Inaugurata in gran
spolvero alla presenza del Ministro per gli Affari Regionali Fitto e sotto
l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, la mostra brindisina propone
uno scenario assolutamente inusuale ai numerosi visitatori che in questi mesi
hanno popolato le sale di Palazzo Granafei-Nervegna: 120 opere dei più grandi
autori del Novecento in un unico contenitore espositivo, con un effetto
d’insieme decisamente impressionante.
Il tutto a conferma
del fatto che la politica culturale del Comune prosegue con impegno, a favore
della divulgazione dell’arte moderna e contemporanea, in un percorso iniziato
con l’antologica su
Marcello Avenali, in occasione dell’inaugurazione del restaurato palazzo
storico, e con la mostra sul Futurismo lo scorso inverno, in concomitanza con i
festeggiamenti per il centenario della nascita del movimento.
Questa ulteriore
iniziativa porta in città una selezione delle più importanti opere della
collezione Mazzolini che, nella sua totalità, conta 899 capolavori, raccolti
prima dal medico milanese Giovanni Battista Ettore Simonetti, poi dalla sua
assistente Domenica Rosa Mazzolini e dalla stessa successivamente donati alla
Diocesi di Piacenza-Bobbio.
L’esposizione, a
cura di un giovane studioso brindisino, Teodoro De Giorgio, si apre con una
serie di ritratti dei collezionisti, realizzati da alcuni maestri del
Novecento, tra i quali spicca il salentino
Ercole Pignatelli, a cui è dedicata un’altra mostra
presso il Bastione di San Giacomo.
La selezione delle
opere esposte propone un percorso didascalico che, partendo dai primi anni del
secolo scorso, con una sala interamente dedicata alle nature morte di
De
Pisis e ai
paesaggi di
Tomea e degli artisti del gruppo Corrente, passando poi per la metafisica di
de
Chirico, con
opere di assoluto rilievo quali le
Muse metafisiche,
I gladiatori e
Piazza d’Italia, per il Novecento italiano e la
stilizzazione di
Sironi e
Funi,
approfondendo l’uso del colore nei ritratti di
Borra,
Consadori e
Gola, e la potenza del segno in
artisti quali
Campigli e
Cassinari, giunge infine a dare una breve panoramica sulle nuove concezioni
artistiche non figurative.
Le ultime due sale,
infatti, propongono brani di Informale con le infinite riproposizioni di un
unico segno di
Capogrossi e i nodi astratti di
Scanavino; di Spazialismo, con ben sei
esemplari di
Concetto Spaziale di
Fontana; la ricerca astratta portata avanti da
Manzoni tramite il movimento Azimuth, mirante principalmente alla realizzazione di “quadri-oggetto”,
quasi sempre monocromi e del tutto privi di riferimenti figurativi,
rappresentata in particolare da un
Acrome.
Va detto che la
metodologia seguita è ovviamente tutta a favore di un pubblico non avvezzo alle
tendenze dell’arte del secondo Novecento, ma è apprezzabile il tentativo di
inserirne comunque alcuni esempi, in modo da lanciare un sasso nello stagno e
sperando che ci sia un seguito a questo tentativo di apertura.
Il tutto corredato
da una serie di
lectio magistralis tenute da importanti personaggi del settore
storico-artistico (molto interessante quella su
Arte e comunicazione.
L’ascolto visibile tenuta da James M. Bradburne, direttore generale della Fondazione Palazzo
Strozzi di Firenze) e da concerti a tema.