Una serata d’inizio autunno, quando il cielo è sereno e la luna nuova per nulla invadente. Situazione perfetta per conoscere Oussser, l’opera-intervento che Koo Jeong A (Seoul, 1967) ha ideato per la Fondazione La Raia. Fermamente voluta dalla direttrice artistica Irene Crocco, la coreana che “vive e lavora dappertutto” dallo scorso 26 settembre è ufficialmente entrata nel palmarès di artisti chiamati dalla Fondazione ad interagire attivamente col paesaggio.
Moderata nell’esporsi anche in un momento critico come l’inaugurazione di un suo nuovo lavoro, al punto di non intervenire nemmeno davanti alla folta platea riunitasi per l’occasione, Koo Jeong A è di quegli artisti con manie di protagonismo zero, quelli a cui in Italia non si è mai troppo abituati. Chiaro, un simile atteggiamento potrà non essere gradito a qualcuno; tuttavia se è vero che «tutte le sue opere esistono, ma fanno una sorta di passo indietro» come dichiarato in fase di presentazione dal curatore del progetto, Frank Boehm, allora a questo punto la cosa più interessante – e che non sempre in certi contesti va data per scontata – è poter ritenere Koo Jeong A in totale simbiosi con ciò che crea, specchio di quello che pensa e produce. Un artista in qualche modo all’ombra dei suoi lavori, peraltro non di rado caratterizzati da un’essenzialità abbacinante. Vi pare poco?
Circa questa sua tipica essenzialità non sfugge un altro incisivo intervento di Boehm, quando precisa che Koo Jeong A «costruisce con materiali semplici, non poveri», liberando a priori il campo a fraintendimenti e derive di tipo poverista per un’artista in cui non c’è traccia di quella gravità culturale-visiva, paladina semmai di operazioni concettuali legate ad una sostanzialità pur sempre concreta, ma che spesso va a tradursi in formalità giocata al limite di una presenza aleatoria. E Oussser non fa certo a spintoni per farsi notare, anzi se ne sta piuttosto nascosto sulla parete di una torretta appositamente sopraelevata per accoglierlo, in una dependance situata a circa tre chilometri dal “quartier generale” de La Raia, denominata Cascina Merlassino. L’incontro con Oussser non è quindi immediato, richiede una buona mezz’ora di tempo per raggiungere (a piedi) la location e la propensione a percorrere sentieri sterrati, tra campi coltivati, un po’ di bosco e qualche salita; se poi la serata è di quelle limpide e stellate, quel piccolo folletto saltellante vi ripagherà della fatica col fascino tutto particolare della sua presenza un po’ fiabesca piombata in un pacato contesto rustico in punta di chic.
Quattro mani di vernice fluorescente stese partendo da una traccia lasciata con tecnica affine allo spolvero, questo è Oussser; ma fuori da ogni pragmatismo Oussser è una visione ultraterrena, racchiusa in un semplicissimo incrocio di linee curve che di giorno sparisce sul suo muro e di notte fa capolino dall’alto, col braccio sinistro proteso ad indicare la volta celeste. Sospeso tra terra e cielo, tra finito e infinito come l’intrepido protagonista di una storia in divenire, l’extraterrestre venuto da Ousss – luogo partorito dall’immaginazione di Koo Jeong A – s’inserisce nello specifico di quel contesto terreno con la stessa verticalità tracciata dal suo salto, se possibile ampliando il ragionamento portato avanti dalla Fondazione verso un’idea di paesaggio “totale”e “perpendicolare”. Dove pertanto anche il cielo e le sue costellazioni rientrano con senso proprio, non accessorio.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 26 settembre
dal 26 settembre 2014
Koo Jeong A – Oussser
Fondazione La Raia
Strada Monterotondo79, Novi Ligure (Al)