Categorie: Architettura

architettura_progetti | Osmosi architettonica in Hyde Park

di - 12 Giugno 2003

Il padiglione dell’architetto giapponese è più simile ad una scultura che a un edificio. È un’architettura libera da dogmi, votata ad una socialità che specifica i suoi messaggi nell’evidente desiderio di colloquio con l’atto scultoreo, così come nella volontà di catalizzare la luce, l’aria, l’ambiente circostante e i suoi colori.
In questo senso è un’architettura osmotica, permeata perché permeabile, che filtra gli umori esterni e che su tale attività respiratoria fonda la sua ragion d’essere.
L’architettura si è liberata dai vincoli del linguaggio tradizionale, dichiara le sue potenzialità espressive ed espressioniste, s ottolinea una raggiunta maturità di intenti perché dimostra di poter fare a meno dell’immaginario architettonico collettivo.
Racconta Ito: “(…) l’ipotesi di realizzare un’opera temporanea è stata per molti aspetti liberatoria. In una situazione simile, infatti, non è necessario essere rigorosi per quanto riguarda le funzioni, né c’è da preoccuparsi di come la struttura sopporterà il passare del tempo. Inoltre, mi sembrava che questa fosse una buona occasione per esprimere nella maniera più chiara quello che, di solito, posso solo immaginare”. (Ito T., Architettura o non-architettura? L’architetto e l’ingegnere, in Casabella, Arnoldo Mondatori Editore, Milano, 2003, n. 711, pp. 4-13).
La Serpentine Gallery è un colpo d’occhio. Suggestiva la danza che le innumerevoli linee bianche conducono apparentemente lungo traiettorie casuali, in realtà derivate da un esperimento matematico-artistico, connubio evidentemente possibile, di Cecil Belmond, capogruppo di Ove Arup. Quelle linee sono figlie dell’algoritmo di un cubo c he si espande mentre ruota. Il movimento intorno al baricentro genera un disegno che ammalia Toyo Ito…che da architetto subito lo immagina in alzato. E lo progetta. E lo realizza. Nasce un’opera d’arte che parla il linguaggio della tecnologia e lo nobilita: il padiglione è una trama di pannelli di alluminio e vetro, una struttura a griglia di lastre d’acciaio di vario spessore concepite alla stregua di una scultura. La tecnologia delle costruzioni assurge alla dimensione metafisica del momento scultoreo.
Nelle note del progetto ancora qualcos’altro affascina lo spettatore. È la poesia dei colori. Che trasporta in un’atmosfera sensoriale appagante, piena, ricca dispensatrice di stimoli, quasi poco reale nella sua perfezione cromatica.
Il bianco candido del padiglione lo rende incontaminato, simile ad una navicella spaziale che pacifica e in cerca di scambio si poggia sul prato verde brillante (come accadeva a Poissy quando, fra il 1929 e il 1931, Villa Savoye, anch’essa prova di semantica scultorea, si adagiava sul prato dei suoi proprietari). Il suo candore, in effetti, denuncia la precisa determinazione di assorbire le tinte della tavola cromatica circostante. E così interroga il verde e contemporaneamente risponde al ceruleo del c ielo e all’incorporeo della luce, concedendo loro l’ingresso al suo interno. Sono le grandi superfici vetrate disposte anche in copertura che lo permettono.
L’architettura pulsa, parla, include e restituisce. È un essere vivente che ama il dialogo, capace di comprendere la ricchezza che ne deriva. Per sé stessa e per l’ambiente esterno.
Non rimane che attendere curiosi la notte. E di assistere all’effetto che il padiglione di Toyo Ito sortisce quando la luce, attrice di spicco nella scena progettuale, cederà la sua parte alle tenebre. L’architettura si trasforma in una lucciola che sollecita nuove forme di comunicazione.

link correlati
Serpentine Gallery Pavilion
Toyo Ito. Pavilion at the serpentine gallery
Serpentine Gallery Pavilion 2002: Toyo Ito with Arup
Biografia di Toyo Ito
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Toyo Ito architetto

francesca oddo

[exibart]

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