Una ragazza vestita di colori forti e dissonanti, come le fanciulle di Derain, s’infila una parrucca e si trucca davanti ad una parete piena di specchi. Come una bambina che fruga nel beautycase della madre, ha esagerato col trucco e, così travestita, inizia a declinare il verbo essere associato all’aggettivo bella. Scrive quest’insistente cantilena col rossetto su infantili specchietti dalle cornici colorate, mentre si muove e parla come una bambola meccanica cui qualcuno ha dato la corda. Nella performance di Veronica Romitelli (Parma, 1982) “Veronica si fa bella” la donna impara presto a vivere in una casa di bambola, rifugio regressivo/prigione di un’esistenza basata sulla finzione, il mascheramento e l’imperativo ossessivo ad esser bella.
La mostraA certain form of heaven, curata da Isabella Falbo, analizza l’idea della bellezza nell’arte femminile. Il tema si rivela un pretesto per un’indagine sulla propria identità, un’esplorazione spesso sofferta che parte inevitabilmente dal corpo e dalla sua messinscena, dalle alterazioni dell’aspetto esteriore, condizionata da una visione maschile/lista della bellezza, e della donna, dura a morire nella moderna società dell’immagine.
Nel video La ricerca di Cinzia Delnevo(San Secondo Parmense, 1982), la ricerca d’identità coincide con l’aspirazione ad una bellezza non scontata ma conquistata, frutto di un percorso. L’artista, nuda, emersa da un bagno di luce di cui è ancora grondante, la diffonde nell’ambiente rendendolo vellutato come i petali della rosa che le sta di fronte, simbolo della donna sin dalla poesia cortese.
Basate sul contrasto tra sensualità e spiritualità suscitato dal desiderio della bellezza femminile sono le stampe su plexigass di Roberta Fanti(Bologna, 1965), dall’apparenza glamour e raffinata, che in realtà giocano su violenti contrasti destinati a rimanere irrisolti.
Corpi di donne, bellissimi ed esteticamente desiderabili, costretti da corde e catene invitano a godere perversamente del piacere/dolore della costrizione. Il gusto voyeuristico viene però improvvisamente mortificato: la seconda parte dell’opera è totalmente nera, con brani di preghiere latine che glorificano Dio.
Definisce per contrasti il suo concetto di bellezza anche Roberta Conti (Torino, 1972) con un’immagine specularmene divisa in due che sottolinea ancora una volta la problematicità dell’universo femminile. Le sue Donnine, disegnate con un tratto infantile e rotondo e colorate con tinte solari sono vitali e allegre perché, come dice l’autrice, “la donna veramente bella è piena di sole e di linee curve, piena di calore, di sostanza, come una dea compie miracoli ovunque si trovi e feconda le anime disperate”. Milena Sergi (Gagliano del Capo,1975) individua nell’energia vitale di cui la donna è portatrice la forma più alta di bellezza. Il corpo deformato di una donna incinta (Life), la cui carnalità eccessiva, provocatoria, courbettiana, è enfatizzata dal primissimo piano e dalla pittura corposa e calda che concentra bagliori dorati sulle prominenze della carne e crea ombre mielate sulle curve più morbide del corpo.
Per Manuela Corti (Siena, 1959) la bellezza, invece, consiste nell’incontro kantiano tra soggetto e natura come godimento estetico non privo di sofisticata ironia. Nelle sue Foto di vacanza e d’altrove l’esperienza contemplativa di luoghi d’arte e natura fa scattare il sentimento dell’armonia nell’artista, che modifica al computer le foto inserendo la sua immagine in pose divertenti e sottolineando con segni rossi i particolari che rendono quel posto unico.
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www.robertafanti.com
www.robertaconti.com
barbara improta
mostra visitata il 15 aprile 2006
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