Ventitre artisti provenienti da ogni parte del globo si confrontano sul tema dell’identità. Culturale, storica o territoriale che sia, la tematica si carica oggi di profondi e mutevoli interrogativi. Continue contaminazioni nel linguaggio, commistioni di etnie, inevitabili mutamenti degli assetti sociali, la metamorfosi spazio-temporale provocata dai nuovi media, generano fattori di destabilizzazione da un lato e una feconda “fabbrica di input” dall’altro.
L’identità, legata alle variabili storia e territorio, si fa ambigua, costretta com’è tra la necessità di tenersi al passo coi tempi e il fisiologico bisogno di recupero delle tradizioni e delle radici che le sono proprie. Il cosiddetto fenomeno dell’ibridazione culturale oggi più che mai incide considerevolmente sulle dinamiche socio-politiche, le destruttura per riavviarle secondo più attuali processi cognitivi e nuovi codici, di cui l’arte si fa possibile interprete.
La galleria PrimoPiano ha incanalato il lavoro degli artisti presenti in mostra in un percorso di indagine diacronica delle meccaniche evolutive della Storia, del Territorio, e, quindi, dell’Identità. Non a caso questo tipo di progetto curatoriale nasce in una terra come il Salento che, per antonomasia, è culla e centro di snodo di grandi culture tra Oriente e Occidente, e riflette la necessità di cercare le risposte giuste nel vasto e multisfaccettato panorama della contemporaneità.
Si passa così dalle futuribili sculture handmade di Kaoru Blackstone (Osaka, Giappone), alla pittura di paesaggi urbani dalle forti tinte di Paolo Cervino (Brindisi). Dai virtuosismi della lettone Diana Krilova, che sovrappone il tratto rinascimentale al contemporaneo su supporti di legno, alla sentita tradizione identitaria nei paesaggi del cinese Zhang Jie.
Hans Gindlesberger (New York) è presente con una sequenza fotografica in cui, giocando sul confine tra realtà e set cinematografico, materializza dei veri e propri transfert ambientali. Così l’americana Naomi Robbins mette in scena nei suoi scatti situazioni cariche di citazioni teatrali e performative giungendo a risultati dai toni surreali.
La stampa digitale Girls Needed di William Vecchietti (Ancona) è un tributo a quell’universo etnico tribale che oggi è sempre più ai margini del globale, così come l’opera dai toni pop di Magda Milano (Bari) rispecchia una ritualità legata a miti collettivi di natura folkloristica o religiosa. Un’altrettanto ricca sezione video concorre al completamento dell’esposizione con due video-performance di Teresa Brazen (Caracas), Un/Becoming Beatiful e One tiny little secret, in cui vengono rispettivamente esplorati il rapporto con il proprio corpo e quello con i propri segreti.
Allow di Sandra Miranda (Colombia) e Goran Bezanov (Zambia) è uno spaccato di realtà che si apre sulla vicenda umana ed in particolare sulla gestione dei rapporti interpersonali basati sulla fiducia e l’intimità.
I processi naturali si fanno metafora esistenziale nel video Wind water stone di Kevin Evensen (Usa), in alternativa alla crudele realtà del terrorismo religioso di A perfect day di Franco G. Livera (Brindisi).
francesca de filippi
mostra visitata il 19 settembre 2006
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