Foto aerea dell’area dei fondi Cossar prima dell’inizio dei lavori
Dopo l’inaugurazione del nuovo Museo di Stabiae Libero D’Orsi, un’altra bella notizia per gli studiosi e gli appassionati di archeologia: sarà presentato oggi il progetto di valorizzazione e ricostruzione degli ambienti della Domus di Tito Macro, una ricchissima dimora compresa nella colonia fondata nel 181 a.C. e capitale della X regione augustea, oggi Aquileia, la cui zona archeologica fa parte del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. L’intervento, promosso dalla Fondazione Aquileia, è stato finanziato con un importo di sei milioni di euro, attraverso l’utilizzo delle risorse erogate alla Fondazione dalla Regione Friuli Venezia Giulia e mediante il contributo di ALES S.p.A., società in house del MiBACT.
Insomma, un ottimo esempio di collaborazione tra istituzioni, che però parte da lontano. La Fondazione Aquileia, infatti, è stata istituita nel 2008, in seguito all’accordo tra il Ministero dei Beni Culturali e la Regione Friuli Venezia Giulia, con soci il Comune di Aquileia e l’Arcidiocesi di Gorizia. Non è la prima volta, peraltro, che un bene culturale viene affidato alla gestione di una Fondazione mista, come nel caso, per esempio, della Fondazione Real Sito di Carditello.
Il progetto assicurerà la conservazione dei reperti esistenti e garantirà la fruibilità del sito, grazie sia all’attività di scavo condotta dall’Università di Padova, che alla costruzione di una copertura in laterizio monocromo, sostenuta da pilastri d’acciaio in rosso pompeiano. Sono state inoltre effettuate operazioni di pulitura, consolidamento, risarcimento di lacune e protezione finale su una superfice di 320 mq di pavimenti decorati con mosaici – la cui fase visibile è databile tra la fine del I secolo a.C. e la metà del I secolo d.C.
La visita sarà prossimamente integrata da un allestimento multimediale, che permetterà di ricostruire le caratteristiche degli ambienti e delle pavimentazioni. La Domus sarà visitabile in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio (qui le informazioni sull’iniziativa in tutta Italia) e, a seguire, sarà aperta al pubblico su prenotazione.
La Domus di Tito Macro è una delle più vaste dimore di epoca romana tra quelle rinvenute nel Nord Italia, con una superficie di 1.700 metri quadrati. L’abitazione si trova tra due strade lastricate della città , all’interno di uno degli isolati meridionali e probabilmente tra i più prestigiosi della colonia, dal quale peraltro già provengono il celeberrimo mosaico del ratto d’Europa, il pavimento con tralcio di vite con fiocco e il pavimento non spazzato, ora esposti al Museo Archeologico Nazionale, oltre che il mosaico del Buon Pastore, provvisoriamente collocato a Palazzo Meizlik.
La Domus di Tito Macro, un facoltoso abitante dell’antica Aquileia, fu indagata parzialmente negli anni ’50 e, tra il 2009 e il 2015, è stata oggetto degli scavi condotti dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, in convenzione con la Fondazione Aquileia e su concessione del MiBACT, sotto la direzione del Prof. Jacopo Bonetto. L’attribuzione a Tito Macro è stata conferita a seguito del ritrovamento di un peso di pietra con maniglia di ferro con l’iscrizione “T.MACR”.
Ma chi era il proprietario? «Potrebbe essere un personaggio legato ai commerci, che potrebbe avere accumulato ricchezze quando Aquileia stava vivendo una grande crescita a livello urbano e intratteneva traffici con il Mediterraneo e con l’entroterra continentale europeo, costituendo un porto strategico, il più a nord di tutto l’Adratico. Ma si tratta solo di supposizioni», ha spiegato Cristiano Tiussi, archeologo e direttore della Fondazione Aquileia.
In ogni caso, con ogni pobabilità , i proprietari furono vari, visto che la domus, costruita nel I secolo a.C. fu vissuta ininterrottamente fino al VI secolo d.C.. Sicuramente ebbero tutto un tenore di vista piuttosto alto, come testimoniato da un anello d’oro e pasta vitrea datato II-III sec. d.C., oltre che da più di 1200 sono le monete riscoperte negli scavi, tra le quali spicca il sesterzio di Massimino il Trace, l’imperatore che trovò la morte proprio ad Aquileia, per mano dei suoi stessi. Un tesoretto di ben 560 monete è stato poi ritrovato nella zona dell’atrio, nascosto dal suo proprietario in una buca intorno al 460 d.C., nei turbolenti anni successivi alla presa di Aquileia da parte di Attila, re degli Unni, e mai recuperato.
Le indagini archeologiche hanno permesso di documentare inoltre le fasi di evoluzione della domus, che fu oggetto di varie trasformazioni e rinnovamenti, tra cui il grande mosaico della pesca, che verrĂ ricollocato nella sala di rappresentanza aperta sul giardino.
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