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Scultura, la grande assente

di - 22 Marzo 2011

Nella complessità del panorama attuale, la scultura, sembra essere orfana del suo passato, di quella espressione gloriosa, che vede dietro le nostre spalle, l’antica perfezione delle opere di Fidia e la potenza del suo realismo, il sommo e impareggiabile linguaggio michelangiolesco, l’armonia del lavoro di Gianlorenzo e Pietro Bernini, la bianca eleganza, della figure ormai ottocentesche di Antonio Canova.

Da un lato, le proposte sempre più concettuali e sempre meno legate alla capacità di lavorare uno stile, dall’altro la esiguità delle proposte scultoree, rispetto alle forme espressive della pittura e dei nuovi linguaggi, che i giovani artisti sembrano privilegiare.

Dietro di noi, a partire dall’esempio picassiano le grandi lezioni del novecento, le opere di Arturo Martini, che si interroga proprio sulla questione dell’arte plastica, come espressione di una lingua –morta?- E Giacomo Manzù, Messina, Fontana, Marino Marini, Leoncillo, Consagra, Minguzzi, grandi testimoni del nuovo e della vitale espressione scultorea italiana.

La scultura, è, oggi, la grande assente nelle mostre, nelle manifestazioni d’arte italiane, in quelle importantissime, in quelle importanti. Molta passione in più per la scultura si avverte ad esempio in Spagna, un amore cui i bambini stessi vengono educati.


Ed è pur vero, comunque che il nostro paese, dà spazio alla scultura nei musei pubblici e nuove fondazioni, come quella di Pomodoro a Milano, si pongono alla nostra attenzione, come grandi contenitori e promotori della scultura.

Così, è pur vero, che, di Arnaldo Pomodoro, possiamo incontrare molto spesso i suoi mondi feriti, le preziose, lucide forme che raccontano l’ansia dell’uomo. . Di recente, abbiamo visto una Dafne di Giuseppe Carta, compromesso fra classicismo e contemporaneità, fatta di marmo ed alluminio. Le riflessioni sull’uomo di Roberto Barni e quelle dell’artista Josè Cobo, per guardare fuori casa, con il suo padre e figlio di resina, forme, che ci hanno invitato alla sosta. E, da una banana di resina verniciata, abbiamo visto spuntare il corpo di una giovane nuda.

E’ ricomparsa l’opera in vetro, quando, lavorare questa materia, significa sudore e fatica, significa fare i conti col dio del fuoco, con la necessità di allearsi, per vincere la sua forza. Abbiamo incontrato Tristano di Robilant con la sua esoterica ampolla gialla, intitolata Proust a Venezia. Poi, Hiromi Masuda con le suggestive opere, nate dalle soffierie muranesi, forme dalle allegre cromie di Play the glass, come segni abbandonati da extraterrestri felici.

Il volto della scultura oggi, ha la suggestione dei sessanta cani di ferro, di cemento e catrame, un Branco, opera di Velasco Vitali, animali collocati a Milano nelle stanze di Palazzo Reale, come simbolo di umani in migrazione, in cerca di sopravvivenza.

La scultura, può dirsi qualcosa d’altro, rispetto alle arti visive, generare un’opera tridimensionale, significa creare con le mani, così come Dio creò l’uomo, significa concretizzare un pensiero, un’idea, cui infondere il soffio vitale, con cui rapportarsi come entità. E, la scultura, quella con la esse maiuscola, comporta una abilità tecnica notevole, investimenti per materiali, spazi in cui lavorare, conservare le opere. Difficili i trasporti, rischiosi, onerosi e troppo spesso, sono i galleristi, a non assumersi l’impegno di scommettere sulla scultura. Una eccezione, invece, è quella dello studio Copernico, che promuove la scultura e sostiene con grande impegno i giovani artisti. quando la scultura , è vista come qualcosa d’altro, rispetto alle arti visive, in origine, come al momento della sua fruizione, della sua diffusione, del suo sostegno.

Nel cammino della scultura, l’arte povera, ha utilizzato nuovi linguaggi e Giuseppe Penone, Gilberto Zorio, Pier Paolo Calzolari, hanno dato voce ad oggetti, legni, reti, stelle, cuoio, pelli, le riflessioni sul cosmo di Eliseo Mattiacci, la traduzione plastica, delle idee di Giuseppe Spagnulo. Appena ieri, una Chiara Lecca, giovanissima artista contemporanea, aveva appeso a dei sostegni metallici extension di capelli per raccontare il rapporto con il mondo animale : linguaggi dell’oggi, riflessioni intelligenti. Dove, la scultura non c’è e c’è invece, il volto delle figure tra passato e presente di Paolo delle Monache.


Con Fabio Viale,invece, possiamo condividere l’entusiasmo di creare una dissonanza insita nei pneumatici fatti di marmo e non di gomma, delle barche, anch’esse di marmo.

