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architettura_mostre Brasilia Milano, Triennale
Architettura
21 aprile: la stessa data della fondazione di Roma. Così per Brasilia, nel 1960. Creare una città e renderla capitale. Un fascino speciale, con dibattiti aperti allora e ora...
cinquant’anni. Un compleanno importante. Mezzo secolo di vita per una città
capitale sorta dal nulla. I documenti in bacheca, le riviste che ricordano,
spiegando, commentando, tra entusiasmi e perplessità, hanno l’aria ingiallita,
mostrando i segni del tempo. Intorno, gigantografie dei palazzi realizzati da Oscar Niemeyer (Rio de Janeiro, 1907) e
frasi scritte in grande di chi ha partecipato a quell’avventura, ma anche di
chi ha studiato, analizzato, seguito Brasilia al suo sorgere e nel suo
sviluppo.
Lúcio Costa (Tolone, 1902 – Rio de Janeiro, 1998),
autore del Plano Pilota della città
che era stata sognata da Don Bosco, una strana profezia, nel 1964 ebbe l’incarico
di predisporre il padiglione del Brasile alla XIII Triennale di Milano dedicata al tempo libero: qui, tra amache
e chitarre, simboli e luoghi comuni della sua terra, mise a confronto due
fotografie, Brasilia 1957 e 1961, “a
suggerire che la stessa gente che passa il tempo libero nelle amache, quando il
tempo stringe è capace di costruire in tre anni una capitale nel deserto”.
Vero. Ma. Diverse
furono le voci critiche: in Italia, in particolare Bruno Zevi non usò toni sfumati e nel ‘59, mentre ancora fervevano
i lavori, scriveva per Brasilia di una specie di Eur, ugualmente lugubre, che
stava nascendo senza i tempi giusti per pensarla e costruirla, destinata nel
tempo a denunciare l’artificio delle sue origini, senza potersi mai radicare
realmente.
E c’erano
naturalmente anche i dubbi legati ai costi dell’operazione. Di tutto questo si
rende testimone la mostra, e il catalogo, ricco di dati informativi, ospitando
anche le immagini di quanto esposto, compresi i francobolli commemorativi, le
monete con le immagini di alcuni palazzi, la pubblicità di una macchina e di un
aereo nominati Brasilia. Ma anche di
sigarette e mobili. Brasilia: una parola capace da sola di evocare il piacere
della ricerca, della sperimentazione, di quanto era possibile chiamare “moderno”.
La figlia di
Juscelino Kubitschek de Oliveira, presidente del Brasile dal ‘56 al ’61, è
diventata architetto, ed è lei a ricordare come sia stato il padre a voler
tenacemente la nascita di questa nuova città, che è ormai storia. In mezzo, poi,
gli anni della dittatura. Niemeyer a lungo in esilio. Trasformazioni: anche per
le idee architettoniche. Gli edifici come memoria solidificata di altri tempi.
Capaci comunque di trasmettere ancora il sentimento della grande impresa.
In mostra c’anche
un video dove persone che vivono in quartieri degradati raccontano rassegnati
di come il mondo “altro”, delle riviste, delle università, spieghino il rap o l’hip-hop.
A distanza: come quei vasti palazzi allora tanto arditi. Significativa in
particolare l’immagine della torre della televisione dove, nella parte
sottostante, tra linee di cemento dritte e ricurve, si vedono delle bancarelle
da mercato con abiti e souvenir.
Contemporaneo
brasiliano
valeria ottolenghi
mostra visitata il 4 gennaio 2010
dall’undici novembre 2010 al 23 gennaio 2011
Brasilia. Un’utopia realizzata. 1960-2010
a cura di Alessandro Balducci,
Antonella Bruzzese, Remo Dorigati e Luigi Spinelli
Triennale
Viale Alemagna, 6 (Parco Sempione) – 20121 Milano
Orario: da martedì a domenica ore 10.30-20.30; giovedì ore 10.30-23
Ingresso: intero € 4; ridotto € 3/2
Catalogo Electa
Info: tel. +39 02724341; fax +39 0289010693; www.triennale.it
[exibart]