo scopo che avevano rispetto al testo originario. Aspetti fondamentali che devono essere tenuti in considerazione in merito al mio lavoro sono il riferimento alla memoria dell’arte e al medium che utilizzo nel processo creativo. All’inizio, infatti, preparo un bozzetto al computer, poi il file immateriale deve diventare oggetto fisico: il quadro. Passo dalla freddezza mentale del monitor al caldo della materia e poiché voglio che sia evidente questo passaggio, stendo strati e strati di vernice e l’atto pittorico si trasforma quasi in un mantra. Per questo processo spesso un’opera necessita di centinaia di ore di lavoro: il tempo, nella mia pittura, è un uno degli elementi cardine».
Come hai costruito, nel tempo, il tuo immaginario?
«Mi piace pensare che il mio atteggiamento nei confronti di ciò che faccio e di come lo faccio sia un po’ quello dell’archeologo, che riscopre antichi frammenti che poi andranno a comporre una visione più generale dell’opera. Ma mi sento anche un po’ come l’architetto che mette in scena un’opera nel solco di una tradizione artistica italiana, profondamente figurativa. Sono oramai tredici anni che alimento un archivio personale inserendoci “qualcosa che potrebbe servirmi”… Tuttavia il mio obiettivo non è un copia e incolla fine a se stesso, è piuttosto il tentativo di stabilire una relazione tra me e l’osservatore attraverso l’opera. Tento di appropriarmi del passato attraverso la pittura e cerco, per quanto posso, di rigenerarlo in un modo inedito: lo stesso procedimento di chi usa l’alfabeto per la parola scritta o le note musicali per comporre melodie…».
Che ruolo ha lo spettatore e come entri in contatto con lui mediante il tuo lavoro?
«È una parte inconsapevole dell’opera, tento di sospendere il suo sguardo attraverso la rappresentazione di ciò che sta all’interno di questo infinito spazio pittorico chiuso definito quadro.
Perché hai scelto di riproporre parti di incisioni dall’Apocalisse di Dürer?
«In questi giorni si parla dell’Ebola come della nuova peste, c’è una situazione socio-politica internazionale incandescente, poi ci sono cambiamenti climatici, carestie, una devastante crisi economica in corso… più attuale di così!».
Silvia Conta
mostra visitata il 25 ottobre
Dal 25 ottobre al 6 dicembre 2014
Gabriele Arruzzo, Compendium
MAC di Lissone
via Gramsci 21, 20851 Lissone (MB)
Orari: Martedì, Mercoledì, Venerdì h 15.00 -19.00
Giovedì 15.00 -23.00 Sabato e Domenica 10.00- 12.00 / 15.00 – 19.00
Info: museo@comune.lissone.mb.it