Categorie: Architettura

architettura_riflessioni | Cross Light versus Hanging Lamp. È luce

di - 15 Aprile 2003

Le citazioni progettuali hanno avuto e continuano ad avere un ruolo determinante nelle vicende e nella scrittura della storia dell’architettura, come del design.
Un progetto nasce molto spesso da un’adesione alla linea di pensiero di un’artista che sentiamo come un maestro. Questo inizialmente, alle volte per tutta una vita.
Aalto pensa le sue prime architetture guardando ad Asplund, Mies van der Rohe ai maestri del neoclassicismo; allo stesso modo oggi Koolhas osserva Mies.
Sono poi gli individui dotati di una personalità creativa spiccata che crescono linguisticamente dando vita ad un pensiero autonomo che di quelle citazioni fa tratto colto e brillante del proprio progetto.
Pensiamo a Villa Dall’Ava (1998) di Koolhas. Progetto innovativo, tanto da suscitare le lamentele degli abitanti di Saint Cloud, esclusivo quartiere residenziale a pochi chilometri da Parigi, che nella casa realizzata dall’architetto olandese vedono una sorta di navicella spaziale posatasi in un luogo popolato di villette “in stile”. Esattamente come accadeva negli anni ’20 ad Utrecht, in prossimità di Amsterdam, quando Gerrit Rietveld mette in piedi quella che si rivelerà l’icona del Movimento Moderno olandese, la Schröderhuis.
Ebbene Villa Dall’Ava è ricca di citazioni, ma Koolhas è cresciuto, e quelle citazioni sono diventate motivo colto di un progetto frutto di un’idea assolutamente autonoma e personale.
Lo stesso processo accade spesso nel mondo del design.
Sono stata colpita dall’immagine di una lampada, la Cross Light (2002), progettata dallo studio MNO di Rotterdam.
Il collegamento è stato spontaneo e immediato: la lampada ha una spiccata somiglianza con la Hanging Lamp, realizzata nel 1920 da Rietveld, anche lui olandese, per lo studio del dottor Hartog.
La lampada di Jan Melis e Ben Oostrum è sospesa ad un filo, simile a quella di Rietveld, presenta due bracci cilindrici ortogonali fra loro, simili a quelli di Rietveld, le loro estremità sono trattate in modo da distinguersi cromaticamente dagli elementi tubolari, come accade, sia pure con accorgimenti diversi, nel progetto di Rietveld.
Citazioni. Che appaiono ancora più attendibili se ricondotte ad una cultura territoriale del progetto in comune.
E il gioco delle citazioni potrebbe continuare. La Hanging Lamp, infatti, è reinterpretata tre anni dopo da Gropius che la appende al soffitto del suo studio, al Bauhaus, semplicemente modificando l’accostamento degli elementi cilindrici. Ma qui il tentativo di citazionismo intellettuale scade nel banale, e diventa quasi copia per il mancato tentativo di decontestualizzazione dell’oggetto.
I due designers olandesi dello studio MNO hanno probabilmente guardato indietro nella storia, oppure, quasi in maniera subconscia, essa è riaffiorata nella loro memoria traducendosi in segno progettuale. Ma c’è di più. Anche loro hanno fatto passi autonomi. Sono cambiati i materiali, così come la scelta dei colori, è stato sfruttato il concetto di modularità per congiungere, attraverso le estremità dei bracci cilindrici, più lampade fra loro. Ancora, la Cross Light esiste in versione da tavolo e da soffitto.
Ma soprattutto è mutata la morfologia dell’oggetto. Gli elementi cilindrici qui si incrociano, nel progetto di Rietveld rimangono accostati, tangenti.
È ovvio che molte delle novità introdotte devono la loro realizzazione anche all’introduzione di materiali e di tecnologie innovativi, quali il polietilene e la tecnica del roto-moulded.
Ma ciò che fa riflettere è come il progetto, di architettura o di design che sia, spesso conservi i motivi della storia, alle volte in maniera consapevole, altre in maniera indotta inconsapevolmente dal bagaglio culturale di ciascuno di noi.
La storia, quindi, guida il progetto e lo rende innovativo. Indirizza il processo creativo che, attraverso l’esercizio e la crescita personale, si fa originale mantenendo il suo tributo alla memoria.

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MNO Studio

francesca oddo

[exibart]

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