Il Serpentine Gallery Pavillion del 2009, progettato da
Sanaa, ha da poco aperto al pubblico. Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa lo descrivono in questi termini: “
La tettoia riflettente s’increspa attraverso il sito, espandendo il parco e il cielo. Cambia a seconda del tempo atmosferico. Lavora come un capo d’attività senza muri, permettendo una vista ininterrotta del parco e incoraggiando l’accesso da ogni lato. È un’estensione riparata del parco, dove la gente può leggere, rilassarsi e godersi le piacevoli giornate estive”.
La progressione formale minima che Sanaa introduce a ogni nuovo progetto riguarda questa volta la copertura, che varia in altezza, esplorando la disposizione degli alberi nel parco e arrivando, in qualche passaggio, vicina al terreno. Una linea simile era già apparsa nell’ambito della China International Practical Exhibition of Architecture di Nanjing, lì per la necessità di seguire un terreno scosceso. Star del progetto, oltre all’ulteriore sottigliezza di pilastrini e superfici, l’intradosso a specchio del soffitto.
La capacità riflettente del padiglione è magari poeticamente efficace ma anche patinata a sufficienza e adatta alle inevitabili copertine e brevi news attorno a quest’appuntamento. La sensibilità applicata è inferiore agli altri “episodi parco” espressi con continuità da Sanaa, a partire dal park cafè nella prefettura di Ibaraki del 1997.
L’atmosfera appare meno tersa e il disegno complessivo più veloce rispetto ad altri lavori buoni per i vernissage, come quello dedicato ad
Arne Jacobsen e, soprattutto, l’allestimento del padiglione giapponese in occasione della Biennale di Architettura di Venezia del 2000, la
Città delle ragazze.
Perché parlarne? Per ritrovare la capacità quieta di Sejima e Nishizawa nel muovere l’attenzione di chi percorre i loro ambienti verso dettagli altrimenti minimi e script intimi e delicati. Capacità basata sulla produzione di scenari calibrati da decine di prove negli ambiti più diversi. I barbecue party multipli e monitorati, conclusione ormai celebre dei loro corsi universitari, sono una di queste occasioni, ma anche gli esperimenti di prossemica nella disposizione delle sedute all’interno del loro ufficio o le prove condotte in strada con cilindri di cartone improvvisati sulla differente resa ambientale di colonnine di varia larghezza, densità e altezza, avviate in occasione del progetto dell’
Instituto Valenciano de Arte Moderno.
Aspettiamo ogni episodio del loro lavoro proprio per valutare la differenza di tono narrativo che la prossimità di Sanaa riesce a innescare: in poche righe di comunicato stampa, infatti, Julia Peyton Jones e Hans Ulrich Obrist – direttori della Serpentine – spendono aggettivi come “
straordinario”, “
meraviglioso”, “
innovativo” (?)…
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