A Napoli è stata rinvenuta una porzione precedentemente sconosciuta del grandioso acquedotto sotterraneo che serviva le sfarzose ville romane di Posillipo. Si tratta di uno dei sistemi di trasporto dell’acqua più vasti dell’epoca e, nello specifico, il tratto scoperto appartiene alla diramazione che, dalla Crypta Neapolitana, portava acqua potabile alla collina di Posillipo e all’isola di Nisida ed è in ottimo stato di conservazione, come spiegato in una relazione dell’associazione di ricerche speleo-archeologiche Cocceius. A motivare le ricerche, oltre alle evidenze archeologiche, anche le segnalazioni degli abitanti più anziani della zona che hanno raccontano di quando percorrevano le grotte sotterranee e il condotto durante i loro giochi di infanzia, più di 40 anni fa, senza rendersi conto che si trattava di una struttura antica.
L’acquedotto romano del Serino è una delle opere più ambiziose dell’ingegneria romana. Conosciuto con il nome di Aqua Augusta Campaniæ e chiamato anche acquedotto augusteo, fu costruito fra il 33 ed il 12 a.C. per risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico del porto di Puteoli e della flotta stanziata a Miseno, rifornendo lungo il suo tragitto le città di Neapolis e Cumae. Una lunghezza stimata di 105 chilometri del solo asse principale e di 140-150 chilometri con le diramazioni laterali, lo rendevano il più lungo acquedotto romano dell’epoca. Fuori dai centri abitati, il percorso dell’acquedotto augusteo si svolgeva all’aperto, attraverso le ben note arcate in laterizio, elementi ancora oggi iconici di diversi paesaggi italiani. Le gallerie e le aree sotterranee si ritrovano invece nelle aree di montagna e intra moenia e sono meno studiate rispetto alle controparti a cielo aperto.
«Lo sviluppo rilevato al momento è pari a 647 metri e tale valore lo qualifica come il più lungo segmento noto dell’Acquedotto Augusteo, presentando inoltre ben dodici spiragli di accesso», spiegano dall’associazione Cocceius. La maggior parte del percorso è costituita da uno speco largo fra i 52 cm ed il 70 cm, con un rivestimento di intonaco idraulico alto 64 cm alla base dei piedritti, a sua volta ricoperto da uno spesso deposito di calcare. Per lunghi tratti è possibile procedere eretti, ma in corrispondenza degli spiragli laterali vi sono accumuli recenti di terreno di provenienza esterna, che costringono spesso a strisciare o a procedere carponi».
Lo studio della struttura ipogea sarà approfondito dall’associazione Cocceius in stretta collaborazione con i dipartimenti universitari e con la Soprintendenza ABAP – Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli ma i motivi di interesse non sono solo archeologici. «Dal punto di vista geologico, l’ipogeo permette di esaminare direttamente la struttura interna di un consistente tratto del costone tufaceo che sostiene Posillipo. Ciò permetterà di ricavare importanti informazioni sulle sequenze eruttive che hanno formato il costone».
Già nel 2019, sempre nei pressi della collina di Posillipo, l’Associazione Hyppo Kampos Adventure scoprì un altro tratto dell’Acquedotto Augusteo. Un tratto dello stesso acquedotto, in corrispondenza dell’attuale quartiere Sanità, negli immediati pressi del centro storico di Napoli, è visitabile dal pubblico e ospita spesso progetti di arte contemporanea, promossi dal programma Underneath the Arches, a cura di Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone che, tra gli altri, ha coinvolto artisti come Jumana Manna e Adrian Melis in suggestivi progetti site specific (qui una intervista alle curatrici).
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