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28
novembre 2008
architettura_resoconti Ambiguous borderline Venezia, Giardini della Biennale
Architettura
Garden City, Mountain City, Island Garden, Plant House. Questi alcuni degli scenari possibili disegnati dall’architetto ex-Sanaa Junya Ishigami. In cui “l’architettura possa divenire ambiente e l’ambiente architettura”...
Gli approcci occidentali a cui siamo abituati affrontano da anni il problema della città e della sostenibilità, senza potersi svincolare da complessità e contraddizioni generate dalle molte forze presenti sul territorio: sociali, politiche, economiche, spaziali. Per pensare a forme di abitare che si basino su un nuovo rapporto fra uomo e natura si può anche tentare di portarle sullo sfondo e provare a rileggere, secondo i concetti di transitorietà e bellezza, la vita urbana, la trasformazione del paesaggio e l’ambiguità del reale.
Junya Ishigami (Kanagawa, 1974), collaboratore dello studio SANAA fino al 2004 e oggi giovane promessa dell’architettura giapponese, nonché autore dell’installazione del Padiglione del Giappone di questa Biennale di Architettura, ha ricoperto le pareti ai Giardini con rappresentazioni visionarie di città, in cui la morfologia degli insediamenti si adatta alle molteplici relazioni tra componenti naturali e antropiche e gli spazi abitabili si estendono nei giardini, fluttuando fra ambienti interni ed esterni.
Nella Forest City si esplora la scala urbana con alberi giganti, che riducono a miniature gli edifici. La Garden City è formata da plot, lotti di piccole isole distribuiti nella città, ognuna con il proprio sistema naturale (woodland and hill). Scrive Ishigami: “Un nuovo modo di pensare alle relazioni tra edifici e lotti e strade e spazi comuni”, con particolare attenzione verso il disegno della forma dei lotti e come questa sia strettamente connessa al disegno degli edifici. “Utopie realizzabili” (Yona Friedman) per reinventare la città contemporanea.
Le greenhouse all’esterno del padiglione sono un prototipo con cui è effettivamente possibile sperimentare i microsistemi disegnati sulle pareti interne. In questo giardino ricreato gli elementi utilizzati sembrano equilibrarsi senza sforzo. L’esperienza intima tra le serre, gli arredi di legno, l’odore della terra, la luce filtrata tra la moltitudine vegetale, selezionata dal botanico Hiduaki Ohba, e le foglie cadute dagli alberi e depositate sulle superfici vetrate. Memorie dell’Ikebana, l’arte di disporre i fiori, e dell’antichissima arte giapponese dei giardini.
Ishigami afferma che per “pensare all’architettura del futuro bisogna guardare indietro”. In altre parole, vuol dire interrogarsi sul modo di ripensare il proprio passato, su come tradire la tradizione per riscoprirla e riscriverla in tanti modi, affinché diventi valore aggiunto per la progettazione di spazi per il futuro. Modi meno rigidi di abitare, trasparenti, compatibili, in cui esterno e interno, vita di ogni giorno e processi naturali coesistono in serena continuità.
Forme di insediamento sostenibili, basate su un nuovo equilibrio fra spazio costruito e spazio naturale: “Lo spazio costruito e quello creato dalle piante hanno lo stesso valore”. Fragili equilibri la cui temporaneità va ristabilita e garantita giorno dopo giorno.
Junya Ishigami (Kanagawa, 1974), collaboratore dello studio SANAA fino al 2004 e oggi giovane promessa dell’architettura giapponese, nonché autore dell’installazione del Padiglione del Giappone di questa Biennale di Architettura, ha ricoperto le pareti ai Giardini con rappresentazioni visionarie di città, in cui la morfologia degli insediamenti si adatta alle molteplici relazioni tra componenti naturali e antropiche e gli spazi abitabili si estendono nei giardini, fluttuando fra ambienti interni ed esterni.
Nella Forest City si esplora la scala urbana con alberi giganti, che riducono a miniature gli edifici. La Garden City è formata da plot, lotti di piccole isole distribuiti nella città, ognuna con il proprio sistema naturale (woodland and hill). Scrive Ishigami: “Un nuovo modo di pensare alle relazioni tra edifici e lotti e strade e spazi comuni”, con particolare attenzione verso il disegno della forma dei lotti e come questa sia strettamente connessa al disegno degli edifici. “Utopie realizzabili” (Yona Friedman) per reinventare la città contemporanea.
Le greenhouse all’esterno del padiglione sono un prototipo con cui è effettivamente possibile sperimentare i microsistemi disegnati sulle pareti interne. In questo giardino ricreato gli elementi utilizzati sembrano equilibrarsi senza sforzo. L’esperienza intima tra le serre, gli arredi di legno, l’odore della terra, la luce filtrata tra la moltitudine vegetale, selezionata dal botanico Hiduaki Ohba, e le foglie cadute dagli alberi e depositate sulle superfici vetrate. Memorie dell’Ikebana, l’arte di disporre i fiori, e dell’antichissima arte giapponese dei giardini.
Ishigami afferma che per “pensare all’architettura del futuro bisogna guardare indietro”. In altre parole, vuol dire interrogarsi sul modo di ripensare il proprio passato, su come tradire la tradizione per riscoprirla e riscriverla in tanti modi, affinché diventi valore aggiunto per la progettazione di spazi per il futuro. Modi meno rigidi di abitare, trasparenti, compatibili, in cui esterno e interno, vita di ogni giorno e processi naturali coesistono in serena continuità.
Forme di insediamento sostenibili, basate su un nuovo equilibrio fra spazio costruito e spazio naturale: “Lo spazio costruito e quello creato dalle piante hanno lo stesso valore”. Fragili equilibri la cui temporaneità va ristabilita e garantita giorno dopo giorno.
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Junya Ishigami / Hiduaki Ohba – Extreme nature: Landscape of Ambiguous Spaces
a cura di Taro Igarashi
Padiglione del Giappone
Giardini della Biennale – 30122 Venezia
Orario: tutti i giorni ore 10-18
Ingresso: intero € 15; ridotto € 12/8
Info: tel. +39 063224754; fax +39 063222165; www.labiennale.org/it/architettura
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