Dopo
Ideal City-Invisible City nel 2006, il Modem presenta a partire da oggi
Megastructure Reloded. Seconda mostra frutto delle ricerche
Utopie Revisited, promosse dalla European Art Project. Perché ricaricare ancora alla memoria esperienze archiviate come visionarie? Perché, soprattutto, rivederle in una dimensione reale e contestuale? Nel ricercare applicazioni inedite di questo materiale ormai storico, centrale il ruolo della curatrice Sabrina Van der Ley (già curatrice di
Ideal City-Invisible City) verso scenari cyberpunk o il recupero di temi cari al progetto urbano contemporaneo, quali la
Grande Scala e il
Town design.
Da
Archigram ad
Archizoom, da
Gordon Matta-Clark all’immancabile
New Babylon dell’olandese
Constant Nieuwenhuys, ci sono tutti (o quasi) i promotori del visionarismo dei decenni ’50-‘60. Profeti della civiltà dello svago e dello spettacolorismo architettonico in anni cardine per la cultura pop, segnata da importanti rivoluzioni culurali e trasformazioni sociali, ma fortemete fiduciosa nel progresso tecnologico.
Nonostante il mezzo secolo che ci separa da quegli anni, assolutamente attuali risultano gli interrogativi promossi dalla curatrice, che non manca di accostare a quelli gli esperimenti proposti da una parte dell’ultima generazione di artisti. Tutti provenienti dai campi della visual art di area mitteleuropea sono i nomi selezionati nel catalogo multimediale ispezionabile in rete ben prima dell’inaugurazione.
In mostra una ricerca artistica contemporanea fortemente debitrice verso le provocazioni dei padri. Superando quel limite legato al tempo e alle circostanze, l’arte -sempre attenta a risentire dei traumi inflitti alla civiltà contemporanea- riesce a materializzare le sue visioni non più semplicemente disegnandole. Da
Letter from the new world to the old world di
Simon Dybbroe Moller a
High Plane di
Katrin Sigurdardottir, la strada seguita è quella dell’interazione con i frammenti di quel linguaggio. Nuove cupole geodetiche, scale che attraversano verticalmente gli spazi del Modem, prelievi in scala gigante delle strutture del gruppo fiorentino
Superstudio: questa è l’ambientazione dell’esposizione curata da
Dennis Crompton.
Superata ormai la sua dimensione XL -promossa e accettata all’inizio degli anni ’90 da un folto gruppo di architetti olandesi capeggiati da
Rem Koolhaas– il progetto urbano si ri-evolve in formato XXL verso una
Over Size City, tutta nuova ma assolutamente reale. Dall’ultima Biennale di Venezia che invita a Vema (una Città Ideale insediata tra Verona e Mantova in funzione dello sviluppo industriale del Norditalia), ai quartieri residenziali in fase di realizzazione di
Steven Holl a Pechino, chiusi in spugne urbane inter-conesse, la città torna a realizzarsi risentendo, in maniera sempre più esagerata, delle contraddizioni della civiltà contemporanea.
Specialmente oggi, quando il discorso sulla gestione dello spazio pubblico, la forma e lo sviluppo urbano è ancora governato da termini come Megalopolis e Città Compressa, il risultato è un significativo contributo per il progetto delle aree metropolitane e per la storia dell’arte, che potrà sedurrre chiunque è interessato allo studio di ideologie del passato e al disegno di possibili visioni del domani.