Un nuovo e significativo passo in avanti nel processo – che ormai sembra inarrestabile – di restituzione dei Marmi del Partenone alla Grecia: se il British Museum di Londra ancora resiste sulle sue posizioni, è stato addirittura Papa Francesco a prendere l’iniziativa, promettendo di cedere tre frammenti custoditi nei Musei Vaticani. Nell’annuncio diffuso dagli organi di informazione del Vaticano, il trasferimento è stato espressamente descritto come una “donazione” del Papa a Sua Beatitudine Ieronymos II, l’arcivescovo cristiano ortodosso di Atene e della Grecia, «Un segno concreto del suo sincero desiderio di proseguire nel cammino ecumenico sulla via della verità».
La differenza tra una “donazione alla chiesa” e una “restituzione allo Stato” però è sostanziale e non andrebbe confusa: in questi termini, si tratta di un atto unico, dovuto a una proposta specifica, a seguito di un atto di liberalità (o di carità cristiana) tra “poteri spirituali”, lasciando dunque pochi varchi nella creazione di un precedente di valore politico nell’ambito di un accordo tra Paesi e Ministeri. In ogni caso, ormai sembra che tutte le strade portino alla restituzione, con la pressione ormai difficilmente tollerabile sulle istituzioni culturali inglesi, ancora riluttanti a separarsi dalle sculture contestate. E comunque, anche la ministra della cultura greca, Lina Mendoni, ha elogiato la decisione di Papa Francesco di donare i Marmi del Partenone delle Collezioni dei Musei Vaticani: «Il loro ritorno aiuta gli sforzi della Grecia per la riunificazione delle sculture del Partenone di Londra».
Si tratta ormai di una storia lunghissima, iniziata nel 1810, quando lo scozzese Lord Elgin portò in Gran Bretagna i raffinatissimi pezzi del Fregio del tempio sull’Acropoli di Atene, che in quell’epoca, come tutta la Grecia, era sotto il controllo della Sublime Porta dell’Impero Ottomano. I marmi furono esposti al British Museum nel 1816 e da allora rappresentano il fulcro delle collezioni del museo londinese. Ma le discussioni sulla legittimità del “prelievo” – o spoliazione – sorsero subito e sono proseguite senza interruzioni fino a oggi. Negli ultimi anni, però, anche grazie all’approfondimento degli studi post coloniali e a una maggiore e diffusa consapevolezza dei fatti storici, è diventato sempre più urgente il tema delle restituzioni di manufatti trafugati illegalmente, prelevati durante guerre oppure ottenuti in condizioni di evidente disparità. Considerando anche l’attenzione dell’opinione pubblica, ormai chiaramente orientata verso la restituzione, sembra quasi diventato controproducente l’atteggiamento del British Museum che, a questo punto, potrebbe invece farsi promotore di una nuova narrativa museografica, incentrata sul dialogo, sulla trasparenza e sull’inclusività.
Nelle scorse settimane, George Osborne, il presidente del British Museum, e Kyriakos Mitsotakis, il primo ministro greco, si sono incontrati a Londra per discutere di un possibile prestito dei marmi alla Grecia. Commentando il rendez-vous, Mitsotakis si è dichiarato possibilista, nel trovare una soluzione vantaggiosa per tutti. Di avviso diverso, però, è stato il British Museum, che affermato che collezione dei Marmi non sarebbe stata smantellata, «In quanto racconta una storia unica della nostra umanità».
Il Birtish Museum detiene la raccolta più ampia di frammenti della decorazione monumentale, realizzata da Fidia, per volere di Pericle: 17 statue provenienti dai due frontoni, 15 delle 92 metope raffiguranti la centauromachia, e 75 metri, a partire da un originale di 160, del fregio interno del tempio. Altri frammenti sono sparsi nei musei di tutta Europa ma stanno lentamente tornando in Grecia. Nell’ottobre 2021, il Comitato UNESCO per la restituzione dei beni culturali ha inviato una raccomandazione al British Museum, caldeggiando il ritorno dei Marmi.
Nel gennaio 2022, il governo greco ha riunito i frammenti dei marmi del Partenone in suo possesso nel Museo dell’Acropoli. Prima, infatti, i reperti erano conservati al Museo Archeologico di Atene e questa nuova sistemazione doveva rappresentare un gesto – l’ennesimo – altamente simbolico. Nello stesso mese, il Museo Archeologico di Palermo e il Museo dell’Acropoli di Atene hanno stretto un accordo per il prestito pluriennale di un frammento del Fregio conservato in Sicilia, il piede di una Dea. In cambio del frammento, il Museo dell’Acropoli ha prestato all’Italia una statua della dea Atena del V secolo a.C. e un’anfora dell’VIII secolo a.C.
La collezione del Vaticano comprende invece una testa di cavallo, una testa di un giovane e una testa maschile più anziana con la barba. La testa del giovane era stata già prestata alla Grecia per un anno, nel 2008. La testa del cavallo proviene dal frontone occidentale dell’edificio, sul quale era rappresentata la disputa tra Atena e Poseidone per il dominio dell’Attica; nel frammento è stato identificato uno dei cavalli della quadriga di Atena. Nel rilievo con testa di fanciullo è stato riconosciuto un personaggio presente nel fregio che avvolgeva la cella del tempio: un portatore delle focacce che venivano offerte durante la processione delle Panatenee in onore di Atena. La testa maschile barbata è stata invece attribuita a una delle metope del lato meridionale dell’edificio, dove era raffigurata una Centauromachia.
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