14 settembre 2011

Lisson, Next Italian Queen

 
La gloriosa galleria inglese apre il primo office internazionale e punta su Milano, in via Zenale. L'edificio? A doppia facciata di novecentesca fabbricazione, con uso di giardini privati per l’esposizione di opere scultoree. Ci racconta tutto Annette Hofmann, già parte del team londinese e neo direttrice della sede italiana della Lisson Gallery...

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La Lisson nasce nel 1967 grazie alla visionarietà di Nicholas Logsdail, pioniere della potenza immaginifica dell’arte concettuale e di grandi maestri come Sol LeWitt, Donald Judd, Daniel Buren. Cosa vuol dire concettuale nel nostro tempo? Chi impersona la visione Lisson oggi?
L’arte concettuale si va strutturando tra il 1965 ed il 1970: i giovani artisti si ispirano ad altri creativi perché serpeggia in quegli anni la sensazione che l’arte materica sia divenuta ridondante e che ci sia fortemente la necessità di tornare ad un concetto immateriale. Per questa generazione di artisti l’originalità è un miraggio, per cui i loro lavori nascono partendo dal riferimento a ciò che è già disponibile e creando qualcosa di originale e differente. L’arte concettuale è idea e senza dubbio l’idea di un originale e la copia di esso sono cose estremamente differenti e specifiche.
 
Quarantaquattro anni all’insegna dell’eccellenza nel contemporaneo, nel West End londinese. E Lisson stupisce ancora il mondo con l’apertura del primo spazio internazionale a Milano: capitale della moda, del design, che si affaccia timidamente ma con autorevolezza sul panorama dell’arte mondiale. La scelta cade su Milano e l’Italia, perché?

Per una pluralità di fattori, innanzitutto il forte legame storico con musei e collezionisti di primo piano in Italia.  La prossimità di Milano con la Svizzera, Francia, Austria e Germania ed il suo ruolo di primo piano nella moda e nel design internazionale, poi, canalizzano sulla città molteplici energie positive ed interessanti. Milano si sta affermando sempre più nel mondo dell’arte contemporanea ed è nostro interesse primario essere coinvolti in questa evoluzione perché lo spirito della scoperta è filosofia essenziale della Lisson Gallery.
 
Lo spazio di Via Zenale inaugura  con un progetto di ristrutturazione a firma degli architetti Filippo Taidelli e Piero Castellini Baldissera, in collaborazione con i designer Katharina Schmezer e Hermann Stucki. Quali sono le prerogative di questo intervento?
L’architetto Filippo Taidelli si è preso cura della ristrutturazione dell’intero stabile di Via Zenale durata tre anni, a seguito di cui la famiglia Castellini ci ha offerto i suoi prestigiosi spazi. La maestria eccezionale di Taidelli e di suo zio, il rinomato architetto milanese Piero Castellini Baldissera, ha consentito la creazione di uno spazio davvero speciale.  Entrambi gli architetti infatti provengono dalla famiglia di Piero Portaluppi ed il loro apporto garantisce una qualità eccezionale, rendendo quest’impresa una magnifica esperienza di italianità. Il disegno degli interni è stato invece affidato ai designer Katharina Schmezer e Hermann Stucki, che si sono occupati recentemente anche di una nuova ala della galleria londinese. Grazie a questo eccezionale lavoro di gruppo, la Galleria Lisson a Milano sarà il luogo ideale per valorizzare i nostri artisti in uno scenario speciale e dal sapore tutto italiano.
 

La famiglia Castellini, infatti, ha garantito l’uso dei giardini privati di Palazzo degli Atellani, adiacente alla galleria, per ospitare opere scultoree e installazioni da esterno: come ne immaginate l’utilizzo e come immaginate la relazione tra opera e natura come “spazio espositivo” in genere?
La natura ed il suo silenzio sono il luogo ideale per godere e ragionare di arte: in questa particolare scenografia i nostri artisti e collezionisti avranno l’opportunità di trovare un momento di quiete, che è estremamente raro in una città frenetica come Milano. E il fatto che Leonardo da Vinci trovasse riposo in questo luogo durante i lavori per “L’Ultima Cena” rende questa galleria un luogo unico di creatività. Il concept delle nostre mostre outdoor, quindi, rifletterà su questa prerogativa e i nostri artisti sono certa ne trarranno eccellenti stimoli e suggestioni.
 
