Una nuova scoperta nel Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento: nelle ultime settimane è stata riportata alla luce una serie di straordinarie pitture parietali in stile pompeiano e una pavimentazione in cocciopesto e a mosaico perfettamente conservata. Le buone condizioni dei ritrovamenti sono dovuti alle stesse macerie dell’abitazione, che hanno ricoperto e conservato mosaici e pavimenti. Pavimenti e pitture si possono datare, a una prima analisi, a un rifacimento degli inizi del I secolo avanti Cristo. Si tratta di ambienti che appartenevano a un ceto gentilizio, gli stessi descritti da Cicerone nelle Verrine: stanze ricche di statue, tappezzeria, arazzi, argenti, con pareti affrescate e pavimenti a mosaico.
La scoperta è stata fatta durante la sesta campagna di scavo dell’Università di Bologna nel Quartiere ellenistico-romano di Agrigento, la stessa zona dove è stato scoperto il teatro. Il progetto di ricerca è stato avviato in collaborazione con il Parco Archeologico, sotto la direzione di Giuseppe Lepore del Dipartimento di Beni culturali del Campus di Ravenna. Dal 2016 e con cadenza annuale il team dell’Università di Bologna si è dedicato all’indagine di un intero isolato (il terzo del Quartiere), con particolare attenzione alla Casa III M.
È stata proprio quest’ultima a restituire un contesto che gli archeologi giudicano di altissimo valore scientifico, con pavimenti e pitture in perfetto stato di conservazione. «Si tratta di una scoperta unica nel suo genere. Questa casa è stata ristrutturata, insieme al resto del quartiere, tra la fine del III e gli inizi del II secolo avanti Cristo ed è stata dotata di un complesso sistema di pitture parietali e di pavimenti in cocciopesto e in mosaico, articolati addirittura su due piani», ha spiegato Lepore. «Ben presto, però, forse già nella prima età imperiale, la casa crolla (oppure viene demolita intenzionalmente), cosa che ha determinato il suo straordinario stato di conservazione visto che le macerie hanno “protetto” il pavimento».
L’abitazione, estesa per circa 400 mq, presenta una monumentale pastàs (ovvero uno spazio porticato), dal quale si accede ai tre vani principali, tutti disposti sul lato nord. È stato l’ambiente centrale a riservare le maggiori sorprese durante questa campagna di scavo: ha infatti restituito, al piano terra, il pavimento in cocciopesto con inserti di pietre colorate che formano una decorazione a meandro. Le macerie che occupavano interamente lo spazio del vano hanno salvato numerose porzioni del pavimento del piano superiore (un mosaico policromo sempre con motivo a meandro) e le relative pitture parietali, “in stile pompeiano”.
«Speriamo possano continuare le ricerche», ha commentato Roberto Sciarratta, direttore della Valle dei Templi, che ha fatto riferimento anche al nuovo percorso che collegherà direttamente la Collina dei Templi e le terrazze superiori della città antica, dove si trovano il Quartiere e il museo archeologico “Pietro Griffo”, oltre all’area degli edifici pubblici dell’area centrale, fino all’ipogeo Giacatello. «I lavori dell’Università di Bologna, di cui condividiamo gli obiettivi, si inseriscono dunque pienamente nella programmazione del Parco, volto ad ampliare l’offerta culturale ed a comunicare al meglio il proprio patrimonio», ha continuato Sciarratta. I lavori sul campo riprenderanno l’anno prossimo, ma nel frattempo il gruppo di lavoro coordinato dal professor Lepore continuerà a lavorare e studiare i materiali rinvenuti all’interno del crollo e la ricomposizione delle pitture parietali e dei frammenti di mosaico.
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