27 settembre 2011

MILANO FASHION WEEK

 
Da Venerdì 23 a Domenica 25 si sono susseguiti 3 importanti eventi: il Concerto di Martin Creed per il centenario della creazione del marchio Trussardi, la presentazione del video Cinderthriller di Terry Jones e la presentazione del film Don't Steal the jacket di Bruce Weber. Vediamoli da vicino...

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In un momento in cui siamo alle  prese con ipotesi di crack globale o con lo spettro del disastro ambientale,  la moda, a Milano come altrove,  mostra  di essere un po’ alle corde.  Il sindaco Pisapia ha rifiutato – per alcuni giustamente –  di presenziare agli eventi del glamour modaiolo preferendo un basso profilo. Con poche eccezioni prevale in generale un senso di noia e ripetitività che appanna quella ricerca affannosa del glamour impostaci nell’ultimo decennio. Alla fine sono sempre più gli eventi collaterali,  piuttosto che le presentazioni di abiti o accessori in se stessi, le cose di maggiore interesse dell’offerta fashion del momento, almeno per quello che riguarda  i contenuti e gli aspetti che legano la moda all’arte e al design.
Questa considerazione vale anche per la serata celebrativa del centenario di Trussardi, che venerdì scorso ha presentato con notevole rilievo mediatico  la  sua sfilata-evento, seguita dalla cena di gala, al Castello Sforzesco. I festeggiamenti includevano l’esibizione  del  britannico Martin Creed, offertosi al pubblico (fino a duecento posti andati subito esauriti) nella veste di musicista rock, a lui abituale come quella di artista contemporaneo. In questa  serata  dal vivo ha presentato le sue ultime composizioni.
Sabato 24 c’è stata invece l’ anteprima  del  video CINDERTHRILLER  di  Terry Jones, storico direttore di i-D magazine, che lo  ha diretto coinvolgendo  come interpreti alcuni personaggi simbolo del fashion system, Anna dello Russo, Sarah Lerferl di Colette e Andrew Keith presidente di Lane Crawford.
Tema  del film la Lipstick Heel shoe di Alberto Guardiani, un oggetto che nel volgere di due stagioni è diventato di culto tra gli addetti ai lavori, conoscendo anche  un successo  di pubblico.
Come i creativi ben sanno, tra gli accessori che la moda crea e divora nel suo cannibalismo stagionale la scarpa identifica e spesso conferisce il vero carattere di un look o il concetto che sostiene l’immagine di  un’intera  collezione. Per questo oggetto carico di simbologie la funzionalità è stata spesso travalicata e i designers hanno saputo creare vere e proprie astrazioni concettuali. La Lipstick Heel è un feticcio per fashion victims e al tempo stesso una di tali astrazioni. Probabilmente ne resterà a lungo il ricordo  non solo tra i lookologi  della moda ma anche tra chi ama studiare fenomeni di costume che fanno la felicità dei sociologi. L’idea di Guardiani è stata geniale nella sua semplicità: ha creato un  lucido ed elegante decollete, superclassico se non fosse per il vertiginoso tacco che  riproduce un rossetto rosso fuoco estratto dal suo astuccio. Chi inizialmente ha visto questa scarpa come un gadget o un oggetto fatto di pura provocazione per attirare attenzione mediatica non ha fatto i conti con l’interazione di due tra i più primordiali e profondi archetipi femminili, la bocca e i piedi. Sulla  bocca come oggetto di seduzione sono stati scritti manuali. E’ risaputo come in analisi le labbra turgide, o il gesto di tingersi di rosso,  sia interpretato come un richiamo sessuale, un segnale di disponibilità che rimanda alla forma e al colore dell’organo sessuale femminile. Altrettanto carichi di simbologie erotiche e feticistiche sono i piedi. L’atto stesso di indossare una scarpa da Freud e Jung era visto come una trasposizione del coito. Guardiani ha quindi unito in un solo oggetto due fortissimi stereotipi dell’universo femminile e al di là di ogni retro-pensiero analitico, l’impatto sul pubblico, sia   donne che  uomini, è forte e immediato.
 

