Oscar Niemeyer (1907- 2012) è stato tra i più rivoluzionari e longevi ingegneri-architetti del XX secolo.
Nato a Rio de Janeiro, nel 1936 a Parigi, affascinato dai principi del movimento moderno nell’architettura, diventa collaboratore di Le Corbusier.
Con Lucio Costa, Alfonso Eduardo Reidy e altri architetti compagni degli esordi realizzano il progetto del Ministero dell’Educazione e della Salute di Rio De Janeiro (1943) affidato allo studio Costa e Carlos Leao, con la consulenza – appunto – del mitico Le Corbusier, guru francese del razionalismo di fama internazionale, che ha influenzato le architetture di questo gruppo di architetti brasiliani.
Ma ben presto Niemeyer si distingue dai dettami stilistici e funzionalisti di Le Corbusier, quando indaga le possibilità costruttive ed espressive del cemento armato nell’organizzazione plastica dei volumi architettonici; quando accanto alle griglie razionali, introduce curve empiriche ereditate dal barocco e linee sinuose ispirate anche ai paesaggi montuosi e fluviali del Brasile.
Lo caratterizzano le traiettorie ondulate e paraboliche che dinamizzano la chiesa di Sao Francisco de Assisis (1943), a Pampulha, Brasile, che per le sue forme innovative le autorità ecclesiastiche si rifiutarono di consacrare fino al 1959. Questa chiesa, all’epoca “non ortodossa”, ospita al suo interno la pittura murale di Candido Portinari che rappresenta Cristo come il salvatore di matti, poveri ed eretici. Con l’uso del cemento armato Niemeyer dona a questo materiale qualità espressive, costruttive e plastiche che ispirano anche l’architetto Pier Luigi Nervi, autore dell’ambasciata italiana in Basile (1977).
A distanza di sessant’anni sono contemporanee le ardite forme scultoree e architettoniche di Niemeyer, inventore Brasilia, che dichiarava: “l’angolo retto, oppure la linea retta, dura, inflessibile inventata dall’uomo, non mi attraggono. Mi attrae la curva libera, sensuale. La curva che vedo nei monti del mio paese, nei meandri dei fiumi, nelle onde del mare, nel corpo femminile che amo. Sono le curve a fare l’universo curvo di Einstein”.
Queste parole sono il manifesto poetico di Brasilia, la nuova capitale del Brasile costruita in soli quattro anni (dal 1956 al 1960) in un desertico territorio interno, nata dall’utopia di Juscelino Kubitschek de Olivera, il presidente del Basile (dal 1956 al 1961) che nel 1956 con il motto “ordine e progresso” sognava il riscatto di un paese uscito dall’incubo della dittatura. A Niemeyer fu affidato l’organizzazione di un concorso per la realizzazione della Nuova Città nel segno del mito del progresso tecnico-industriale.
Vince il concorso Lucio Costa, amico dai tempi dell’università, responsabile del piano urbanistico, mentre a Niemyer viene chiesto di realizzare gli edifici delle principali istituzioni: il Palazzo presidenziale e il Congresso, alcuni ministeri e la sbalorditiva Cattedrale, dalla struttura iperboloide formata da nervature in cemento protese verso il cielo, con diversi simbolismi moderni, dall’entrata ampia e illuminata dalla luce naturale.
Per capire Brasilia, critiche a parte, è necessario contestualizzala, poiché è la concretizzazione di una visione di grandiosa bellezza condivisa con il committente tra Niemeyer, Costa e Roberto Burle Marx a cui fu affidato lo studio del paesaggio.
La nuova Capitale del Brasile fu dichiarata patrimonio dell’Umanità nel 1987, lasciando un segno indelebile nella storia dell’architettura del Novecento con le sue curve e movimenti unici, introducendo nella progettazione la tecnologia che ha aperto la strada ad altri archistar postmodernisti.
Brasilia incarna la città ideale nata da un sogno e dall’utopia socialista di un futuro migliore in cui progresso e armonia procedono di pari passo, tratto dalle teorie funzionaliste urbanistiche di Le Corbusier, in realtà molto criticato per i suoi limiti di vivibilità. E infatti a Brasilia manca una scala umana che permetta di accorciare la distanza tra gli abitanti e la possente struttura scultorea, per questo affascinate, adatta per essere fotografata dai media e vista dall’alto.
Stupisce per il suo impianto monumentale d’impatto metafisico, in cui le parti architettoniche e infrastrutturali dialogano con il paesaggio, tra le meraviglie dell’architettura. Le vaste aree della città nuova, la scala monumentale dei grandi edifici governativi in cui l’uomo dovrebbe riscattare il suo ruolo politico, la scala residenziale della quotidianità e quella aggregativa, è stata concepita per l’automobile negli anni in cui il petrolio era abbondante e costoso. I quartieri sono ripartiti in base alle funzioni, le scuole, gli ospedali e i centri commerciali e tutto il resto risulta pianificato a freddo, su una carta dove gli abitanti sembrano esseri invisibili in un paesaggio artificiale, maestoso e suggestivo, dall’assetto planimetrico a forma di aeroplano attraversato da un asse principale, e monumentale in direzione est-ovest, da cui si dispiegano due ali residenziali verso nord-sud. Per conoscere passato e presente di Basilia, sorta nel deserto del Plantano, la costruzione e le critiche che la capitale ha suscitato post costruzione consigliamo di recuperare nell’archivio della Triennale di Milano, le immagini e la documentazione esposta in occasione della memorabile mostra “Brasilia. Un’utopia realizzata 1960-2010”, per festeggiare i suoi primi cinquant’anni. Brasilia è sempre contemporanea perché è il risultato di una volontà politica e architettonica espansiva del Brasile e di condivisione di una passione civile, tra uomini uniti dal pensiero di un’attitudine evolutiva dell’urbanistica nella speranza di un futuro migliore.
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…