La scommessa su alcune parole chiave di
Kazuyo Sejima (Ibaraki, 1956; vive a Tokyo) in
realtà è già stata vinta. Infatti, in un articolo pubblicato su Exibart e
dedicato alla precedente mostra di architettura, esauriti dalla direzione di
Aaron
Betsky – che
riciclava temi e personaggi usurati da quindici anni di rendering
testosteronici -, ci si augurava che Sejima ne fosse l’erede. Eccoci ora
soddisfatti anche riguardo il tema che da lei avremmo preteso. La parola
compare alla prima riga del suo comunicato stampa: “
atmosfera”.
Atmosfera. Kazuyo Sejima ci richiederà di calibrare
la nostra sensibilità ambientale, settandola su spazi densi e luminosi. Su
atmosfere lontane una cultura e mezzo dalle procedure autistiche indotte dal
fotorealismo di chi ancora pronuncia il termine Autocad o v-ray magari più di
una volta l’anno (il massimo lecito). Potrebbe venire in mente la possibilità
di uno spazio immersivo, la cui intensità abbia a che fare con l’offerta di
approcci più rilassati e meno concentrati, magari a bassa definizione.
Architettura parco. “
In un parco puoi decidere
di stare con un gruppo di persone ma, contemporaneamente, qualcuno può stare
accanto a te da solo, leggendo un libro o semplicemente sorseggiando un succo
di frutta. Mi piace quella sensazione negli edifici pubblici”. È il modello spaziale di
quest’approccio più lieve e naturale. “
Il parco è uno spazio pubblico
condiviso in cui la gente si incontra mentre, contemporaneamente, gruppi di
individui mantengono la loro identità in maniera indipendente. Il parco è un
modello spaziale in cui la sfera pubblica e quella privata si incontrano e
stanno in relazione grazie ad un blando legame” (Luca Diffuse & Mariella
Tesse,
Sanaa. Bellezza disarmante,
Marsilio, Venezia 2007).
Pubblico-privato sono solo uno dei dieci
ossimori elencati nel comunicato stampa dei nostri sogni. Una volta capito il
gioco, è facile comprendere che l’interesse – più che nello scegliere uno degli
estremi – è nel gradiente, nella sfumatura che si genera.
Diagrammi. È il metodo Sejima/
Sanaa. Registrare una visione intuitiva
della società e tradurla in schemi orientati a modelli comportamentali non
ancora codificati. A partire da queste istanze del vivere contemporaneo, i
layout planimetrici prendono in considerazione lo svolgersi delle azioni
campionando le possibili relazioni fra le attività. I pochi e rarefatti
elementi architettonici di progetto contribuiscono a generare inaspettate
possibilità dell’agire. La pianta-diagramma è il teatro delle operazioni.
Kazuyo Sejima ha 54 anni. Studia
architettura dopo aver visto la sky house disegnata da
Kiyonori Kikutake nel 1958, aggiungendo un anello a
una catena elettiva che vede
Toyo Ito lavorare cinque anni assieme a Kikutake e poi
Sejima sei per Toyo Ito (da tenere quindi d’occhio tanto
Florian Idenburg – otto anni da Sejima – e
Junya
Ishigami come
possibili anelli successivi).
Due passaggi: nel 1995 si complica
la vita con Sanaa (con
Ryue Nishizawa), arrivando a tre studi professionali almeno formalmente
autonomi in due piani dello stesso edificio a Tokyo. Il cambio di scala
professionale, forse proprio in occasione della 7. Mostra internazionale di
architettura della Biennale nel 2004 con
City of girls, l’allestimento del padiglione
giapponese.
Sono suoi il Christian Dior Flagship Building sul viale Omotesando a Tokyo, il 21st Century Museum of
Contemporary Art a Kanazawa, la Zollverein
School of management and design a Essen, in
Germania, e il New Museum of Contemporary Art a
New York.Nel 2009 Sanaa ha realizzato il
padiglione annuale della Serpentine Gallery.