Un’antologica a Lecco, quest’estate, per l’anniversario degli 80 anni e, ora, la mostra alla Reggia di Caserta dal titolo “Pittura oltre la pittura”, a consacrare Tino Stefanoni in uno dei templi più significativi della cultura italiana. Un evento a cura di Vincenzo Mazzarella, Nicola Pedana e Luca Palermo, programmato da tempo che, purtroppo, coincide con la scomparsa dell’artista lecchese, avvenuta alcuni giorni prima dell’inaugurazione ufficiale.
Ingenuamente, si direbbe, una pittura apparentemente scontata, quasi monotona e solitaria, in un viaggio per certi versi anacronistico rispetto alle proposte ufficiali intraprese dai suoi contemporanei. Tutt’altro. La sua poetica, come dice Mauro Felicori, direttore della Reggia di Caserta, «Guarda il mondo delle cose e degli oggetti presentandoli nella loro disarmante essenzialità. La purezza del segno e la pulizia dell’idea ci riconducono all’essenza stessa delle cose in una sorta di riconciliazione con i segni primordiali», con la dimensione del tempo e dello spazio che si fa ironia e nel contempo sogno metafisico, tempo trascorrente, esteso e anche infinito.
Gli inizi della sua poetica avvengono negli anni ‘60 con i bolli bianchi su tela chiamati “Riflessi” realizzati nel 1966, i segnali stradali, le lettere, le forme inedite di cose; camicie, flaconi, buste, borse dell’acqua appesi alla pareti come segni anonimi del contemporaneo, riprodotti in serie e rappresentati in modo segnaletico su fondi piatti, senza alcuna profondità e spessore. Una labile vicinanza con la pop art e con l’arte minimale e concettuale, ridotta però a segnale mentale nella più disarmante ovvietà ed eccezione consumistica.
Tino Stefanoni, Pittura oltre la pittura, vista della mostra
Secondo Tino Stefanoni, bisogna raccontare “il mondo delle cose” con accenni metafisici, con una valenza volutamente ironica e favolistica. Non una pittura scandita da una coinvolgente partecipazione emotiva ma da un distaccata e sottile relazione, definita per cadenza di riflessi e di profondi silenzi. Insomma, una metafisica del quotidiano senza mitologia, anonima, fuori dagli affetti e dalla storia, alla ricerca di un ordine logico e formale per controllarla e contenerla. Da qui un convinto procedere fino ad approdare alle opere pittoriche di questo ultimo trentennio, dalla metà degli anni Ottanta a oggi, con i paesaggi e le nature morte caratterizzate da una profonda e corale riflessione sulla pittura. I Senza titolo nella loro essenzialità delle opere precedenti riprendono un filo comune caratterizzato dalla negazione di una “rappresentazione verosimile” della realtà. Nella distanza della logica, distaccati dal reale, affiorano i teatrini dell’immaginario carichi di silenzio e di presenze sintetiche e insostanziali del pensiero. Le sue non sono storie concluse da raccontare, ma tracce di segni da immaginare, da approfondire e riflettere, spunti di presenze provvisorie tra il ricordo e l’immaginazione. Una pittura, quindi, “oltre la pittura”, al di là della mera esibizione tecnica e formale, raccordata nell’essenza del pensiero “per riduzione” che non si tramuta mai in materia concreta. Ne risulta una incessante presentazione di cose sospese e rarefatte, di una realtà tutta mentale che si definisce per riflessione e per estensione lirica, qualcosa che permane ancora pensiero latente non ancora del tutto oggettivato nella pittura.
Sandro Bongiani
Mostra visitata il 14 dicembre 2017
Dall’8 dicembre 2017 al 7 gennaio 2018
Tino Stefanoni, Pittura oltre la pittura
Appartamenti Storici, Retrostanze del ‘700, Reggia di Caserta
Via Douhet 2/A – 81100 Caserta
Orari: tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, martedì chiusura settimanale
Info: caserta@operalaboratori.com