Categorie: Architettura

architettura_saggi | La storia sospesa

di - 4 Giugno 2003

Relazionarsi al mondo in cui si vive e confrontarsi con le molteplici forme di comunicazione è lo scopo di questi miei scritti. Essi nascono da un interesse per quei mondi espressivi che diventano parte di noi appena ci poniamo in ‘loro’ relazione. Le regole di questo continuo e instancabile ‘relazionarsi’ non esistono, ma abbiamo delle semplici indicazioni che per la maggior parte ci vengono regalate dall’architettura.
Un esempio d’immenso valore architettonico ed emblema di una realtà storica locale che leggeremo relazionalmente è la facciata della chiesa di Santa Croce a Lecce . Ci muoveremo secondo uno schema emozionale più che storico. Il protagonista diventa l’osservatore, attento alle testimonianze della storia.
Fermarsi di fronte ad un monumento, ad una piazza, ad un dipinto o ad una scultura diventa determinante per quello che andremo a scoprire. Isolare singoli episodi da una complessa moltitudine di elementi si rivela fondamentale. Le due componenti che descrivono questa azione attivano, ad un certo punto, un rapporto che definiremo relazionalità. Essa viene identificata come una distanza intesa nell’accezione di spazio fisico ‘attivo’ che s’instaura tra la facciata (oggetto emittente) e l’individuo (ricevente).
Gli elementi scultorei del prospetto sono capaci di scambiarsi le parti con l’osservatore, rispondendo a domande o formulandone visivamente altre. Come una mappa da interpretare per arrivare ad un prezioso tesoro, la facciata della chiesa di Santa Croce svela il suo messaggio nascosto e la sua affascinante drammaticità solo in una parte del giorno. Per la sua lettura infatti abbiamo bisogno di alcuni strumenti: l’espressività del materiale con cui è costruita, capace di assorbire la luminosità, come di rifletterla grazie ai suoi svariati trattamenti scultorei, la luce e la conseguente ombra.
La facciata racconta la storia raffigurata. La luce magnifica del sole allo zenit, fondamentale per il Barocco, permette una corretta lettura dell’opera scultorea e del ‘brulichio cesellato’, la cui fittezza diventa ‘suono’. L’ombra proiettata dall’elegante balcone determina la raffinatezza architettonica. Le tredici facce dei mensoloni-telamoni si coprono d’ombra e mostrano la loro grottesca espressione.
La facciata diventa per un attimo il palcoscenico verticale, il cui proscènio irrompe nella stretta strada. Inizia a questo punto lo spettacolo della trasformazione umana, la storia sospesa.
I capitelli del primo ordine di colonne raffigurano sirene, leoni, lupi, arpie,creature anfibie, idoli pagani osceni per il prospetto di una chiesa, ma estremamente naturali se visti secondo il significato che riassumono: speranza di fertilità in periodi difficili per una terra tanto generosa.
Chi pensa che questa facciata rappresenti solo la testimonianza di un periodo storico si sbaglia! È una dimensione immaginifica che ironizza sul mondo reale, una sensazione solidificata, un’architettura emozionale in una terra esaltata da una luce accecante tra suoni provenienti da strumenti lontani, dedicati a balli e canti propiziatori, e odori penetranti caratteristici di una mediterraneità che qui riconosciamo come caratterizzante.
I telamoni dalle facce orrende sono stati condannati a sopportare perennemente il pesante balcone, rimanendo i giullari dalle forme grottesche instancabili cantastorie che tramandano fatti ed eventi della storia di una popolazione.
Ma adesso sta arrivando un altro turista, è uscito dalla stradina e si è trovato ad un tratto di fronte alla chiesa. Osserva un’architettura, legge una storia. Non aveva previsto quest’incontro. Rimane bloccato, alza gli occhi… con aria attonita osserva stupito. Quella visione ha qualcosa di diverso… la luce, i segni, i colori… adesso e lì, fermo, quasi rapito…sospeso.
In questo momento, ne siamo sicuri, la facciata si esprime ancora, sta nuovamente raccontando la storia di tutti noi, in un silenzio e in un tempo tutto suo!

paolo marzano

[exibart]

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