Il convegno, svoltosi lo scorso 28 febbraio presso la Triennale di Milano per la prima edizione di Paalma, ha premiato il
Chiostro della Pace di
Enzo Cucchi ed
Ettore Sottsass, ed è stato un’occasione di dibattito su come arte e architettura interagiscano e con quali esiti verso lo spazio.
Punto di partenza i versi di Goethe:
“Il campo il bosco e la roccia / e i giardini sono sempre stati per me / solo uno spazio / e tu, mia amata, li trasformi in luogo” (
Sommer). E la riflessione che ne segue:
Che cosa trasforma uno spazio in luogo? Alla domanda hanno risposto un artista, un architetto, un geografo e uno storico dell’arte.
Alberto Garutti ha raccontato la storia di un intervento di ristrutturazione, di cui è stato protagonista nel 2000, nel comune di Colle Val d’Elsa. Secondo il suo parere, il primo passo, in qualsiasi progetto, consiste nel relazionarsi con la città, intesa come sistema di relazioni; confrontarsi, quindi, con i cittadini che formano la città stessa. Il luogo di Garutti è il frutto della costruzione di un incontro fra arte e realtà della vita cittadina.
Stefano Boeri ha ricordato Ettore Sottsass, “
un gigante che sapeva dimensionare gli spazi”, e la sua scomparsa, ancora troppo recente per poter ragionare sulla sua dimensione artistica. Dopo l’omaggio al maestro, con un intervento sintetico ma essenziale Boeri ha risposto al quesito iniziale. Ricorrendo a un esempio di passaggio da spazio a luogo: il
Cretto di
Alberto Burri a Gibellina.
Il geografo Franco Farinelli ha analizzato l’importanza del territorio partendo dalla sua definizione etimologica fino ad arrivare all’importanza, per l’artista/architetto, della conoscenza del suolo. Solo imparando a leggere la topografia del territorio è possibile inserirsi in modo naturale nel contesto. In questo modo, lo spazio diventa luogo. Lo storico Fulvio Irace ha iniziato con un breve exurcusus sul rapporto fra arte, architettura e città, su come queste relazioni abbiano creato tensioni negli anni del fascismo, anni in cui l’arte aveva una collocazione precisa e l’architettura realizzava edifici metafisici; passando agli anni ’50 borghesi, in cui l’arte perdeva identità e si iniziava a indagare sulla dimensione dello spazio (
Fontana), fino ad arrivare alla difficoltà odierna, in cui il concetto di “pubblico” sembra ormai perso e gli interventi urbani si sono ridotti a un semplice abbellimento funzionale.
Il dibattito è stato chiuso dalle parole dello stesso Sottsass, lette con commozione da chi ha vissuto i lavori del Chiostro della Pace, e dall’intervento conclusivo di Salvatore Lacagnina, direttore della Galleria civica di Siracusa. Appare un’architettura come grande metafora della vita, che ha permesso al maestro di entrare in contatto con il cosmo e con il cielo. Il paesaggio in cui Sottsass inseriva i propri progetti lo suggestionava a tal punto da compiere, per reazione, un processo di sottrazione. E definisce il chiostro progettato con Enzo Cucchi un luogo fatto di silenzio, che permette di tornare a se stessi, fino a raggiungere il paradosso dell’isolamento.