La scultura, oggi, parla il linguaggio della statua invisibile di Claudio Abate, un’opera intitolata Gino De Dominicis, Disegno, dove un cappello rosso e un paio di ciabatte , sono lì, ad evocare una presenza. Possiamo immaginare un Abbraccio del muro insieme ad Arcangelo Sassolino, abitare fra le colte installazioni di Luigi Carboni, le sintesi formali di Nunzio, ma la scultura è un alieno nel mare magnum dell’arte.

La scultura oggi, ha la forma di contenitori vuoti, colorati di rosso, quelli di cosmetici anti età, uniti in un vortice da un filo, nell’opera di Ketty Tagliatti ed Elisa Leorini.

Che sia quella bara per bambino in legno con pianoforte giocattolo di Jacopo Mazzonelli, il simbolo della scultura, il messaggio per il suo futuro ?

Oppure, sia quella grande x in legno di Gianni Piacentino, a darci il senso e la misura del suo stato di salute ? Un’opera di Curt Stenvert, un oggetto con ali che rimandano a pipistrelli, ha come titolo Dover morire e lasciarsi indietro un mondo perduto.

Noi invece,non perdiamoci d’animo, Alex Pinna, ha realizzato una scultura in bronzo patinato: un omino dalle lunghe gambe a cavallo di un ramo per dire Upstairs heroes. Un’altra, in corda è una figura alta e sottile, ancora con gambe lunghissime.

Da un piedistallo, guarda verso il basso con le mani dietro la schiena.

Magari…a riflettere , sul destino della scultura.

a cura di cecilia ci

critico d’arte

Visualizza commenti

  • LA SCULTURA OGGI ?
    E' anch'essa il barometro che segna la temperatura del nostro secolo prendendo in esame proprio materie e contenuti anche dal quotidiano , disegnando un solco molto profondo tra passato michelangiolesco e presente kounelliano , tanto da far leggere una nuova " bellezza " nell fare scultura ,attraversata da un intellettualismo sottile quale contenuto lievitante del nostro contemporaneo .
    L'Angelus Novus - acquarello di Klee appartenuto a W. Benjamin , nel quale vide l'Angelo della storia con il volto rivolto al passato ma le ali propense verso un futuro diverso è presente nella scultura oggi .
    Occorrerebbe staccarsi , scollarsi da quei sdulcinati e nostalgici riti al passato cinquecentesco e secoli a venire. Non credo sia leggittimo citare il passato e nutrirsi del presente . La storia ci consegna ciò che è finito . Spingete la vostra mente un pò più avanti del vostro naso , e ammirate quanto ci sia arte nella scultura là dove il tedesco Wolfagang Laib ci fa vedere il polline e il suo colore giallo-Sole affrescare non la " Cappella Sistina " ma il nostro stato emozionale con le sue profonde installazionie. Altri artisti come l'indiano Anish Kapoor , il messicano Gabriel Orozco e i fratelli Chapman .
    Vi è un'altra bellezza che esula dalle sculture greche o quelle di Rodin ,lasciando intatta la poesia di Giacometti o il carbone e il ferro di Kounellis : è la bellezza di questo secolo con le implicazione della nostra società , di cui ci nutriamo ogni giorno , di cui ci vestiamo e amiamo anche ogni giorno : sia con la tecnologia che con le nuove immagini di quest 'arte tanto frustata e malmenata...

    felice sanfilippo

  • Caro Felice, non esiste la scultura michelangiolesca del 500 ma esiste la scultura classica eterna, che nasce millenni fa e morirĂ  con la nostra civiltĂ . Lei, con i suoi idoli, è solo una parentesi anomala che verrĂ  presto dimenticata.

  • caro San Filippo ho l'impressione che il nostro Buonarotti , con la corona d'alloro in testa, stia meditando di mandarlo al rogo.

  • Chiedo scusa al Maestro per il deprecabile errore in cui sono incorso , maltrattando la grammatica del suo nome (Buonarroti e non Buonarotti).

    Comunque, colgo l'occasione che sul tema riguardante l'argomento dei dibattuti modelli Classici per farLe altresi' notare, che dal terzo secolo D.C. fino al dodicesimo gli stessi sono stati completamente ignorati.

    La domanda, Maestro, dovrebbe essere questa : la rinascita di detti modelli fu autentica (ovvero riguardava anche la rinascita del loro spirito) oppure fu solamente strumentale per fini squisitamente autocelebrativi ?

  • Lei non conosce la scultura ottoniana del X sec.
    Lo studio è un buon rimedio all'ignoranza.

  • Che non ha nulla a che vedere con modelli ritenuti classici.
    Poi , per giunta scrive di scultura di area germanica X secolo.

    Non confondera' Leggibilita' dell'opera con classicita'? spero.

  • Le "figure" non hanno mai ammazzato nessuno.

    Anziche' Wikipedia scolaro, vatti a leggere Federico Zeri : "la percezione visiva dell'Italia e degli Italiani" cosi' potrai sperimentare di persona a cosa ci si riferisce , sul serio, quando si discorre di CLASSICITA' (senza ricorrere a battute di spirito).

  • Adoro gli aerei che bombardano l'arte e soprattutto quelli che ne parlano a vanvera ! (di chi è la citazione?)

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