21 marzo 2011

Mater semper certa est…Pater nunquam

 
Il diritto morale alla paternità dell’opera ha forse un valore maggiore di quello che disciplina una utilizzazione economica della stessa, pure riconosciuto dal nostro ordinamento. Archivi e Fondazioni necessitano di una regolamentazione che gli attribuisca la facoltà di autenticare le opere d’arte?

di


Contraffare, riprodurre o alterare un’opera d’arte è un fenomeno che nasce nel momento stesso in cui l’espressione dell’opera dell’intelletto inizia ad essere considerata una merce con un valore intrinseco e di possibile scambio. Nel caso di opere attribuite ad autori non più viventi, al di là delle teorie di studiosi, come quella dello storico d’Arte Giovanni Morelli, che si spingono sino ad individuare dei dati peculiari di ogni singolo artista capaci di attribuire la paternità dell’opera, è ancora controversa la facoltà di taluni (soggetti privati o persone giuridiche) di rendere le proprie opinioni verità che comportano alcune importanti conseguenze, non ultimo nel settore del mercato dell’arte. Nella storia dell’arte l’abitudine di autografare l’opera si rende necessaria soltanto dopo la Restaurazione, quando l’artista non opera più esclusivamente sotto la spinta della commissione ma prevalentemente seguendo il proprio estro creativo. D’altro canto la tematica della paternità dell’opera è quanto più attuale se si considera che l’arte contemporanea è soggetta, per sua natura, ad una maggiore imitabilità e quindi ad una falsificazione sempre più diffusa. Taluni ritengono che l’arte contemporanea sarebbe aperta alla casualità ed il suo valore economico sarebbe più legato al feticcio che alla sostanza, tanto da renderla maggiormente contraffabile con un’imitazione pari all’originale, sia dal punto di vista qualitativo che concettuale. Secondo l’art. 20 della legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941 n. 633), l’autore “conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione dell’opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”. A ben guardare, il diritto di rivendicare la paternità della propria opera, che dopo la morte dell’autore può essere fatto valere dai suoi eredi, non costituisce una autocertificazione o il riconoscimento della stessa, ma un diritto di rivendicazione, da far valere in un contraddittorio nei confronti di altra persona. 

Corte d'appello - Roma
Particolare importanza in materia assume il ruolo degli archivi e delle Fondazioni d’arte. Gli archivi sono raccolte di tutto il materiale di un artista scomparso, organizzate nella maggior parte dei casi da un suo erede ed ordinate da storici dell’arte con lo scopo di creare un catalogo ufficiale che comprenda tutto il lavoro di quel determinato artista. Nel catalogare le opere gli organizzatori di tali archivi, seppur ricoprano grande autorevolezza nell’ambito della comunità artistica, non sono sostenuti da alcuna disposizione legislativa che gli attribuisca il ruolo di riconoscerne la paternità. Anche la catalogazione nel registro pubblico delle opere protette, disciplinato dall’art. 103 della legge sul diritto d’autore, fa fede della paternità dell’opera “fino a prova contraria”. Da quanto detto si può rilevare che il nostro ordinamento non conferisce nemmeno all’artista la facoltà di riconoscere in modo oggettivo la paternità di un’opera. A fronte di questo vi è l’espressione di un’opinione diffusa secondo la quale un archivio che gode di una certa fama, o costituito da molto tempo, non solo può affermare ma anche negare la paternità di un’opera d’arte compromettendo il suo valore e rendendola praticamente invendibile. Anche le Fondazioni, come gli archivi, non hanno alcuna esclusiva ex lege che gli permetta di determinare l’area di autenticità di un artista. Le Fondazioni d’arte, solitamente enti privati senza scopo di lucro, sono considerate dal diritto come un soggetto a sé stante, ulteriore rispetto alle singole persone fisiche che lo compongono, e sono dotate di una propria capacità giuridica che le permettono di essere titolari di propri diritti e doveri, di avere la proprietà dei propri beni ed essere responsabili per propri debiti. Alla persona giuridica inoltre è riconosciuta una propria capacità di agire: compie atti giuridici per mezzo delle persone fisiche che agiscono come suoi organi. Sono, in ultima istanza, organizzazioni che perseguono uno scopo di pubblica utilità. Lo scopo può essere di varia natura: assistenziale, culturale, scientifico.

