Dalle diverse accezioni che il termine inglese “intimacy” assume nella traduzione in italiano si capisce già la complessità e la poliedricità delle interpretazioni che gli scatti fotografici di Luigi Ballario possono suggerire. La definizione di intimità riguarda infatti i molti ambiti delle relazioni umane e questo implica ragioni sia fisiche che psicologiche.
Il giovane artista toscano propone fotografie dalle quali scaturisce una tensione emotiva molto complessa e difficilmente razionalizzabile, nelle quali il senso di straniamento è evidente e il soggetto ritrattato compreso (e assorto?) in una dimensione “altra”. Le foto, che a un primo esame appaiono immediate, quasi furtive, sono invece il risultato di lunghi tempi di posa tanto che la tensione muscolare è evidente in ogni scatto e pare quasi entrare in conflitto con la rapidità di realizzazione che si percepisce a un primo sguardo.
Se le ambientazioni delle immagini sono piuttosto diverse tra loro, due sono però i denominatori comuni che, come un sottile fil rouge, accomunano tutte le foto esposte in mostra: il volto del ritrattato è costantemente celato e l’ambiente di sfondo mette in luce elementi che sottolineano una sottile sedimentazione del tempo.
Il soggetto per lo più si mostra con il corpo nudo e il volto o nascosto o ostentatamente avvolto in un panno. Questo pare quasi accennare al “gioco” dei bambini quando coprendosi gli occhi hanno l’infantile convinzione di non essere percepiti dal mondo. Talvolta la “copertura” del volto diventa quasi una sorta di maschera, un “limite” (inteso nel senso di limes) che si frappone tra il soggetto ritratto e il mondo che lo circonda.
Il secondo fattore che unifica tutte le foto proposte è dato dall’atmosfera che si percepisce, dal luogo nel quale sono ambientate. Se il pittorialismo del XIX secolo è un richiamo evidente in tutta la ricerca dell’artista, in alcune immagini, il segno della Pop art inglese (e sottolineo inglese) degli inizi degli anni Sessanta, e in particolare di Peter Blake, è piuttosto forte. Una patina lasciata dal tempo, l’impiego di oggetti giunti quasi al loro fine ultimo, un mondo sicuramente non “lucido” e “brillante” ma malinconico e perfino usurato.
Questo è dunque l’universo rappresentato da Luigi Ballario nel quale si inseriscono figure nude, corpi senza volto con pose accuratamente studiate, che sembrano però del tutto casuali. Ne traspare una tensione psicologica che viene poi accentuata dalla ricerca fotografica che si esplicita in un rigoroso bianco e nero e in un gioco molto sottile di luci e di ombre.
Enrica Ravenni
Visitata il 20 giugno
Luigi Ballario, Intimacy
La Corte Arte Contemporanea – Associazione Culturale
Via dei Coverelli 27r, Firenze
Orario: da martedì a sabato 16,00-19,00