L’idea di base del Festival CF3, alla sua terza edizione, è quella di rendere vivo e aperto all’arte il centro storico di Ceglie Messapica, pittoresca cittadina solitamente conosciuta più come centro gourmet d’eccellenza. Ecco allora che chiese, edifici storici e addirittura un’abitazione privata, si riconvertono a sedi espositive, grazie all’impegno della giovane associazione culturale Libero Accesso e alla lungimiranza del Comune e di enti ecclesiastici che hanno consentito l’accesso e la fruizione di luoghi solitamente non aperti al pubblico o destinati unicamente a celebrazioni liturgiche.
Il filo conduttore di questa edizione del Festival è il concetto di Tempo, analizzato da undici artisti contemporanei: il nodo centrale del percorso è nella zona più centrale del borgo antico, nell’ex Albergo della Ferrovia. Qui incontriamo la sezione dal titolo Trapassato_futuro, curata da Augusto Pieroni, in cui il passato e le sue testimonianze vengono manipolate in modo da essere rese attuali pur conservando la dimensione storica che le connota. Ecco allora l’excursus temporale di Moira Ricci (Orbetello, 1977) realizzato con una selezione di foto di famiglia, ritratti tipici degli anni Settanta che coinvolgono lo spettatore grazie alla sensazione di immedesimazione che in esso provocano. E poi gli skyline delle metropoli argentine di Fernanda Veron (Necochea – Argentina, 1978), invecchiati dalla patina del tempo, insieme ai lavori di Carlo Michele Schirinzi (Tricase, 1974), che mescolano l’antica impostazione estetica delle pale d’altare con le tecniche fotografiche contemporanee, ottenendo un risultato di grande effetto visivo.
Gli affetti familiari sono quelli che maggiormente si prestano all’analisi dello scorrere del tempo ed è infatti su questo tema che si incentra una buona parte della produzione in mostra: grande l’impatto emotivo per l’installazione di Maurizio Cogliandro (Bracciano, Roma, 1979), che presenta un lavoro intimo, dal titolo Lidia, il cielo cade, un percorso fotografico sulla malattia della madre, raccolto in un album ed accompagnato da un evocativo sottofondo musicale.
Nell’edificio adiacente, sempre sul tema materno, l’installazione Amo mi mama, mi mama me ama di Octavio Floreal (Las Palmas de Gran Canarie, 1966). Nell’ideale percorso sentimentale, l’arte fotografica, con le sue manipolazioni, continua a fare da padrona nell’opera di Gianfranco Grosso (Cosenza, 1972) dal titolo Acqua di luce, incastonata in un piccolo gioiello solitamente chiuso al pubblico, la Chiesa dell’Annunziata. Ancora fotografia per quello che è soprattutto un reportage-documentario su una tragedia dei nostri tempi, ambientata nelle carceri turche, Olum Orucu di Grazia Cecconi che porta il tempo nella fissità del dramma, all’interno dell’ex Ospedale Vecchio.
La dimensione mistica del tempo si ritrova nella serie S. Arcangelo di Davide D’Elia all’interno dell’ex Convento dei Domenicani e nell’installazione di Federico Cavallini all’interno della Chiesa di S. Gioacchino. Chiude l’ideale percorso la performance Tempo multiplo di Gianni Piacentini: il tempo libero che è anche tempo perso, visualizzato nei giochi enigmistici, i cosiddetti “passatempi”. Al di fuori del centro storico, nel Museo Archeologico, le microsculture di Adalberto Abbate completano l’esposizione. L’iniziativa è interessante, c’è da sperare che trovi sempre un maggiore riscontro a livello territoriale.
ilaria oliva
mostra visitata il 25 luglio 2007
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belle le sculture me le aspettavo piu grandi dalle foto in internet.