Brufa è una frazione del comune di Torgiano e, come ogni piccolo paese dell’Umbria, conserva una ricca storia legata all’agricoltura e –soprattutto- alla produzione del vino. Molte cose sono cambiate lungo il corso degli anni, così la Proloco –piuttosto che rimanere passiva al trascorrere del tempo- ha dato via ad una manifestazione che oramai è giunta alla diciottesima edizione. L’idea è semplice, ma efficace. Ogni anno un artista è invitato a creare una scultura che sarà posta nella campagna circostante Brufa, a testimonianza della volontà di una comunità che ha percepito il cambiamento e che -con un linguaggio artistico “contemporaneo”– vuole identificarsi nel presente per lasciare una testimonianza ai posteri.
Dopo la suggestiva porta in acciaio corten all’ingresso del Castello di Eliseo Mattiacci, a cura di Bruno Corà, quest’anno a lasciare il segno con la sua opera è stato Mauro Staccioli (Volterra, 1937).
L’artista –abituato a confrontarsi con il contesto urbano e naturale- è intervenuto aggiungendo alcuni nuovi elementi per così dare maggior spessore all’identificazione-integrazione dell’opera con l’ambiente in cui si è inserita. La scultura –composta da tre spicchi di cerchio in acciaio corten e muratura che misurano ognuno 220 cm. x 1.100 x 50- è una commistione equilibrata della poetica dell’artista con alcuni elementi “locali” come, appunto, la muratura e l’acciaio, che hanno sempre fatto parte della vita degli abitanti.
Al centro dell’opera -disposta triangolarmente ed inscritta in un quadrato di venti metri per lato- è stato piantato un ulivo: un elemento che rappresenta l’anima dell’intervento, una presenza che evoca la vita e il tempo, in un contesto in cui i tre spicchi di muratura sembrano contemporaneamente salvaguardare l’albero dal panta rei eracliteo.
E’ possibile vedere e percorrere l’opera di Staccioli non solo dall’esterno, ma anche dall’interno. Ne nasce un ideale confronto dialettico con le dolci curve della campagna umbra, un confronto che però non parte dall’orizzonte, ma si esplicita subito, di fronte allo sguardo, come una “domanda” immediata, concreta. Simile agli interrogativi diretti, pragmatici che ci mette davanti la vita di tutti i giorni. E l’opera, spazio di riflessione e meditazione, diventa memoria del luogo, parte intima di quella instancabile stratificazione di eventi che segna l’esistenza.
daniele di lodovico
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