Il rischio massificazione in queste fenomenologie di consumo è sempre in agguato (già sono disponibili molte versioni del modello originale con varianti di colore/materiali e  con tacchi di colore intercambiabile), così come scivoloni verso accostamenti di pericolosa attualità incentrati sulla regressione dell’immagine femminile a donna escort. Ma Guardiani ha scelto intelligentemente di affidare ad un grande cultore dell’immagine come Terry Jones la promozione  della sua creatura di successo. Fondatore di i-D  e da più di vent’anni  personaggio assolutamente cool, Jones è egli stesso un sofisticato creativo che con il suo team si è divertito a mettere in piedi un thriller, ” the most gripping white knuckles suspence story since shoe design began…”, di cui  ci ha rivelato solo l’inizio, lasciandoci  incuriositi e insoddisfatti in attesa del seguito, come nei classici romanzi a puntate. Infatti seguiranno nei prossimi mesi altri quattro trailers, girati in varie città del mondo, Parigi, Milano, Rio, Los Angeles. La curiosità tra gli addetti ai lavori è accresciuta dall’idea di vedere alcuni personaggi iconici del mondo della moda come interpreti del film: Anna dello Russo, regina del glamour e giornalista tra le più influenti della Condé Nast, Sarah Lerfel  del concept store Colette, uno dei simboli dello shopping parigino, e Andrew Keith, presidente di Lane Crawford, un colosso del retail di lusso in Asia.
Presentazione con un bel pubblico, divertente perché piena di quell’eccentricità  di stampo tipicamente britannico spesso più affine all’arte che alla moda, e ambiente perfetto per il dj set di Princess Julia e Matthew Stones.
 

Con l’idea di incentivare un successo di marketing, il film è parte di un progetto che prevede la ricerca del next big shoe designer a cui Guardiani vuole affidare la creazione del futuro oggetto feticcio delle sue prossime collezioni. Fino all’11 novembre i-D accoglierà le domande di ammissione al contest e i disegni di scarpe verranno valutati da una commissione di cui fanno parte, oltre a Jones,  la figlia di  Guardiani, Rubina, e anche Anna Dello Russo, Andrew Keith, Sarah di Colette e la shoe designer britannica Georgina Goodman. Verranno selezionati 10 modelli e tre finalisti saranno invitati con i-D e Guardiani al cocktail di presentazione dell’evento che si terrà a Milano da 10 Corso Como nella prossima stagione A/I 2012. Al vincitore del concorso verrà elargito un premio di 5000 sterline. Guardiani metterà in produzione il modello  del vincitore, proposto al pubblico nei suoi punti vendita oltre che da Colette e 10 Corso Como.
Il giorno dopo, domenica 25, si è tenuta l’ anteprima di DON’T STEAL THE JACKET, il  film di Bruce Weber per la nuova campagna pubblicità A/I 2010 -2011 di  Moncler, che sceglie di promuovere la sua immagine per questa stagione invernale con una campagna che parte da un film, di cui domenica sera è stata data un’anticipazione di 24 minuti al Teatro Litta di Corso Magenta. Autore dell’ad-movie è Bruce Weber, fotografo e film-maker  che già collabora con Moncler da cinque stagioni. La  formula è ancora quella della divisione in mini-episodi, il film sarà in seguito interamente visibile da un sito dedicato e linkato a moncler.com. Una pre-storia del film è stata  montata con 19 posters  della campagna, ognuno con un soggetto diverso, per delineare le situazioni e i personaggi. Weber racconta di essere cresciuto in una piccola  cittadina americana guardando il cinema italiano, per lui  una scuola di vita da cui ha tratto il suo interesse per l’immagine che l’ha successivamente  portato  a New York. Il film è rievocativo  di quel primo viaggio di formazione e ne sono protagonisti attori bambini, figli di amici presenti alla serata, insieme  all’autore e ai Radical Chic, band americana autrice della  colonna sonora.
 

Indecifrabile, per ora, la storia, che secondo una modalità ormai dilagante nella comunicazione rivolta alle platee giovanili (ma non solo) privilegia le atmosfere mystery e l’avventura.  Fanno parte del plot una bimba bionda e golosa, con il suo cagnolino di Pomerania, e suo fratello. Il tema che Weber delinea con il suo stile eclettico, ironico e capace di sorprendere con situazioni inattese, è quello della cura degli altri, siano essi persone, animali o la natura stessa. “Ognuno trovi i significati che vuole in questi ventiquattro minuti” – dichiara Weber-  “I registi non devono spiegare il loro lavoro. Io intanto ho capito come è difficile il mestiere di genitore”.

a cura di elisabetta facco

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