L’Università di Harvard rinominerà una casa progettata dal costruttore modernista Philip Johnson, a seguito delle rimostranze di un collettivo di architetti e artisti, che ha attirato l’attenzione sulle sue teorie e opinioni nazifasciste. Il Johnson Study Group, gruppo di ricerca che si è formato intorno alla questione, ha richiesto di eliminare le targhe celebrative con il nome del costruttore sia al MoMA di New York, di cui Johnson fu curatore, che alla Graduate School of Design di Harvard, dichiarando che le convinzioni e le attività razziste di Johnson rendono il suo nome inappropriato in ogni istituzione educativa e culturale votata al servizio pubblico. Sarah Whiting, decana della GSD, si è detta d’accorso con le rivendicazioni della lettera e ha annunciato che anche la Casa Cambridge, in Massachusetts, disegnata da Johnson negli anni Quaranta e di proprietà dell’università, cambierà nome.
Nato l’8 luglio 1906 e morto il 25 gennaio 2005, Philip Cortelyou Johnson, progettista del controverso grattacielo 550 a Madison Avenue, prima AT&T e oggi Sony Building, è stato il primo direttore del dipartimento di architettura e design del MoMA, museo per il quale curò mostre capitali, lungo un arco temporale amplissimo, come “Modern Architecture-International Exhibition”, nel 1932, e “Deconstructivist Architecture”, nel 1988.
Negli anni ’30, Johnson collaborò con gruppi di estrema destra negli Stati Uniti e si rese promotore dell’antisemitismo e del nazismo, tentando di formare un partito politico di stampo fascista. Nonostante tutto ciò, si tratta di uno dei più grandi architetti statunitensi, teorico dell’International Style e del Decostruttivismo, tra i pionieri del Modernismo degli anni Trenta, autore della Glass House, uno degli esemplari più noti del movimento statunitense. Per 45 anni fu legato da una relazione con l’importante gallerista newyorchese David Whitney, con il quale aveva trasformato la propria casa, la Glass House, in un museo a cielo aperto.
Nel 1978 ricevette la medaglia d’oro dell’American Institute of Architects e nel 1979 fu il primo a ricevere il Premio Pritzker, il più importante premio dell’architettura al mondo.
La lettera del collettivo è stata firmata da 38 grandi architetti e designer, con l’appoggio di sei partecipanti della prossima mostra che si terrà al MoMA dal 20 febbraio 2021, “Reconstructions: Architecture and Blackness in America”. Il collettivo richiede esplicitamente di conservare il lavoro architettonico di Philip Johnson, per rimuovendo l’attribuzione dei titoli accademici e l’intestazione degli spazi della galleria di Harvard.
In effetti, le inclinazioni politiche dell’architetto non sono un mistero. Egli era stato oggetto di indagine per i suoi legami con il partito nazista, per aver scritto su un giornale antisemita e per aver tentato di fondare il suo partito fascista personale in Louisiana, tanto da aver dichiarato di voler essere l’Hitler degli Stati Uniti e di voler «Portare la luce del nazismo nel buio dell’America». D’altronde, le accuse erano già emerse nel 2018, quando il critico di architettura Mark Lamster lo accusò di essere a tutti gli effetti un agente dello stato nazista che operava negli Stati Uniti. Oggi, grazie all’attività del gruppo di ricerca, le convinzioni e le attività razziste di Johnson sono emerse con forza anche nel dibattito, rendendo il suo nome inappropriato in ogni istituzione educativa e culturale votata alla formazione e all’istruzione pubblica.
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