Mario Schifano

In ambito artistico le Fondazioni stanno acquisendo sempre maggiore rilevanza ma, seppur spesso costituite da eredi di artisti e/o studiosi dello stesso, sono oggetto di alcune controversie e in alcuni casi, come quello della Fondazione Mario Schifano, sono state motivo di ulteriore confusione per la presenza di due Fondazioni per un unico artista. La Fondazione Mario Schifano è stata istituita poco dopo la sua morte dalla vedova dell’artista al fine di tutelare e valorizzare le opere dell’autore scomparso, con la partecipazione organizzativa della Monte Titano Arte s.r.l., cui era stata affidata dallo stesso Schifano negli ultimi anni della sua vita la commercializzazione delle sue opere. In seguito sorsero gravi contrasti, in seno alla stessa fondazione, concernenti l’origine e la valenza di un apprezzabile quantitativo di opere del Maestro. La Prefettura di Roma, inoltre, aveva negato all’ente il riconoscimento giuridico e la Signora Monica Schifano, anche per l’importanza della questione, nel maggio 2003, si dimise dall’istituzione e fu costretta ad agire giudizialmente, insieme al figlio Marco, contro la Fondazione stessa. Nel 2003, poi, gli eredi dell’artista hanno istituito l’archivio Mario Schifano al quale sono stati chiamati a collaborare autorevoli e noti studiosi legati in vita all’artista e scelti per la loro profonda conoscenza del lavoro dello stesso. Con una sentenza del 2010 la Corte d’Appello di Roma ha vietato alla Fondazione creata subito dopo la morte del Maestro di utilizzare il nome di Mario Schifano nella propria denominazione precisando che “è comunque certo che l’uso da parte della Fondazione proprio nella denominazione sociale del nome di Mario Schifano crea in concreto una grave confusione in ordine all’identificazione del soggetto che di volta in volta svolge le predette attività”. In ogni caso, seppur archivi e Fondazioni continuino a rafforzare il proprio arbitrio, e di conseguenza un’influenza sul mercato dell’arte, per i motivi sin qui esposti, il giudizio di autografia da parte di una Fondazione si risolve in un’opinione personale che, benché in molti casi autorevole, non può assurgere a verità oggettiva. 

Mario Schifano - Courtesy of Fondazione Schifano

Nonostante esistano, nel nostro ordinamento, alcuni strumenti giuridici che disciplinano la controversa paternità dell’opera (vedi la legge Pieraccini, L. 20 novembre 1971 n. 1062, che reca disposizioni di carattere amministrativo, privatistico e penale contro l’abusivismo e la falsificazione delle opere d’arte), il fenomeno degli archivi e delle Fondazioni in ambito artistico dimostra come il settore dovrebbe essere maggiormente disciplinato, plausibilmente, come suggerito in un convegno diretto da Fabrizio Lemme, uno dei massimi esperiti in materia di diritto dei beni culturali, all’Accademia Nazionale di San Luca nel 2004, prevedendone la costituzione ed il loro funzionamento.    

bianca terracciano   

esperta di diritto d’autore nell’arte contemporanea

 

18 Commenti

  1. ad HM:
    ahhaah schifano un replicante! anche io mi trovo in dubbio sulla effettiva validità di Schifano “in toto”…eppure ha sempre avuto un grande successo, fin dagli anni ’60 e anche in America, e le assicuro che studiandolo a fondo qualcosa di interessante c’è. Forse adesso sembra retorico e banale, ma bisogna contestualizzarlo attentamente: la sua pittura nasce da un terreno informale fine anni ’50, e poi partendo da Burri se ne distacca fino ad arrivare ai monocromi, poi alla “neometafisica”, o “neodadaismo”, e poi a quella che orribilmente viene definita POP ART ITALIANA. Era un momento, a Roma, in cui mille spunti venivano continuamente rimessi in gioco: la riflessione sulla materia, la pittura d’azione, il cancellare il caos colorato dell’informale…Comunque mi permetto di portare alla sua attenzione che l’argomento dell’articolo è tutt’altro! Qui si cita l’archivio Schifano perchè è uno degli esempi più controversi in Italia, e non si giudica la qualità dell’artista! Saluti
    GGG

