Categorie: Architettura

Presentata la Biennale Architettura 2023: ecco come sarà “Il laboratorio del Futuro” firmato da Lesley Lokko

di - 21 Febbraio 2023

Il laboratorio del futuro” è il titolo della 18. Mostra Internazionale di Architettura, in programma dal 20 maggio al 26 novembre 2023. A firmarlo è Lesley Lokko, architetta, docente, scrittrice e curatrice e prima donna africana a dirigere la manifestazione dedicata all’architettura a Venezia. «Per la prima volta, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo», ha affermato la direttrice durante la conferenza stampa. «Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diremo cambierà qualcosa? E, aspetto forse più importante di tutti, quello che diremo noi come influenzerà e coinvolgerà ciò che dicono gli “altri”, rendendo la Mostra non tanto una storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo?».

Woman dancing across puddles, Osu, Accra, Ghana Credit: Festus Jackson Davis

Le urgenze della Biennale di Architettura 2023

Le ultime Biennali hanno fatto della consapevolezza dei temi improrogabili del mondo la loro priorità e il contrasto al cambiamento climatico è una di queste: la proposta che ha fatto ottenere alla Biennale di Venezia nel 2022 la certificazione di neutralità carbonica per tutte le proprie manifestazioni svolte durante l’anno, è la promozione di un modello più sostenibile per la progettazione, l’allestimento e lo svolgimento di tutte le sue attività. La 18. Mostra Internazionale di Architettura, che sarà la prima grande Mostra di questa disciplina a sperimentare sul campo un percorso per il raggiungimento della neutralità carbonica, riflettendo inoltre essa stessa sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione.

Andrew Ó Murchú Grassland Science Department, Carlow, Ireland 2021. Digital Photo Copyright of BothAnd Group

Biennale di Architettura 2023: i temi della mostra

«The Laboratory of the Future è una mostra divisa in sei parti. Comprende 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana. L’equilibrio di genere è paritario e l’età media dei partecipanti è di 43 anni, mentre scende a 37 nella sezione Progetti Speciali della Curatrice, in cui il più giovane ha 24 anni. Il 46% dei partecipanti considera la formazione come una vera e propria attività professionale e, per la prima volta in assoluto, quasi la metà dei partecipanti proviene da studi a conduzione individuale o composti da un massimo di cinque persone. In tutte le sezioni della Mostra, oltre il 70% delle opere esposte è stato progettato da studi gestiti da un singolo o da un team molto ristretto», ha spiegato Lesley Lokko, chiarendo come l’immaginazione sia il punto di partenza. «È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina», per rendere questa costruzione possibile bisogna confrontarsi direttamente su due grandi tematiche attuali, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, tematiche centrali della mostra, con cui si confrontano anche le opere dei giovani “practitioner” africani e diasporici, i Guests from the Future (Ospiti dal Futuro).

Liam Young/Unknown Fields, Atacama Lithium Mine, 2016, Film Still, HD 1920 x 1080px, Photographer Liam Young/Unknown Fields Courtesy of Liam Young Copyright Liam Young/Unknown Fields

Le sezioni della Biennale Architettura 2023

La manifestazione è divisa in sei sezioni: Force Majeure, Dangerous Liaisons, Special Projects Guest from the Future, Carnival, College, The Archive of the Future, per una mostra che, oltre alle consuete sedi di Giardini e Arsenale, si estenderà anche a Forte Marghera, a Mestre. Grande rilievo al mondo della formazione: si ricorda, infatti, che proprio sotto la direzione di Lesley Lokko è stato lanciato il bando internazionale per il College Architettura, il primo della Biennale di Venezia incentrato su questa disciplina, che ha registrato 986 candidature per i 50 posti disponibili . Oltre a studi giovani e affermati di architettura, durante la presentazione sono emersi anche i nomi di alcuni artisti internazionali, come Theaster Gates – già presente nel 2015 in Biennale con una partecipazione nazionale – e Ibrahim Mahama, autore ghanese già in Italia con installazioni realizzate per Fondazione Trussardi (Milano) e E.ART.H Eataly Art House (Verona). Un segnale che lascia presagire una Biennale in cui non mancheranno sperimentazioni al confine tra ambiti diversi.

