30 novembre 2011

LO SCANDALO DELLA BELLEZZA

 
Alcune domande al Presidente della Fondazione Forma di Milano, Roberto Koch, in occasione della retrospettiva sull'opera di Robert Mapplethorpe di scena a Milano a partire dal 1° Dicembre...

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É un’icona Mapplethorpe, fotografo-artista definito da ormai trent’anni da decine di appellativi: punk, estremo, scandaloso, classico, controverso, raffinato, shoccante. Irriducibile probabilmente, nelle sue immagini come nel suo modo di fare fotografia, sempre in presa diretta, sempre a contatto con i suoi modelli, nella costante tensione di costruire un rapporto duale tra fotografato e fotografo, anche quando il soggetto era “inanimato” come potevano esserlo i fiori, che l’artista si faceva recapitare e che si obbligava a fotografare il giorno stesso quasi per non perderne l’anima, la perfezione, il corpo vivo.
Ed è il corpo vivo di amici, amanti, conoscenti della New York degli anni settanta e della prima metà degli anni ottanta, la città viva e pulsante dell’esplosione creativa, della musica e del sesso e, parallelamente, la città inquieta dell’eccesso e del pericolo, della droga e dell’epidemia dell’Aids, che viene immortalato da Mapplethorpe anche nei dettagli più scabrosi, durante pratiche erotiche che poco lasciano all’immaginazione o, in altri scatti, come quelli realizzati alla compagna Patti Smith, un corpo che diviene androgino, maschile e femminile, indagato nell’intensità, nella vibrazione di un’epifania.
Un corpo che diviene materiale sul quale creare la propria arte nelle intenzioni di Lisa Lyon, la prima donna culturista con la quale Mapplethorpe realizza il libro fotografico Lady, edito nel 1983, testimonianza diretta e preziosa di un “lavoro” sul corpo infinitamente lontano dalle vecchie pratiche della Body e pericolosamente vicino all’edonismo degli ipertrofici States.
Parallelamente c’è l’utilizzo mai negato della pornografia, un’ossessione che negli anni della formazione il giovane fotografo interpreterà come la chiave per produrre qualcosa di assolutamente proprio, per trasporre la sensazione dell’intrigo e del “nodo alla gola” nelle immagini dell’arte: una foto, quella di Mapplethorpe, che secondo il Barthes de “La Camera Chiara” non è più unaria, non più solamente pornografia senza secondi fini, ma erotica, abbordabile attraverso la lettura di altri piani che talvolta, come chiave di lettura, utilizzano proprio quell’inclinazione alla sessualità che, dichiarava lo stesso Mapplethorpe, “è un’esperienza che non corrisponde a nessun’altra”.
Eppure tutto, o quasi, del fotografo newyorkese è considerato scandaloso: è quasi impensabile che accanto ai ritratti delle sessioni sadomaso o bondage si accostino bambini o volti innocenti di amici e celebrità; Bob Wilson e Phil Glass, Andy Warhol e Richard Gere, Cindy Sherman e Lucio Amelio o, ancora, che accanto ai genitali in erezione di compagni afro-americani o black possano essere accostati fiori.
Fiori che a loro volta però sono carnosi, ripresi nella magia di una luce erotica che decine di pittori, tra cui Eric Fischl nel suo “Bad Boy” del 1981, hanno riportato con altri intenti in scene cariche di sensualità perversa; la luce che filtra dalle veneziane della tela dell’artista nato a Long Island è la stessa che caratterizza lo still-life “Flower” di Mapplethorpe datato un anno prima.
Che invece, negli scatti del fotografo, forse nulla sia perverso? Tutto si dà allo spettatore come nella perfetta classicità della fotografia: tutto è visibile e allo stesso tempo ideale. I fiori come i volti come i cazzi, sculture senza appello, senza artifici, se non un perfetto studio di luce che diviene la lama, lo scalpello attraverso il quale modellare la propria figura.
Una ricerca perfetta al cospetto dell’animo umano e dei suoi “complementi”: un corpo che non è un insieme di pelle a racchiudere organi ma l’entità che occupa il proprio spazio nel mondo, un organismo aperto e sentimentale, lontano da una scientificità così come da una codificazione di stampo borghese.
Probabilmente anche in questo caso il fotografo che aveva studiato disegno e arte al Pratt Institute di Brooklyn tornerà a far mormorare gli animi. E c’è di che esserne felici. 
 
M.B. Com’è nata l’idea di portare Robert Mapplethorpe a Forma?
R.K. Il progetto di una mostra retrospettiva dedicata all’opera di Mapplethorpe è nato all’interno del nostro più ampio programma di portare a Forma le mostre dei più grandi fotografi, come già fatto ad esempio per Richard Avedon, Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Sebastião Salgado. Una grande mostra di Mapplethorpe non era mai stata presentata a Milano in passato e questa opportunità, per la quale abbiamo lavorato a lungo negli ultimi anni, ci offre la possibilità di colmare questa lacuna.
 
Esposizione in toto retrospettiva, dunque in qualche modo “imparziale” o vi sono sezioni più ampie rispetto ad alcune opere o tematiche?
Retrospettiva assolutamente completa e imparziale, comprese alcune sezioni del lavoro di Robert Mapplethorpe che sono del tutto inedite al pubblico italiano. Dalle prime Polaroid alle splendide immagini dedicate al corpo maschile, indagato e celebrato come mai prima di allora, dalle fotografie di Lisa Lyon a quelle della sua musa Patti Smith, dai grandi ritratti allo studio dei fiori, con anche alcuni teneri e malinconici ritratti di bambini.
 

