Roma si concede al suo meglio nella luminosità del pomeriggio. Una temperatura che dagli anni ‘50 si accorda sui progetti di
Luigi Moretti. Le sue architetture offriranno le sensazioni di un’intimità appartata e borghese attraverso l’eleganza socchiusa del Girasole di viale Bruno Buozzi, assieme a quelle di una consuetudine più popolare al vivere assieme espresse dal villino Astrea di via Jenner e in forma urbana dai quartieri del villaggio Olimpico, tra il Flaminio e i Parioli, e di Decima lungo la via Ostiense e dopo l’Eur.
L’obiettivo sovraesposto, da cinegiornale Luce, racconta di un modo luminoso più severo, che accentua le scansioni del Foro Mussolini e ci ricorda che Luigi Moretti fu giovanissimo architetto del principe. Progettista della Palazzina della GIL in viale Induno, della Casa delle armi ancora al Foro Mussolini. Vero capolavoro della città con la sua incredibile sala della scherma, intristito da un uso di decenni come tribunale. Moretti fascista e arrestato nel dopoguerra. Moretti oscurato dall’accademia. Non crediamo di nessun interesse muoversi ora su queste facili definizioni. Qui è questione di bellezza. Dalla redazione de
I valori della modanatura del 1951 sulla sua “Spazio”, vale la pena soltanto seguire la presa della luce sulle sue superfici.
E infatti cerchiamo sponda a un estremo culturale di Luigi Moretti. “
Fu sentimento antichissimo che gli dèi si lasciassero di tratto in tratto vedere dagli uomini”, scriveva nel 1815 Giacomo Leopardi, il più bel passo del saggio -ci ricorda Pier Paolo Pasolini nella introduzione al tema metafisico di
Petrolio– è quello intitolato
Del Meriggio e ha come oggetto l’ora stessa in cui “
il sole sembra imbrunire per il calore”. Ed è in quest’ora che l’apparizione degli dèi è più terrificante e sublime. Ed eccoli questi demoni di pietra circolari da favola meridiana apparire sui tetti. Eccoli pesare. Negli edifici di piazzale Flaminio, nella palazzina San Maurizio a Monte Mario, nella sistemazione del complesso termale di Fiuggi, fino sul Watergate di Washington. Eccoli sospendere il tempo.
E poi la complessità di una vita e del lavoro a centinaia di progetti e realizzazioni, di relazioni e interessi non sintetizzabili se non attraverso due estremi: il procedere sempre parallelo all’arte contemporanea della sua ricerca fin dai tempi del primo studio da studente in via Panisperna e la sostanziale “invenzione” del termine “
architettura parametrica”. Proprio in questi giorni, in occasione dell’ultima delle manifestazioni promosse dall’Archivio centrale dello Stato e coordinate da Luisa Montevecchi, veniva ricordato infatti il lavoro comune nell’ambito della ricerca operativa di Moretti con il matematico De Finetti. “
De Finetti sempre proteso verso l’alto, Moretti calamitato verso la terra, dalla quale traeva la sua forza”, scrive Sergio Bertugli. È questa immagine ctonia che rivela la radice della potenza delle sue architetture, quando queste arrivano a esporsi al sole.
Torniamo allora a questo 1954 romano, in cui attori così distanti condividevano lo stesso sogno sensuale di concretezza, luce e spontaneità mediterranea. Pasolini, arrivata la sua “
estate senza stipendio“, la sera scriveva agli amici: “
Eppure in questo momento in cui ti scrivo, non so perché sono allegro. Domani è domenica, andrò a Ostia, mia madre di là mi sta preparando il mangiare, la finestra alle mie spalle è aperta sulla caldissima e antichissima notte di Rebibbia, e tutte le radio degli appuntati dei carabinieri strepitano con accenti atrocemente e dolcemente nostalgici. Quando della vita si è consumato tutto, resta ancora tutto”. E qualche settimana dopo: “
Tu sapessi cosa è Roma! Tutta vizio e sole, croste e luce… Sono perduto qui in mezzo, ed è difficile per me e per gli altri ritrovarmi”.
Nelle stesse settimane, Luigi Moretti raccontava della prima delle case da lui realizzate a Santa Marinella,
La Saracena: “
Vi è come una memoria della Zisa di Palermo e delle case egee. Tutta la casa è come immersa in una atmosfera di sogno. La superficie di tutte le sue pareti è scabra come incastrata da secoli in un mare strano e luminoso. Vibra in ogni suo punto e quasi trema nell’aria”. E davvero pensiamo che questo edificio, la sua superficie e l’ombra delle linee che la segnano, i suoi ornamenti famosi, conservino una lezione impossibile a esaurirsi.
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ecco. questa mi pare una posizione coraggiosa e libera. sono sicuro che nessuno confonderà il secondo articolo su moretti da parte della vostra testata - in un momento di svolta a destra della politica romana - con un atto di facile piaggeria o di opportunismo. qui è sempre solo una questione culturale. e di bellezza.
e bellissimo era il momento sui demoni meridiani. ed appropriato.
emanuele stella
Ho conosciuto Moretti quando ero ragazzo e rimpiango la perduta occasione di lavorare nel suo studio. C'erano anche confluenze culturali molto forti... e fui io a disegnare la testata di Linea (o di Spazio? è passato tanto di quel tempo che non lo ricordo nemmeno più). Condivido quanto affermato nell'articolo di Diffuse. Nemmeno la politica e il giudizio (peraltro ambiguo) di Bruno Zevi hanno potuto diminuirne lo spessore architettonico e culturale.
Ho visitato due volte la mostra su Moretti che ho avuto il piacere di incontrare più volte grazie a mio padre. Sergio Bertuglia li ha ricordati insieme ed avrei piacere di poterlo contattare. Sto scrivendo sulla rivista Controluce una serie di articoli per ricordare entrambi,legati da profonda reciproca stima.
E' un piacere ricevere la sua attenzione Fulvia de Finetti. Ho partecipato al convegno conclusivo delle celebrazioni di Luigi Moretti quasi esclusivamente per ascoltare Antonella Greco e le poche frasi di Sergio Bertuglia e cercherò di metterLa incontatto con lui.
Luca Diffuse / also available architecture