Cronaca di una morte annunciata. La città millenaria di Hasankeyf, in Turchia, sta per essere sommersa da oltre 60 metri d’acqua. Non c’è una data precisa ma, ben presto, la diga di Ilisu sul Tigri formerà nella zona un grande bacino artificiale. L’obiettivo è quello di fornire al Sud-Est della Turchia acqua ed elettricità. Progresso e sviluppo in campo agricolo e industriale, ma a che prezzo?
I tremila residenti di Hasankeyf stanno abbandonando le proprie case e il lavoro, costretti dal governo. Si lasceranno alle spalle anche un patrimonio naturale e artistico prezioso, raccolto in oltre 12000 anni di storia. Si tratta infatti di un importante snodo commerciale e strategico sulla Via della Seta, conteso tra popoli. Molti testi scritti in lingue antiche come assiro, armeno e arabo, citano la città. Alcuni archeologi hanno individuato tracce in muratura del più antico insediamento dell’Anatolia, risalente al X secolo a.C. Dopo di loro, giunsero i Romani, poi i Mongoli, alcune dinastie turche e infine gli Ottomani. Per questo gli studiosi ritengono che la città sia un laboratorio a cielo aperto per conoscere meglio il nostro passato.
L’acqua sommergerà secoli di cultura. Le strutture più importanti, come la Moschea di Eyyubi, antica di 600 anni e il Mausoleo Zeynel Bey, sono state trasferite nella “new town”, la città ricostruita dal governo turco per permettere agli abitanti di vivere a pochi chilometri dall’insediamento originario. Ma si tratta di una minima parte. Altre preziose testimonianze della storia, come gli scavi archeologici, le grotte millenarie, i piloni di un ponte medievale, resteranno lì, sommerse da litri d’acqua.
“Tutta la nostra storia andrà distrutta”, piangono gli abitanti. Erdogan e i presidenti precedenti non hanno mai fatto richiesta per classificare Hasankeyf come Patrimonio dell’Umanità, benché soddisfi nove dei dieci criteri dell’Unesco. Ora sembra non esserci speranza di salvezza. Anzi chi protesta rischia di essere arrestato.
I residenti, uniti ad attivisti ed ecologisti di tutto il mondo, hanno protestato a gran voce, ma invano. Il progetto risale a circa 20 anni fa; negli anni i lavori sono rallentati anche a causa del ritiro dei finanziatori internazionali, timorosi dei danni al patrimonio archeologico e naturalistico. Il Guardian riporta dell’appello a vuoto lanciato alla Corte europea dei Diritti Umani. Ridvan Ayhan, attivista residente del posto, racconta la richiesta di trasformare la città in un museo a cielo aperto. La proposta non è passata. Eppure invoca ancora attenzione, non indifferenza: “Non è solo la nostra storia, Hasankeyf è anche la tua storia, perché è la storia dell’umanità”.
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