Molfetta può considerarsi ormai uno dei centri culturali più vivaci di Puglia. Quest’anno il curatore Giacomo Zaza propone, come già fatto con Jannis Kounellis, Carla Accardi, HH. Lim e Ignazio Gadaleta, un’installazione di Gilberto Zorio nel Torrione Passari, struttura che si presta, con i suoi ambienti in pietra naturale adiacenti ma dislocati su due livelli, ad opere di grande coinvolgimento emotivo.
Gilberto Zorio è reduce da una personale romana dall’analoga iconografia, adattata quasi in toto al minimo spazio della torre. La grande stella (l’uso di questa tag, allocata al posto di un occhio in un autoritratto risale al ‘72) in alluminio e rame, che annega le punte in due ciotole colme di acqua ed acidi, si ripropone sulla parete di fronte impressa a fuoco nel tufo e -magia quasi alchemica degli effetti tecnici- scompare al buio per dar spazio a schizzi fluorescenti. L’otre di pelle scura (il Marrano che gira ), cui fa riscontro un alambicco, emana un sibilo al suo sgonfiarsi
A pochi passi, nella sconsacrata Chiesa della Morte, Zaza colloca i Simulacri della pulsione.
Anche di Nobuyoshi Araky si assaggia un po’ tutta la produzione: una sequenza di Tokio ritoccata a tempera, uno scheletro in chimono, una natura morta e, in un’altra sede, una giovane donna voluttuosamente costretta nel caratteristico bondage.
Yan Pei-Ming, trasferitosi dalla Cina in Francia nel 1980, propone la sua poetica del ritratto universale con un inedito papa/cardinale -dipinto in situ come una pala d’altare- dall’inquietante sgocciolatura, particolarmente forte se riferito al recente ciclo di 13 tele sul tema della morte.
Discorso a parte per la collettiva Perspective ’04, certamente più “azzardata”: oltre al piccolo pastiche psichedelico di Christian Hahn, alle opere stranianti di Jota Castro e Erwin Wurm, i giovani greci residenti a Roma Dafni e Papados collocano in un interno l’installazione in fieri dell’abitazione prefabbricata Concrete system L.T.D. e l’animazione 3D dell’ex mausoleo di Hoxha in Albania (opponendo la casa di tutti al monumento, emblema della dittatura), accompagnandoli con i discorsi di Noam Chomsky sull’economia.
Addirittura cerebrale, l’omaggio di Luca Vitone alla Palermo che ospitò il Gruppo ’63: il corto -dallo stile amatoriale- documenta la performance inscenata da voci bianche (bambini mascherati da esponenti del movimento) che adattano alla melodia di Arrivederci di Umberto Bindi, il testo di Umberto Eco Alienazione, facendo leva sulla forza evocativa della musica.
L’iniziativa nell’insieme premia la scelta coraggiosa di un’amministrazione che evidentemente non teme di investire capitali nella cultura, di qualunque colore essa sia.
giusy caroppo
vista il 30 aprile 2004
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