Zaha Hadid è sempre andata ad “alta velocità”. Le linee dei suoi progetti hanno sempre suggerito la metafora della corsa, veloce, slanciata, fuggente. Ebbene questa corsa ha segnato un’altra tappa, la più a sud fino ad ora insieme alla stazione marittima di Salerno. La matita mentale della Hadid è arrivata fino ad Afragola, nello sterminato internland partenopeo, ed ha lasciato sul foglio un segno vincente. Una stazione ferroviaria a forma di saetta, che ricorda ai suoi estremi il muso di un pendolino o anche la traiettoria di un treno in corsa.
A dire il vero questa corsa aveva subito una frenata a Firenze, dove la Hadid, impegnata anche qui con il concorso per la stazione AV, aveva imprigionato l’idea di moto associata al tema della progettazione ferroviaria in una sorta di bozzolo introverso, statico e impenetrabile. È stato solo un arresto di passaggio comunque, perché ad Afragola l’irachena è passata veloce volando su nomi del calibro di Peter Eisenman, Rem Koolhaas e Dominique Perrault e ha convinto all’unanimità la giuria presieduta da Oriol Bohigas.
Rispettati i parametri logistici dell’impresa: preventivo finanziario di 61 milioni di euro di spesa complessiva, cinque anni di lavori, consegna entro la fine del 2008. La nuova stazione AV di Afragola occuperà un’area di ventimila metri quadrati e ospiterà, oltre agli spazi specificamente destinati ai viaggiatori, un parco naturalistico con laboratori ad alta tecnologia, destinato a riqualificare l’area, strutture per la sperimentazione agricola, attrezzature per lo sport di base, centri commerciali ed espositivi.
Affiancherà la stazione di Napoli Centrale consentendo ai passeggeri diretti nell’hinterland il cambio dai treni della nuova linea Alta Velocità Roma-Napoli a quelli del trasporto regionale o a quelli della circumvesuviana. Ad Afragola si fermeranno anche i treni diretti verso sud evitando il nodo di Napoli.
Un ponte sopra i binari annuncia l’ingresso alla città partenopea. Segno intenso su un territorio dalla forte personalità, la stazione è pensata come un attraversamento sopraelevato, fino a raggiungere i nove metri nel suo punto più alto, che assecondi la continuità del tessuto urbano sottostante.
Calcestruzzo e vetro, la struttura si inclina morbida e suadente alle estremità per accogliere il flusso dei passeggeri che, dalla grande hall centrale del ponte, attraverso scale e rampe mobili, sono indirizzati verso i treni.
Flusso dei passeggeri. Flusso dei movimenti. Nelle tavole della Hadid si riconferma come la sua architettura prenda forma dai movimenti di chi la abita. Dinamica, flessuosa, contemporanea, la danza delle linee e dei volumi genera una regia di scene spaziali elegante e vivace.
Il taglio centrale del ponte diventa il polmone di questa simbiosi: un grande vuoto su tre livelli suggerisce l’idea di un organo che respira e che pulsa mentre si muove sinuosamente.
Nota caratteriale dello spartito progettuale della Hadid, quasi cifra della sua idea di dinamismo architettonico, il moto dell’architettura non si spezza mai e ancora una volta, come nella maggior parte dei suoi progetti, la continuità strutturale tra il tetto e le pareti interne è assicurata. Abito di questo taglio è un’ampia vetrata a shaders che dirige un’altra danza, amica di quella dei volumi, che ha per protagonista la luce.
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francesca oddo
[exibart]
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