Il padiglione dell’architetto giapponese è più simile ad una scultura che a un edificio. È un’architettura libera da dogmi, votata ad una socialità che specifica i suoi messaggi nell’evidente desiderio di colloquio con l’atto scultoreo, così come nella volontà di catalizzare la luce, l’aria, l’ambiente circostante e i suoi colori.
In questo senso è un’architettura osmotica, permeata perché permeabile, che filtra gli umori esterni e che su tale attività respiratoria fonda la sua ragion d’essere.
L’architettura si è liberata dai vincoli del linguaggio tradizionale, dichiara le sue potenzialità espressive ed espressioniste, s
Racconta Ito: “(…) l’ipotesi di realizzare un’opera temporanea è stata per molti aspetti liberatoria. In una situazione simile, infatti, non è necessario essere rigorosi per quanto riguarda le funzioni, né c’è da preoccuparsi di come la struttura sopporterà il passare del tempo. Inoltre, mi sembrava che questa fosse una buona occasione per esprimere nella maniera più chiara quello che, di solito, posso solo immaginare”. (Ito T., Architettura o non-architettura? L’architetto e l’ingegnere, in Casabella, Arnoldo Mondatori Editore, Milano, 2003, n. 711, pp. 4-13).
La Serpentine Gallery è un colpo d’occhio. Suggestiva la danza che le innumerevoli linee bianche conducono apparentemente lungo traiettorie casuali, in realtà derivate da un esperimento matematico-artistico, connubio evidentemente possibile, di Cecil Belmond, capogruppo di Ove Arup. Quelle linee sono figlie dell’algoritmo di un cubo c
Nelle note del progetto ancora qualcos’altro affascina lo spettatore. È la poesia dei colori. Che trasporta in un’atmosfera sensoriale appagante, piena, ricca dispensatrice di stimoli, quasi poco reale nella sua perfezione cromatica.
Il bianco candido del padiglione lo rende incontaminato, simile ad una navicella spaziale che pacifica e in cerca di scambio si poggia sul prato verde brillante (come accadeva a Poissy quando, fra il 1929 e il 1931, Villa Savoye, anch’essa prova di semantica scultorea, si adagiava sul prato dei suoi proprietari). Il suo candore, in effetti, denuncia la precisa determinazione di assorbire le tinte della tavola cromatica circostante. E così interroga il verde e contemporaneamente risponde al ceruleo del c
L’architettura pulsa, parla, include e restituisce. È un essere vivente che ama il dialogo, capace di comprendere la ricchezza che ne deriva. Per sé stessa e per l’ambiente esterno.
Non rimane che attendere curiosi la notte. E di assistere all’effetto che il padiglione di Toyo Ito sortisce quando la luce, attrice di spicco nella scena progettuale, cederà la sua parte alle tenebre. L’architettura si trasforma in una lucciola che sollecita nuove forme di comunicazione.
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Serpentine Gallery Pavilion
Toyo Ito. Pavilion at the serpentine gallery
Serpentine Gallery Pavilion 2002: Toyo Ito with Arup
Biografia di Toyo Ito
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