Nuovi musei aprono: con l’avveniristico MUNA, il Perù riparte dall’archeologia

di - 6 Ottobre 2019

In Perù lo chiamano già “cattedrale della cultura” e si aspettano di vederlo aperto nel 2021, in occasione del bicentenario dell’indipendenza dello Stato andino: è il MUNA – Museo Nacional de Arqueología, 90% dei lavori ultimati, costruito a ridosso del santuario di Pachacámac, al chilometro 31 della vecchia Panamericana Sud, una quarantina di chilometri da Lima, in uno dei luoghi più sacri per gli antichi peruviani. Per l’apertura, tra due anni, è in agenda un’esposizione che dovrebbe riunire alcune grandi mostre che sono state allestite ultimamente al di fuori del Paese e che hanno portato nel mondo pezzi d’arte precolombiana, mai mostrati in Perù.

Concepito per integrarsi con il sito archeologico circostante e per richiamare lo stile architettonico preispanico, l’edifico del MUNA promette di essere uno dei più importanti siti museali del Perù e dell’America Latina, costruito con soluzioni di sostenibilità ambientale – pannelli del soffitto che regolano l’ingresso della luce, pareti di vetro protette da strutture frangisole che consentono il raffrescamento dell’aria –, in grado di adattarsi a molteplici esigenze espositive.

Nel racconto di questa opera colossale, si avverte tutto l’orgoglio nazionale di cui sono capaci in Perù, dove una nuova attenzione alla cultura, alla conservazione del patrimonio e alla sua comunicazione al mondo sono alcuni dei segnali più evidenti del percorso di sviluppo che sta interessando il Paese.

Luis Jaime Castillo Butters

E sembra che il deus ex machina di tutto questo investimento finanziario e politico in cultura (l’equivalente di 160 milioni di Euro per il solo Museo de Arqueología) sia l’attuale ministro Luis Jaime Castillo Butters, archeologo precolombiano, accademico di profilo internazionale, preminente esperto di tecnologie per l’archeologia, membro della National Academy of Sciences. L’idea di costruire un grande luogo dedicato alla conservazione dei reperti più preziosi risalenti alle epoche precolombiane è arrivata proprio da lui, al rientro da Goteborg, in Svezia, nel 2014, in occasione dell’inizio del processo di restituzione dei preziosi tessuti preincaici – dei sudari millenari – che, rinvenuti negli anni ‘20 presso la cittadina di Paracas, poco dopo contrabbandati e venduti, dagli anni ‘30 erano stati esposti nel museo della città svedese. La cura estrema con cui pochi pezzi erano conservati in Svezia in grandi spazi, ha convinto la politica peruviana a concepire un luogo adeguato e completamente sicuro per la tutela di tutti gli altri pezzi di storia, che non avevano una collocazione adeguata né per ampiezza né per sicurezza.

Particolare attenzione nel nuovo edificio è stata data, in questo senso, alla progettazione di sistemi di controllo della temperatura e dell’umidità, oltre che all’impianto antincendio, basato anche su un sistema che toglie ossigeno in caso di fiamme. In Sudamerica ha destato impressione l’incendio del settembre 2018, che ha distrutto il Museo Nazionale di Rio de Janeiro.

A partire dal 2024, si prevede che avranno traslocato a Pachacámac oltre 50mila pezzi appartenenti alle civiltà che abitarono il Perù fino alla conquista spagnola. Nei circa 70mila metri quadrati del museo, distribuiti su sette livelli, ci sarà dunque spazio per l’esposizione ma, soprattutto, per la conservazione, lo studio e la ricerca archeologica.

Arabel Fernández

È già pronto anche un piano per il training del nuovo personale, accordi e collaborazioni internazionali sono in vista, mentre sulla stampa nazionale si ipotizza il nome di una donna, Arabel Fernández, ora al Met di New York, come probabile candidata alla direzione.

E che, nonostante i ritardi e le polemiche scaturite in passato, il progetto del MUNA sia questa volta in dirittura d’arrivo, lo dimostra la recente visita presidenziale, a suggello del lancio di una realizzazione più che mai simbolica per il Perù.

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