Siamo nel mondo di Yayoi Kusama (1929, Matsumoto City, Giappone), un’artista che ha in attivo più di 60 anni di carriera. Il colorato estro di quest’artista si è sedimentato nel corso di oltre mezzo secolo, raggio di tempo in cui la Kusama ha sviluppato una serie di punti caratteristici della sua opera ampliandone man mano il discorso, il contenuto. Principalmente questa minuta signora giapponese ha posto come roccaforte del suo pensiero artistico il concetto di infinito cosmico. Lo ha fatto in maniera ossessiva, come tra l’altro ha dichiarato scaltramente in più di una intervista. Difatti, la Kusama si basa sulle proprie ossessioni con l’obiettivo di chiarificare l’oggetto della sua attenzione agli occhi di sé stessa e conseguentemente del pubblico. Il suo fare incisivo è evidente in questa personale a lei dedicata presso la galleria Gagosian a Roma; qui le opere esposte fanno capolino dondolando tra due concetti contrapposti tra loro: da una parte risiede chiaramente la sua ossessione, fonte di ripetitività, dall’altra l’infinito cosmico, la straordinaria rosa di possibilità inesplorate ed esplorabili, veicolante un concetto di speranza.
Fa eco un sostegno per il proprio paese d’origine, il Giappone, date le condizioni drammatiche nelle quali attualmente versa. Le sue celebri opere sono rintracciabili nelle collezioni permanenti dei più considerevoli musei mondiali, tra cui si annoverano il Museum of Modern Art a New York, il LACMA di Los Angeles, la londinese Tate Modern, il Centre Pompidou a Parigi e il National Museum of Modern Art di Tokyo. I lavori proposti nella sede romana di Gagosian variano tra sculture, autoritratti, dipinti astratti e articolate installazioni.
Si comincia con Narcissus Garden, un’installazione scultorea per mezzo della
quale l’artista fece largamente parlare di sé in occasione della 33° Biennale di Venezia. Correva l’anno 1966 quando l’artista si propose di denunciare le dinamiche commerciali insite nel mercato dell’arte e per questo, in un evento improvvisato nel cuore del Padiglione Italiano, presentò alla vendita le sue celebri sfere al costo di 1200 lire ciascuna. In questa occorrenza il pubblico ebbe modo di prendere familiarità con l’artista, vestita in kimono e con i capelli color fucsia, le sue chiome colorate non l’abbandoneranno mai; un personaggio che porterà all’esacerbazione i concetti di femminismo, minimalismo, espressionismo astratto e pop art. Presso la galleria Gagosian quest’opera, della quale la Kusama ha prodotto dieci modelli in diversi formati, è composta da grandi quantità di globi specchiati disseminati sul pavimento, a testimonianza della sala che li accoglie e dei visitatori che vi transitano. Non mancano due spiritosi autoritratti (Self-Portraits) che giocano sulla rappresentazione stilizzata della Kusama quale icona russa. Lungo il corso della sua carriera, la Kusama ne ha disseminati migliaia, su corpi animati e non: la sua ossessione per i punti, Dots Obsession per l’appunto, è una indagine incessante compiuta sull’infinito e il suo contrario, il vuoto. Si tratta di tele monocrome costellate di forme circolari di diverse dimensioni, alla stregua di buchi neri rappresentanti un’abissale estensione ingannevole che penetra l’area pittorica. Un’altra tematica presente nel discorso creativo e personale della Kusama è quella dell’allucinazione, qui resa evidente attraverso l’opera Passing Winter (2005), una scultura di forma cubica in cui il vetro, tratto distintivo dell’opera dell’artista giapponese, si incontra e si scontra con sé stesso, svelando complessi giochi ottici allo spettatore.
Si tratta di un’opera interattiva, dove lo spettatore scorge la propria immagine riverberata e ripetuta all’infinito spiando attraverso il foro, che caratterizza la superficie sfavillante di cui l’opera è composta. Il gioco di specchi si fa sempre più intenso incontrando il proprio apice nella rappresentazione dell’alter ego dell’artista stessa, la zucca. L’opera Reach Up to the Universe, Dotted Pumpkin (2010) ne assume le forme specchiate. L’artista, mettendo in luce il proprio alter ego dunque, si fa protagonista della propria opera, ne diviene l’essenza. La sua apertura rispetto alle infinite possibilità presenti nel mondo è resa palese dalla scelta di non riempire l’interno della zucca in alluminio specchiato, di un rosso scintillante. Essa è vuota, dimostrando così un processo di maieutica socratica presente nella definizione dell’attitudine dell’artista stessa allo sviluppo creativo, che si traduce in un continuo divenire alla ricerca della verità. La sala che ospita questa installazione ne assume le medesime caratteristiche cromatiche: è rossa ed è riempita di specchi che riflettono l’opera e le reazioni del visitatore.
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Yayoi Kusama, Modena, Galleria Civica
eleonora galasso
mostra visitata il 25 marzo 2011
Dal 25 marzo al 7 maggio 2011
YAYOI KUSAMA
Gagosian Gallery, Via Francesco Crispi 16, 00187 Roma
Orario: da martedì a sabato 10.30-19 0 su appuntamento
Ingresso: libero
Info: roma@gagosian.com www.gagosian.com
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