  2. sisi certo cara GGG ha ragione, solo che di questo articolo ho letto solo il titolo e guardato le foto perchè mi sembra ovvio che archivi e fondazioni necessitino di regolamentazioni atte all’autenticamento delle opere d’arte, è assurdo dover pagare migliaia di euro il giudizio di esperti slegati da ogni contesto relativo all’artista .

  3. eh hm, anche tu ! se Schifano “appartiene” alla “Storia” qualche merito lo deve pur avere avuto, o no?

    Alla Storia si deve solo obbedienza e se la Signora ha fatto le sue minuziose indagini filologiche qualcosa lo avra’ pur trovato; eppoi se si è in presenza del “contesto” (gia’ ben delimitato a priori) basta e avanza per dissuadere qualsiasi X Y eretico a muovere qualsiasi impertinente domanda dietro le quali è luogo comune far risalire ” obbligate invidie, collettive”.

    Cio’ che caratterizza l’opera di Schifano non è tanto in se , la sua “opera” ma cio’ che le fa rumore intorno che per paradosso esige silenzio.

    ciao hm.

  4. Gentile Lorenzo Marras, mi perdoni ma credo di non aver colto il vero tono del suo commento, che sinceramente mi sembra polemico e vagamente ironico nei miei confronti. Non mi sembra di aver detto che solo perchè Schifano è nei libri di storia e nei musei allora è un grande artista, anzi, se è in grado di leggere accuratamente la prima riga, ho riso del commento di HM “schifano un replicante”, e ho espressamente detto i miei dubbi sul suo valore. Ho solo cercato di motivare, dal mio personalissimo punto di vista; ho cercato una vaga spiegazione al perchè, comunque e per ragioni oscure a noi comuni mortali, certi artisti “tutto fumo e niente arrosto” diventano così importanti.
    Non mi sembra di aver detto che chi non apprezza Schifano è solo invidioso. Come si può essere invidiosi di un poveretto, relativamente ignorante, semianalfabeta e tossicodipendente? forse si può invidiare la sua fortuna, o il conto in banca dei suoi eredi… 😉
    Un’ultima cosa: la “signora” ha fatto “minuziose indagini filologiche” perchè solo STUDIANDO e cercando di capire e contestualizzare allora si può GIUDICARE (chiedo scusa per questa banalità evidente, ma certe cose vanno ribadite). Certo non mi sono messa a studiare Schifano per rispondere a HM, ovviamente, ma dato che l’arte a Roma negli anni ’50-’60 è l’argomento della mia specializzazione mi sono presa il diritto di rispondere, senza peraltro fare polemica poichè la notizia e il commento di HM parlano di cose diverse. Ho solo voluto dire la mia, senza insultare nessuno e anzi ridendo dell’umorismo di HM, che infatti ha risposto cortesemente.

    Saluti

  5. io sono revisionista quindi alla SSStoria non devo nessuna obbedienza . schifano se proprio si vuole tralasciare il fatto che poteva essere un androide replicante mi sembra un artistucolo assai tralasciabile, una parodia di andy warhola che a sua volta era già la parodia di un artista random .

  6. gentile Guazzugli, credo abbia frainteso l’obiettivo dell’ironia di Marras. Credo infatti si riferisse ad un’altra discussione sui temi della Storia come “performance” in divenire di contro alla Storia come iscrizione definitiva e cristallizata.

