Siamo abituati a pensare che il riciclaggio sia un metodo della modernità, sviluppatosi per ridurre l’impatto umano sull’ambiente. Nuovi studi sugli scavi di Pompei dimostrano, invece, che già in epoca romana esistevano sistemi di smistamento dei rifiuti, ideati per favorire un successivo riutilizzo dei materiali. Una scoperta che dimostra come l’archeologia, oltre a riportare alla luce oggetti di uso quotidiano, manifatti preziosi e affreschi dei gladiatori, spesso possa rivelare anche quelle abitudini del passato ancora valide nel presente.
In un’intervista per Hyperallergic, Allison Emmerson, archeologa della Tulane University, ha dichiarato: «Ho iniziato a pensare alla spazzatura a Pompei alcuni anni fa, mentre stavo lavorando alla mia tesi di laurea sulle tombe della città». Illustrando il sistema di gestione dei rifiuti utilizzato nell’antica città romana, l’archeologa ha spiegato che «Sin dai primi scavi del diciottesimo secolo, grandi pile di antichi rifiuti erano state scoperte fuori dalle mura di fortificazione di Pompei, dentro e intorno alle tombe che il diritto romano relegava nella stessa area. Le interpretazioni passate avevano visto questi cumuli di rifiuti simili alle moderne discariche, a significare la separazione tra la zona fuori dalle mura e la città al suo interno, arrivando persino a vedere le tombe vicine come abbandonate e non più visitate da amici e familiari del defunto».
Questa interpretazione, secondo Emmerson, è erronea, in quanto i rifiuti si presentavano in associazione con monumenti che erano ancora in uso, dove i vivi continuarono a seppellire i loro morti e tornare per una commemorazione regolare. Materiali come malta e gesso, piastrelle e cocci di anfore erano usati per costruire muri; le pile di materiale abbandonato dovevano essere rivendute all’interno della città. L’archeologa, per chiarire la sua scoperta, ha specificato che «Il sistema di gestione dei rifiuti di Pompei era guidato da una priorità diversa. I rifiuti venivano raccolti per il riutilizzo. I pompeiani riconobbero che, se raccolti in quantità sufficienti, i rifiuti diventavano un bene prezioso. Ciò che ha fatto funzionare il sistema è stata la loro volontà di vivere molto più vicino ai loro rifiuti di quanto molti di noi considererebbero accettabili oggi».
«I romani non hanno inventato il riciclaggio; il mondo moderno ha inventato il non riciclaggio», ha concluso l’archeologica, lodando gli usi dell’antichità e ammonendo i moderni. Gli studi della Emmerson sulle città romane sono esposti nel suo nuovo libro Life and Death in the Roman Suburb, che uscirà a breve.
Questa scoperta ci dimostra, ancora una volta, che l’antichità ha sempre qualcosa da insegnarci e, a discapito dei secoli, si rivela attuale, mostrandoci una soluzione necessaria da realizzare nell’immediato. Se già in età romana era possibile gestire il processo di riciclo dei rifiuti, perché ora, in piena emergenza climatica e in pericolo di sopravvivenza, non siamo in grado di fare lo stesso?
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