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04
febbraio 2016
Vezzoli, curatore sagace e irriverente
altrecittà
Si è appena inaugurata a Bolzano l’attesa mostra che vede l’artista nel ruolo del curatore. Che spiazza collezioni e coordinate, giocando con la fama, l’arte e la storia
di Paola Tognon
Museo Museion di Francesco Vezzoli a Bolzano è una mostra speciale che apre il 2016 in una delle più importanti istituzioni d’arte contemporanea italiana. Non c’è dubbio che la mostra dividerà il pubblico tra fans che ne esalteranno gli esiti (forse i più) e increduli che con cipiglio ripudieranno l’onnipresente melting tra classico e kitsch. Ma è proprio uno degli obiettivi dichiarati dall’artista quello di interessare e coinvolgere il pubblico in una costruzione inedita – ma a misura dell’ambiente culturale e sociale nel quale s’inserisce – che nel sollecitare risposte accese e contrastate ottiene da subito un sicuro successo.
Altri sono poi i motivi che fanno di questa mostra un evento speciale: il pieno coinvolgimento di un artista internazionale, Francesco Vezzoli, che a soli 45 anni vanta la presenza a tutte le principali manifestazioni internazionali comprese tre biennali veneziane (2001/05/07) accanto a mostre, proiezioni e performance in tutti i gotha-musei del mondo. Il fatto che si tratti di una mostra non solo pensata, ma anche curata da un artista che è tanto colto quanto irriverente, tanto arbitrario quanto regolamentare, tanto strategico quanto mediale da aver raggiunto in breve tempo popolarità e riconoscimenti come se in un bowling una sola palla riuscisse a centrare l’intera fila dei birilli. Tutto ciò sapendo che si tratta di un artista che proviene dalla provincia italiana (Brescia) e che ancora oggi vive e lavora a Milano.
Una mostra speciale, dunque, anche per Museion, abituato sì a lavorare su nomi internazionali ma che, con Vezzoli, centra un triplo bersaglio: ricerca, popolarità e in automatico, per geografia d’origine, tematiche e dispositivi, “italianità”. Anche in questo caso un bersaglio studiato e perfettamente centrato se si parte dal presupposto che Museion a Bolzano si muove spesso tra le sabbie mobili di confini culturali prima che geografici e che la sua programmazione, nonostante l’innegabile qualità, internazionalità e sperimentazione, non trova sempre sul territorio una risposta corale.
Che la strategia sia stata ben studiata lo raccontano le numerose conferenze stampa, la risposta dei media con le tante interviste e anticipazioni e la folla all’opening. Ma, nella buona pratica strategica è ben più interessante sottolineare la partecipazione, o meglio la direzione di Vezzoli sulla macchina costruttiva e mediale: non una semplice adesione, ma invece l’ideazione e la costruzione di una architettura che coinvolge ricerca, contenuti, forma e comunicazione caricando di rimandi e significati progetti e opere. Ciò in perfetta complicità con Letizia Ragaglia, direttrice di Museion, più che mai raggiante all’apertura di questa mostra.
“Museo Museion” si divide in due parti e occupa l’intero spazio espositivo: nel passage e nei piani intermedi la “Mostra delle Collezioni dell’istituzione” che cura l’artista, al quarto piano la mostra di Vezzoli, “Museo Museion”, a cura di Letizia Ragaglia. Un catalogo edito da Mousse Publishing e di prossima uscita (testi di Anna Coliva, Cerith Wyn Evans, Letizia Ragaglia, Dieter Roelstraete e un’intervista a Vezzoli di Cristiana Perrella) raccoglierà l’intero progetto.
È forse l’invenzione al piano terra la migliore sintesi dell’intero progetto: un grande wall paper, gigantografia di una veduta di Roma di Giovanni Paolo Pannini ci sposta inaspettatamente dalla rigida partizione vetro-acciaio di Museion alle atmosfere dorate di una quadreria settecentesca. Qui, la riproduzione su scala gigante nella quale l’artista inserisce anche il ritratto di Nicki Minaj come Madame de Pompadour – da François Boucher, accoglie i visitatori in un gioco di rimandi che risuonano nel tempo e nella storia dell’arte. Il velluto bordò che a larghe falde incornicia il grande wall paper oltre a suggerire una veridicità tridimensionale, pone i visitatori in una condizione di benessere: il salotto di una ricca e suadente storia comune si offre alla curiosità di ciascuno. Spontaneo poi spostarsi al quarto piano dove la mostra “Museo Museion” ci presenta, per la prima volta insieme, le sculture di Francesco Vezzoli nate tra il 2011 e il 2016 composte di reperti antichi elaborati e messi in dialogo con nuove produzioni.
Diciannove opere sfilano su una scenografica pedana bianca e vanno a comporre un’immaginaria gliptoteca perpendicolare ai paesaggi montani che ne sono sfondo. Associazioni e decostruzioni tra epoche e linguaggi diversi uniti dalla consapevole ironia di Vezzoli diventano una rielaborazione critica e ludica della tradizione classica romana del ritratto. La ricostruzione storica o mitologica di soggetti e titoli, l’assemblaggio, la sostituzione di parti scultoree come nella tradizione della statuaria antica o l’applicazione di policromie rinnovate e inaspettate, accanto a nuove opere in bronzo come la musa dechirichiana con la testa di Sofia Loren compongono qui una galleria stupefacente per ogni visitatore, qualunque sia il livello di consapevolezza e studio.
Anche nei piani centrali del museo, seppure ci si sposti nella mostra delle Collezioni di cui Vezzoli è guest curator, il dispositivo di spiazzamento prosegue con eguale, candida e dispettosa, efficacia. Cornici storiche dorate, finemente dipinte a trompe l’oeil sul muro e appartenenti a capolavori della storia dell’arte occidentale conservati in musei europei e statunitensi incorniciano 27 tra quadri e fotografie della collezione di Museion scelti dall’artista. Così Warhol, Nan Goldin o Pistoletto come Stolz, Nepo, o Plattner si accompagnano a Michelangelo, a Hayez, a Caravaggio… Accostamenti di cui il visitatore può trovare dettagliata informazione nelle didascalie frontali e di cui Vezzoli racconta: “In molti casi c’è un abbinamento antinomico o per ossimoro, in altri no. Direi che in questa mostra la vera opera d’arte sono le didascalie… il ritratto di un pittore locale incorniciato dalla cornice del ritratto della Contessa d’ Haussonville di Ingres, è un po’ come l’astronave nel deserto, come avere un museo in provincia che fa mostre sofisticatissime. Un ribaltamento, che poi è quello che ho sempre cercato nel mio lavoro.”
Sempre in questa direzione Vezzoli è intervenuto inserendo tredici sue opere tra quelle della collezione, ma anche modificando l’architettura dei piani oscurati al paesaggio così da formare un white – cube nel quale l’artista concentra il sentimento del tempo e della sua rappresentazione nella storia dell’arte.
Vezzoli, il tempo, l’arte e la sua storia dominano quindi Museion a Bolzano, garantendo per ogni visitatore una parte di arte, una parte di storia, una parte di scultura, una parte di pittura, una parte di bellezza e una parte di fama. Accanto all’artista, Letizia Ragaglia e tutto il team del museo, ma anche storici dell’arte, restauratori e operatori che hanno composto un piano di studio e di lavoro eccellente. Ma fondamentale rimane il fatto che Francesco Vezzoli ha centrato il suo obiettivo: produttore di se stesso mostra qui un gioco mai svelato fra ritratto e autoritratto come in Self-Portrait as Emperor Hadrian Loving Antinous del 2012.
Paola Tognon