    Detto questo Schifano è stato a mio parere uno dei più grandi artisti italiani di sempre. Piccolo appunto: non ha sempre avuto grande successo, gli anni ’80 e ’90 sono stati di pressocché totale rimozione (cause ideologiche: prima si voleva far passare la transavanguardia come novità assoluta, poi la pittura-sigh-mediale e i concettualisti radical chic temono tutt’ora il paragone)

  7. Gentilissima Signora Giannini, il mio intervento non è assolutamente polemico nei confronti del suo scritto (tengo a precisare suo scritto) perche’ tra noi è assente qualsiasi disputa.
    Ho in verita’ ironizzato verso una parte del suo discorso , quello che inizia per “”eppure ha sempre avuto un grande successo…ecc ecc anche in America … ecc ecc e le assicuro che studiandolo a fondo…”
    che, appunto in quel EPPURE, ho percepito una sorta di compromesso che , solitamente, DILAGA alle prese con un discorso su ARTI VISIVE, tra Corpo e Mente, ovvero tra sensi e ragione: qualcosa che abbiamo di fronte ci appare sgradevole ai sensi che provengono del nostro corpo ma la ragione che indaga i contesti invece ci obbliga a trascendere.

    Riconosco di avere esercitato invece una Ironia di cattivo gusto quando ho usato la locuzione “minuziose indagini filologiche” che , ora, mi rendo perfettamente conto, avevo il dovere di evitare .

    Lei, Signora ha ragione, io ho torto;

    Le chiedo Scusa.

    Distinti saluti.

  8. Gentile Signor Marras, la ringrazio per la sua spiegazione, che in effetti condivido, circa l’ambiguità del giudizio e il compromesso che ne consegue. E la ringrazio ancor di più per le sue scuse: apprezzo che riconosca di aver forse calcato un po’ la mano (mi sono sentita punta nell’orgoglio dato che sono circa 2 anni che preparo la tesi, studio ininterrottamente e ho in testa solo quadri e pittori e testi critici!!). Ma può succedere, e la prego di non sentirsi “in torto” per così poco.
    Distinti saluti
    Giovanna

  9. Gentile Signor Marras, la ringrazio per la sua spiegazione, che in effetti condivido, circa l’ambiguità del giudizio e il compromesso che ne consegue. E la ringrazio ancor di più per le sue scuse: apprezzo che riconosca di aver forse calcato un po’ la mano (mi sono sentita punta nell’orgoglio dato che sono circa 2 anni che preparo la tesi, studio ininterrottamente e ho in testa solo quadri e pittori e testi critici!!). Ma può succedere, e la prego di non sentirsi “in torto” per così poco.
    Distinti saluti
    Giovanna

  10. wpairone ma tu chi sei? il mio avvocato licenziato delle cause vinte (grazie al licenziamento)? come al solito nel disperato tentativo di fare la maestrina non hai capito una mazza e sei partito per una tangente fuoriluogo non richiesta e assai opinabile, complimenti .

  11. caro hm, come diceva Sciascia “non è colpa dello specchio se il naso è storto”

    non imputare a me la tua labirintite

  12. invece è assolutamente anche colpa dello specchio . shasha era un po’ troppo semplice mi sa, proprio come te pairone . senza contare che la labirintite e il naso non non c’entrano nulla, la tua frase è come dire ‘rosso di sera che ci lascia lo zampino’ o qualcosa del genere . epic fail .

  13. Pairone puo’ anche aggiungere la sistematica operazione di “messa in storia” di tutto cio’ che avviene in ambito artistico (in modo sottaciuto o detto con semplicita’, facendo finta di niente).

  14. io farei questo? non mi pare proprio anche perché un commento su Schifano non può certo cambiarne le sorti in negativo o in positivo

    può farlo invece l’immissione sul mercato di innumerevoli falsi così come è successo in positivo per Schifano negli ’80 e ’90 o al contrario in positivo per Manzoni.

    come vede l’effettività di un enunciato (“x è un grande artista” o “x è un tralasciabile”) dipende da una gran quantità di fattori per lo più imponderabili. Fra questi il mercato, oggi il più determinante, e la critica, il fattore più “solido” perché sottoposto a controlli incrociati

  15. Ma no Pairone, non Lei. Aggiungevo al suo commento fatto in merito a come concepivo la storia dell’arte in divenire.
    (quello con cui ha risposto alla Sig.ra Giannini e di cui la ringrazio ).

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