Nuove partecipazioni e alcuni ritorni, tra le 63 nazioni che organizzeranno le proprie mostre nella città lagunare. È infatti alla sua prima partecipazione a Biennale Architettura il Niger, e in parte lo è anche Panama, che per la prima volta si presenta da solo e non con l’organizzazione internazionale italo-latino-americana. Vi è poi un ritorno, quello della Santa Sede, che dopo l’edizione 2018, ritorna a presentare un proprio Padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore.

Un percorso, quello della Mostra che inizierà dai Giardini, dove i padiglioni ospiteranno un distillato di force majeure, ovvero la forza maggiore della produzione artistica africana e diasporica, rappresentata da 16 studi,  una sorta di formazione per il visitatore che si sposterà poi nel complesso dell’Arsenale. Dangerous Liaisons (Relazioni Pericolose), è il tema che collega gli spazi dell’Arsenale con quelli di Forte Marghera a Mestre, dove le opere dei giovani “practitioner” africani e diasporici presentano «un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo». Un collegamento, quello tra l’Africa e Venezia, sancito anche da Carnival, il carnevale, un evento che, per l’importanza che assume in entrambe, unisce le due culture. Questo collegamento in The Laboratory of the Future è rappresentato da un ciclo di incontri, tavole rotonde, film, conferenze, che durante i sei mesi della mostra esploreranno i temi proposti, offrendo «uno spazio di liberazione ma anche di spettacolo e intrattenimento».

Thandi Loewenson, Still from Whisper Network Intelsat 502, 2022, Thandi Loewenson. Copyright Thandi Loewenson

Il cambio di paradigma alla Biennale di Architettura 2023

«Abbiamo scelto di  qualificare i partecipanti come “practitioner” e non come “architetti”, “urbanisti”, “designer”, “architetti del paesaggio”, “ingegneri” o “accademici”», per rispecchiare a pieno la situazione africana, un mondo in rapida ibridazione che richiede una comprensione diversa e più ampia del termine “architetto”. «Spesso si definisce la cultura come il complesso delle storie che raccontiamo a noi stessi, su noi stessi. Sebbene sia vero, ciò che sfugge a questa affermazione è la consapevolezza di chi rappresenti il “noi” in questione. Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti».

Lesley Lokko e Roberto Cicutto Photo Jacopo Salvi Courtesy of La Biennale di Venezia

Quale futuro alla Biennale di Venezia 2023?

The Laboratory of the Future sarà quindi una “una storia”, una narrazione che si evolve nello spazio, ma anche un momento, un processo che parte dal territorio d’origine della sua curatrice, l’Africa, per discutere di questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione, centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado. Il compito della Biennale di Venezia e quello di essere un punto di partenza di un cambiamento più ampio che faccia fare un salto di qualità nell’approccio di tutte le altre discipline. «Un laboratorio del futuro non può prescindere da un punto di partenza preciso, da una o più ipotesi in cerca di verifica», ha dichiarato il Presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto. «La Curatrice parte dal suo continente di origine, l’Africa, per raccontarne tutte le criticità storiche, economiche, climatiche e politiche e per dire a tutti “a noi è già successo molto di quanto sta accadendo al resto del mondo. Confrontiamoci per capire dove si è sbagliato finora e come va affrontato il futuro». E conclude, sottolinenando l’importanza dell’Istituzione veneziana all’interno della manifestazione, «credo che questo sia il vero compito della Biennale di Venezia come istituzione, e non solo per quanto riguarda l’Architettura. Da qui dobbiamo partire per cogliere l’occasione che ci consenta di fare un salto di qualità anche nell’approccio verso tutte le altre discipline».

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