Vecchio e nuovo, artisti emergenti e delle generazioni passate, due corpi architettonici a comporre un unico edificio: Lisson sembra bilanciare perfettamente l’armonia tra classico e contemporaneo. Qual è la tua visione di questa relazione nelle scelte artistiche, curatoriali ed espositive?
Le due differenti facciate della sede milanese daranno ai nostri artisti la possibilità di relazionarsi con un interessante contrasto architettonico, un dualismo estremamente stimolante dal punto di vista intellettuale. In 44 anni di attività la Lisson Gallery si è sempre distinta per la scoperta ed il supporto a generazioni di artisti di successo, ciascuno dei quali con un approccio distintivo e radicale rispetto alle possibilità artistiche del suo tempo. La filosofia Lisson non è mai mutata in tutti questi anni e continuerà a guidare  le nostre scelte artistiche ed espositive per il futuro. 
 
Il legame fortissimo tra i due momenti di un unico percorso si evince anche dalla stretta collaborazione con Greg Hilty, direttore curatoriale della galleria di Bell Street, per la creazione delle cinque mostre l’anno previste. Ci sarà un fil rouge a livello espositivo? Anticipazioni?
La Lisson vanta un team di primo livello con precise idee curatoriali: è un enorme privilegio essere parte di un tale gruppo in cui le scelte e le idee sono condivise e avvalorate. Il primo anno (quello 2011/2012)  sarà esaltante perché inaugurerà un nuovo percorso caratterizzato dagli artisti della galleria e della nostra storia.  Il nuovo spazio milanese sarà quindi un opportunità, una prerogativa unica e, al contempo, ulteriore per la presentazione dei nostri artisti e delle loro idee. 
 

La mostra inaugurale vedrà una polifonia scelta di artisti Lisson, curata dall’artista inglese Ryan Gander: Gerard Byrne, Allora & Calzadilla, Cory Arcangel, Giulio Paolini e Haroon Mirza, solo per citarne alcuni. Quale sarà il centro di questa esposizione e il messaggio che vuole veicolare?
Questo è un anno focale per la Lisson: undici dei nostri artisti sono attualmente esposti in Biennale.  Ryan Gander, Gerard Byrne e Haroon Mirza (che ha vinto il Leone d’Argento come giovane artista promettente) nel padiglione centrale curato da Bice Curiger; Allora & Calzadilla in quello USA; Anish Kapoor, Marina Abramovic, Daniel Buren, Tony Oursler, Tatsuo Miyajima, Lee Ufan e Lawrence Weiner in altre locations. L’idea di Ryan Gander per la curatela della prima mostra “I know about creative block and I know not to call it by name” valorizzerà quindi sia gli artisti presentati in Biennale che non, quali Jonathan Monk, Cory Arcangel, Spencer Finch, Giulio Paolini e Ai Weiwei. Quante volte abbiamo avvertito il timore di un blocco creativo? Quando un’idea viene offuscata dalla complessità del suo stesso significato è tempo di cambiamento, di evoluzione che può comportare l’inattività. La nostra prima mostra quindi inscenerà i motivi per cui essere artisti è un vero privilegio.
 
Una delle gallerie più importanti al mondo e Nicholas Logsdail come 48° uomo più influente nel mondo dell’arte nel 2010 secondo Art Review: rappresentare Lisson vuol dire avere un peso predominante nel mercato dell’arte e nella selezione e legittimazione di artisti emergenti. Come vivi questa responsabilità verso il futuro dell’arte?

Al giorno d’oggi l’idea di globalizzazione è cosa assai complessa: non c’è più bisogno di viaggiare per comunicare o comprendere l’altro. Esiste però una tale sovrabbondanza di informazioni che la stragrande maggioranza di queste va persa o dimenticata: fattispecie umana o prerogativa del sistema capitalistico basato sui meccanismi di consumo e scarto. Ma l’idea dell’arte va al di là delle modalità di consumo e supera la dimensione temporale: c’è enorme differenza infatti tra ciò che è arte e ciò che è in voga. Ogni stagione genera i suoi artisti alla moda e ogni anno ci sono grandi artisti: a volte le due cose coincidono, ma ciò è veramente inconsueto. La Lisson non è mai stata una galleria alla moda e la nostra responsabilità nei confronti del futuro dell’arte è di dare al talento un’opportunità e favorire lo sviluppo di un terreno fecondo. 

a cura di claudia cottrer

 

dal 16 settembre al 5 novembre 2011
I know about creative block and I know not to call it by name
a cura di Ryan Gander
Lisson Gallery
Via Zenale, 3 – 20123 Milan
T: + 39 02 89050608
E:
milan@lissongallery.com
 
 
[exibart]

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