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Gillo Dorfles al Mart |

di - 21 Dicembre 2011
Classe 1910, triestino, Gillo Dorfles una ne pensa cento ne fa; anzi cento e uno, quanti i suoi anni. Per tutti è sempre stato filosofo ed estetologo, il decano della critica, uno dei più raffinati e arguti pensatori intorno alle cose dell’arte: «l’unica passione a cui sono rimasto fedele», dice. Ma negli ultimi anni non si contano più le mostre dedicate alla sua pittura negli spazi pubblici quanto in quelli privati. Una pratica quotidiana, quella della pittura, che Gillo Dorfles con coerenza (altra cosa rispetto alla ripetitività) esplora dagli anni Trenta ad oggi, a fasi più o meno prolifiche, nella riservatezza della propria casa. Ma tardi, con suo grande rammarico, ci si è accorti che è uomo di prassi oltre che di teoria, e con poco coraggio – nell’era che ha fatto bandiera e materia di scontro ideologico del politically correct e del conflitto d’interesse – i colleghi critici si sono espressi nei suoi confronti.
Impossibile attribuirgli un’etichetta. Certo è che Gillo Dorfles ha la stoffa del precursore. Nella riflessione teorica lo è stato: alla fine degli anni Sessanta ha introdotto quella nozione di kitsch che Abraham Molef penserà di aver scoperto nel 1971; e già negli anni Cinquanta parla di tendenze barocche nell’arte moderna, anche se sarà Omar Calabrese a concettualizzare il neobarocco in fondo agli Ottanta. Ma Gillo Dorfles – è questa la tesi da cui muove il curatore della mostra, Luigi Sansone – precursore lo è stato anche nella pratica della pittura: prova ne è una piccola china che porta la data del 1930 in cui sono riprodotte le tipiche creature della sua più matura produzione. E ciò accade negli anni in cui l’arte italiana recupera ragioni e linguaggi di un classicismo piegato a ritorno all’ordine, alla sintesi, alla norma: «Dorfles invece – dice Sansone – percorre un territorio surreal-metafisico, guardando verso le Alpi. Per questa ragione credo sia uno dei maggiori pittori degli ultimi cinquant’anni in Italia, il padre della Transavanguardia».

La mostra allestita al Mart restituisce l’intaccata vitalità degli ultimi venticinque anni della sua pittura. Forte della sperimentazione nell’ambito del Mac, il Movimento per l’Arte Concreta di cui fu teorico nel 1949, Dorfles si è votato al rifiuto di «ogni razionalità e ogni costruttivismo»: «Ho sempre cercato di realizzare delle opere nelle quali affiorasse qualcosa di spontaneo, se vogliamo anche di automatico». Ed ecco che, come se emergesse dall’inconscio, affiora e migra sulla tela la truppa di robot e cybernauti, proboscidati e lumaconi, crisalidi e pipistrelli, anacoreti e uomini-luna. Figure che contaminano forme e funzioni umane, animali, vegetali: un bestiario immaginario che guadagna consistenza ed esistenza nell’atto della pittura, espressione di una forza più che interiore, intima. Ne è emblematica «Vitriol» del 2010: il titolo è l’acronimo di Visit Interiora Terrae Rectificando Iuvenies Occultum Lapidem (Visita l’interno della terra rettificando troverai la pietra nascosta), un motto ermetico come il cerchio che si chiude: il ritorno alle origini, un invito a ricercare se stesso nell’anfratto più profondo.
Pulsa questo mondo di strani personaggi: il cromatismo squillante quanto schietto, come la linea infinita e umorale trascinano in un mondo basculante dove nulla è dato e tutto è promessa di essere. Travolge e avvolge questa pittura organica e visionaria di Gillo Dorfles, e purtuttavia sa mantenere e interpretare, con l’ironia e la raffinatezza che sono dell’uomo Dorfles, la robusta radice nella memoria e nel vissuto. In alcune opere ricorre ad esempio il binomio nero-giallo – «L’orecchio di Dio» del 1996, «Crisalide gialla» del 1994 o «Visceri dell’uomo-luna» del 1992 – che l’artista associa al tema dell’infanzia: «Trieste, il giallo e il nero della città imbandierata dagli austriaci. Questo particolare mi è restato impresso nel tempo perché l’accordo giallo-nero ancora oggi è uno dei rapporti di colore che mi piace di più». In «Due schieramenti» del 2001, «Perplessità» del 2000 o «Custodire l’intervallo» del 1996 si manifesta e declina uno stato di necessità, la condizione dell’intervallo – gli ha dedicato un intero volume – ovvero l’alternanza di pieno-vuoto, la pausa riflessiva tra due cose o due piani, tra due luoghi o due tempi. Vivono le tele di Gillo Dorfles: le sue creature sono come quella bestia che si finge immobile mentre bracca l’antagonista (l’osservatore, a sua volta) con gli occhi. «Come nella Divina Commedia di Dante Alighieri occhi è la parola più usata – evidenzia Sansone – così nella pittura di Dorfles è il particolare anatomico più ricorrente». In «Doppia visione» del 2010 o in «Lo sguardo nel rosso» del 1994 questo tema è esplicitato. L’atto creativo, proprio come nelle più rigorose delle pratiche scientifiche, passa per l’esercizio dell’osservazione. È la rivendicazione del lavoro critico – quasi un paradosso – la pittura di Gillo Dorfles: «Io sono un critico molto severo del gusto. Ovviamente di quello altrui: del mio un po’ meno …».

Bella e godibile come i grandi acrilici su tela la coppia di mosaici a paste vitree e marmi; efficace come le opere pittoriche il tappeto in vello di lana eseguito a mano con tecnica tufting. Segnali della grande curiosità con cui Dorfles sperimenta le possibilità della manualità, valore per lui imprescindibile, nell’arte. Apprezzata la scelta di una parentesi narrativa attraverso la proiezione del documentario «Attraverso il tempo attraversato dal tempo» di Francesco Leprino, un montaggio delle conversazioni con Gillo Dorfles, Francesca Alfano Miglietti, Aldo Colonetti, Arnaldo Pomodoro e Lea Vergine. Non racconta tutto questa mostra, ma ci dice molto; e in una proposta allestitiva (firmata dallo studio di architettura Baldessari e Baldessari) che dà respiro e ritmo alle opere. Peccato però che sia stata relegata in coda alla collezione permanente.
micaela sposito
mostra vistata il 16 dicembre 2011
dal 16 dicembre 2011 al 12 febbraio 2012
Gillo Dorfles. Opere Recenti
a cura di Luigi Sansone con la collaborazione di Daniela Ferrari
MART – Museo di Arte moderna e contemporanea di Rovereto e Trento
Corso Bettini, 43 – 38068 Rovereto
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; venerdì ore 10-21
Ingresso: intero € 11; ridotto € 7; famiglia € 22
Catalogo Electa Mondadori
Info: tel. 800397760 / +39 0464438887; fax +39 0464430827; info@mart.trento.it; www.mart.trento.it
[exibart]

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