Made in Italy? Un punto interrogativo che pone giustamente in evidenza il carattere ambiguo della produzione del design italiano diviso tra arte e commercio o forse solamente un accento ironico per sdrammatizzare la produzione del italiana che si prende spesso troppo sul serio?
La mostra allestita negli spazi della Triennale di Milano, di fianco alla mostra già visitata “La città e il design”, è divisa in quattro ambienti, curati rispettivamente da: Achille Bonito Oliva, Gae Aulenti e Luca Ronconi, Oliviero Toscani, Gaetano Pesce e Andrea Pezzi, Pier Luigi Pizzi.
Il primo allestimento in ordine di incontro è “Belvedere” di Bonito Oliva, una serie di sette stanze contenenti ognuna un’istallazione di artisti italiani o stranieri che hanno frequentato l’Italia, si comincia con la stanza dal titolo: “L’immagine” in cui è l’istallazione “Colosseum” di Nam June Paik commistione tra una moderna struttura formata da monitor e pezzi di sculture classiche in gesso; “La bellezza” in cui di Michelangelo Pistoletto è presente la “Venere di stracci”; nella terza sala, quella dello “Spirito” è inserito lo “Zen garden” di Chen Zen; per “La musica” i neon di Joseph Kosuth dal titolo “Frammenti di Rossini”; “LA rimembranza” stanza in cui sono appesi tre teli di Julian Schnabel; nella penultima sala che ha per titolo: “L’ingegno” lo spazio curato da Bonito Oliva ospita Panamarenko; nella settima ed ultima sala chiamata “La natura” è inserita un’istallazione di Hidetoshi Nagasawa composta da pezzi di marmo di colore diverso.
Il circuito prosegue e dopo le numerose suggestioni di Bonito Oliva si entra nello spazio curvo di Gae Aulenti e Luca Ronconi, dal titolo “Memoria”, in cui sono stati inseriti con precisione cronologica oggetti di modernariato, motociclette, una Fiat 500, opere di Fontana, Schifano e Paladino per citarne alcuni, il tutto contornato e incollato da brani radiofonici e televisivi riunendo in questo modo tutte le icone moderne dal dopoguerra italiano, dal 1951 al 1991.
Dal luminoso negozio di Gae Aulenti e Luca Ronconi in cui tutto sembrava esposto e pronto alla vendita, si passa a quello che potrebbe assomigliare al retrobottega del negozio, “Brockenhaus”.
Lo spazio allestito da Oliviero Toscani, “Brockenhaus” dopo una prima impressione in cui sembra di entrare in un castello di dracula delle giostre, ci si rende conto di essere in un non luogo del tempo, dove la memoria che pochi minuti prima la Aulenti e Ronconi avevano acceso
La sala dei “Sapori” di Gaetano Pesce e Andrea Pezzi, mette rumorosamente in mostra alcuni dei più famosi sapori della cucina italiana, dalla pizza alla pasta, passando per il pane e i formaggi finendo sui confetti, tutto giocato con estrema autoironia, numerosi monitor mostrano visi noti (Veronelli, Ghezzi, Aulenti, Toscani, Pesce…) che dichiarano il loro amore ai sapori d’Italia e per non dimenticare che il gusto è figlio dell’olfatto, una serie di scatole magiche attaccate ad una parete permettono a chi vuole cimentarsi di annusare alcuni degli odori più noti della cucina mediterranea.
L’ultimo spazio, quello allestito da Pier Luigi Pizzi con videoistallazioni di Enrico Ghezzi è uno spazio buio con al centro una colonna nera, sormontata da 16 monitor che eruttano immagini di Made in Italy, buono e cattivo, per testimoniare tutta la realtà italiana che si ritrova d’accordo solo davanti ad una Ferrari da corsa rosso fuoco che in moto perpetuo gira intorno alla colonna.
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