 
Perché Robert Mapplethorpe oggi?
Il lavoro di Mapplethorpe ha segnato un momento fondamentale e un grande passaggio nella storia della fotografia. La sua ispirazione artistica, ispirata alla classicità e pervasa di un grande senso estetico, ha caratterizzato in modo inconfondibile il lavoro di tutti coloro che gli sono succeduti. Le fotografie di Mapplethorpe sono diventate uno dei riferimenti principali di tutti gli studiosi (a cominciare da Roland Barthes) che si sono occupati di fotografia. Il suo lavoro è estremamente attuale, e provoca ancora purtroppo una reazione di scandalo come abbiamo potuto notare da alcuni dei primi commenti registrati. Il suo lavoro è giudicato ancora secondo canoni dettati dalla morale comune, che non riesce a comprendere come la sua ispirazione verso la perfezione estetica comprenda anche lo studio e i dettagli del corpo e del nudo. La mostra è importante perché intende certificare come la altissima qualità del lavoro di Mapplethorpe gli assegni un posto importante nella storia dell’arte, ed è un riconoscimento che gli è dovuto.
 
Il corpus di opere provenienti dalla Fondazione di New York è abbastanza impressionante: 178 fotografie. Si può dire che sia la più grande retrospettiva dedicata all’artista che viene realizzata in Italia?
L’insieme delle opere, con una forte presenza anche di opere uniche e vintage provenienti dalla Fondazione Mapplethorpe di New York, costituisce senza dubbio un corpus unico. Una grande retrospettiva dedicata all’autore venne presentata a Venezia circa trenta anni fa a Palazzo Fortuny, cui idealmente la mostra di Forma si collega.
 

 
“La fotografia è proprio il modo perfetto di fare una scultura” asseriva lo stesso Mapplethorpe in un’intervista del 1986. Verità o un modo di ascrivere la fotografia nel rango delle arti “classiche”?
Il rapporto di Mapplethorpe con la classicità e con la scultura ha pervaso tutto il suo lavoro. Più volte lo stesso fotografo ha asserito che il suo sguardo verso il corpo, i suoi nudi maschili e femminili, lo studio delle forme , le fotografie dei fiori, tutto fosse ispirato al raggiungimento di una perfezione estetica come per la scultura.
Qualche anno fa alla Accademia di Firenze, alcune fotografie di Mapplethorpe sono state accostate alle opere di Michelangelo. Più volte nel corso della sua vita Robert Mapplethorpe ha dichiarato che ammirava le sue sculture di Michelangelo e cercava in modo analogo di creare la bellezza e la perfezione della forma attraverso le sue fotografie, instaurando un dialogo tra il presente e il passato, fra la scultura e la fotografia. Mapplethorpe era un artista sensibile e colto, profondo conoscitore della storia dell’arte; ha studiato la pittura e ha scelto la fotografia per le possibilità che gli offriva, non ha mai pensato a gerarchie tra le arti e viveva in un periodo in cui tutto il movimento artistico pop americano usava ampiamente  la fotografia. Per lui era naturale considerare la fotografia una delle arti classiche. La ricerca della perfezione, mito irraggiungibile per la maggior parte degli artisti, è per Robert Mapplethorpe la condizione necessaria da raggiungere in ogni sua immagine.
 

Le immagini di Mapplethorpe, come lui stesso aveva dichiarato, non potrebbero essere state realizzate in nessun altro tempo e luogo…Come vede la fotografia italiana oggi?
L’opera di Mapplethorpe è stata certamente influenzata dagli anni in cui viveva, dall’ambiente artistico che frequentava (ad esempio dal suo continuo dialogo con Andy Warhol), il suo tempo è la New York degli anni Settanta e Ottanta, quella della rivoluzione pop, la città creativa e disinibita della liberazione sessuale, dell’esplosione della performance e della body art. In questo senso sono figlie del momento storico in cui sono state realizzate.
La fotografia italiana vive un momento di grande vitalità, in cui si  moltiplicano le occasioni espositive, le fiere e il dibattito. Nel marzo di quest’anno abbiamo realizzato a Forma un convegno di tre giorni sullo stato dell’arte della fotografia italiana oggi, di cui abbiamo appena pubblicato gli atti, e che ripeteremo nella primavera 2012. È molto importante che ci siano occasioni di studio come queste e che la possibilità per il pubblico italiano di vedere grandi mostre ben presentate possa essere un elemento che aiuti una più ampia divulgazione della fotografia nel nostro paese che ancora deve conquistare in modo completo il posto che gli spetta tra le discipline artistiche .
La Fondazione Forma è la Casa della Fotografia in Italia e la nostra missione è di offrire quante più possibili occasioni di offerta culturale e di dibattito per ampliare la partecipazione di tutti.
 
a cura di matteo bergamini
 
*foto in alto: ritratto di Roberto Koch
 
 
Dal 1 Dicembre 2012 al 9 Aprile 2012
Robert Mapplethorpe
Fondazione Forma
Piazza Tito Lucrezio Caro 1
20136 Milano
da Martedì a Domenica ore 10 – 20
Giovedì e Venerdì ore 10- 22
Lunedì chiuso
La biglietteria chiude 30 minuti prima dell’orario di chiusura.
www.formafoto.it
info@formafoto.it
 
 
[exibart]

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