Un’azione performativa (interpretata da Eddy Palescandolo) ha aperto la mostra di Maxime Rossi, un “reading interattivo” di componimenti poetici, che ha avviato la ricerca collettiva di una soluzione all’enigmatica storia su cui si basa l’intera esposizione. Kemosabe, in lingua dei nativi americani, significa “affidabile esploratore” ed è l’eloquente titolo del progetto presentato a Salerno: una rivisitazione del viaggio che Max Ernst compie in Arizona negli anni quaranta, quando raggiunge gli Stati Uniti per sfuggire alle atrocità della seconda Grande Guerra e da cui trarrà nuove suggestioni creative. Rossi ripercorre i passi di Ernst e raggiunge Sedona alla ricerca del suo rifugio, compiendo un indagine storica ed antropologica, rivivendo un’esperienza umana che ha segnato la produzione artistica surrealista.
La mostra si presenta come un continuo disturbo spazio/temporale, molteplici sono i riferimenti e i contrasti tra passato e presente, come la gigante cianotipia (Blue Parrot Canyon, 2013) di un immagine contemporanea, ritratto ossimorico del luogo in cui si nasconde l’inaccessibile riparo. Il wallpaper avvolge lo spettatore, lo trasporta nel canyon, tra gli alberi, in una tale condizione di straniamento da non riuscire ad individuarne i particolari e lo stesso nascondiglio, oggetto principale dell’osservazione. Come uno zoom della macro immagine, sulla parete, accanto alla gigantografia, l’artista colloca un bassorilievo in legno e carta – un frottage quasi tridimensionale- che riproduce l’area precisa in cui si nasconde l’eremo, ancora una volta occultato dalla folta vegetazione. Sul pavimento della Galleria è adagiato un paracadute segnato dalla stampa di un’ opera di Victor Vasarely su cui sono stati riportati i calcoli cartografici eseguiti dall’artista per individuare la posizione dell’alloggio dove, probabilmente, Ernst custodiva parte della preziosa collezione di manufatti “primitivi” che hanno dato vita alle sue “trasposizioni scultoree”.
Maxime Rossi riprende la scultura di Ernst e la altera, realizzando nuovi totem del “primitivismo contemporaneo”: Pineapple Aries (Ariete Ananas), Orange Bird (Uccello Arancia), Pear Fish (Pesce Pera) e Banana Rat (Ratto Banana) sono opere ibride e grottesche, realizzate combinando alcune maschere della collezione di Ernst e diverse basi ceramiche. Quattro sculture (create in collaborazione con l’artista e ceramista Pierfrancesco Solimene) che acquisiscono la funzione di lanterne, indizi che “illuminano” il percorso del pubblico nell’itinerario proposto dall’autore. La mostra, dunque, coinvolge i visitatori in un continuo errare, nella perlustrazione dei luoghi toccati prima da Ernst e poi da Rossi in cui la presenza dell’artista si avverte ma non è mai palesata, del resto, “non sono le persone a raccontarci una storia, bensì i luoghi, strutture utopiche che suggeriscono presenze”.
Ilaria Tamburro
Dal 30 settembre al 7 dicembre 2013
Maxime Rossi – Kemosabe
Galleria Tiziana Di Caro
Via delle Botteghelle, 55, Salerno
Orari: dal martedì al sabato, dalle 15:00 alle 20:00 o su appuntamento