750 reperti archeologici, trafugati ed esportati illecitamente all’estero, sono tornati in Italia, a seguito delle indagini del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, mirate a contrastare il traffico internazionale di beni culturali. Databili su un lungo periodo, compreso tra l’VIII secolo a.C. e l’epoca medievale, il valore complessivo stimato degli oggetti ammonta a 12 milioni di euro. La presentazione dei reperti si è tenuta oggi, al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
Coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, le indagini sono fociate anche in una procedura extragiudiziale e in una causa civile, condotta in stretta collaborazione con il Ministero della cultura attraverso l’Avvocatura Generale dello Stato. I reperti, provenienti da scavi clandestini sul territorio italiano, erano confluiti in una società inglese in liquidazione, la Symes Ltd, riconducibile al famigerato Robin Symes, importante trafficante di beni culturali, una volta considerato il commerciante di antichità più noto e di maggior successo di Londra, con contatti con collezionisti e musei di alto profilo, come il J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
La consegna è stata possibile grazie alle complesse trattative seguite dal Ministero della cultura (Ufficio III del Segretariato Generale, Ufficio Legislativo e Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio), in sinergia e stretta collaborazione con il Nucleo Tutela dei Carabinieri che, con la fattiva collaborazione dell’Ambasciata d’Italia a Londra, li hanno scortati in Italia. L’accordo per la restituzione è stato siglato l’11 maggio scorso. Nella stessa data un analogo accordo è stato sottoscritto dal Ministero della cultura della Grecia con la Symes Ltd per il recupero di altri reperti illecitamente esportati dalla Grecia. Un ulteriore gruppo di frammenti sarà oggetto di studio degli archeologici italiani e greci per risalire alla loro provenienza e procedere quindi alla restituzione ai rispettivi Stati. Altri 71 reperti, attualmente negli Stati Uniti, verranno recuperati nei prossimi giorni dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.
L’insieme dei reperti non solo offre uno spaccato delle molteplici produzioni di varie aree del nostro Paese, su un arco temporale significativo, ma riflette anche la condizione critica di alcuni contesti archeologici, funerari, cultuali, abitativi e pubblici, oggetto di depredazione, concentrati in particolare nell’Etruria e nella Magna Grecia. Tra i pezzi più pregiati esposti a Castel Sant’Angelo, un tavolo tripode in bronzo proveniente da un contesto aristocratico dell’orientalizzante etrusco, due testiere equine da parata di ambito appulo-lucano, due pitture funerarie di area meridionale. E poi, per l’epoca romana, alcune teste virili in marmo di età imperiale, varie porzioni di statue e gruppi bronzei e, ancora, il dipinto parietale con raffigurazione di tempietto strappato con ogni probabilità da una residenza vesuviana.
I materiali riacquisiti comprendono anche vasi fittili, sia di produzione locale che di fabbrica attica e corinzia, in bronzo e in pasta vitrea, elementi del vestiario e monili in oro, argento, bronzo, osso e ambra, tra cui 26 collane ricomposte nella prospettiva dell’immissione sul mercato, armi, utensili e suppellettili, elementi della bardatura equina, coroplastica votiva e architettonica, sarcofagi, di cui uno in piombo con decorazione a rilievo, e urne funerarie, oggetti votivi e rituali, elementi di statuaria in bronzo, in marmo e in calcare, elementi architettonici e arredi in bronzo e marmo, decorazioni musive e dipinte.
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