Categorie: Architettura

Il caso di Bagnoli: tre opinioni sul recupero dell’ex area Italsider di Napoli

di - 2 Luglio 2021

All’indomani della nomina del progetto vincitore del concorso internazionale per la riqualificazione dell’area ex Italisder di Bagnoli, a ridosso di Napoli, ospitiamo tre interventi che fanno il punto della situazione su uno dei nodi urbanistici irrisolti nell’ambito delle Grandi Opere in Italia.

Bagnoli: la rimozione collettiva della risorsa termale

Dopo trent’anni dalla dismissione, il recupero dell’area di Bagnoli non è ancora nemmeno iniziato. Dopo leggi, piani regolatori, accordi di programma, conferenze di servizi, una società per la bonifica e una società di trasformazione urbana, due commissari di governo e tante cabine di regia, niente è stato fatto e il sito versa in uno stato di penoso abbandono, chiuso tra l’altro ai cittadini da un alto muro.

L’errore di fondo, derivante da ignoranza, è stato fin dai primi anni 90 quello di non comprendere la reale vocazione del territorio. Eppure, nel vincolo paesistico, apposto dal MIBACT già nel 1999 è scritto tutto e la relazione alla proposta di vincolo, che racconta la storia del sito fin dall’età romana, è stata pubblicata dalla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce nel 2002, consultabile in rete su questa pagina.

Il luogo, pertanto, è celebre sin dall’antichità per la sua straordinaria ricchezza termale e si chiamava appunto Balneum Balneoli, ma nei vari piani e progetti approvati e mai attuati, delle terme non esiste traccia. Si prevedono sulla carta un parco e una spiaggia, ma non un parco e una spiaggia termali, mentre si continuano a conservare, in luogo sottoposto a vincolo paesistico, ammassi di ferraglia considerati “archeologia industriale” e si progettano carceri, ospedali per tartarughe e farfallari. Sembra che l’ignoranza si unisca alla follia. Come definire altrimenti l’ostinazione nel voler conservare il pontile nord della fabbrica, che sfregia il paesaggio quanto la colmata, ma che una certa propaganda provinciale ha fatto passare per “la passeggiata a mare più bella del mondo”?

Le terme di Bagnoli, il polo più importante dalla fine del XIX secolo – tra i principali stabilimenti ricordiamo le Terme Sannino, Cotroneo, Manganella, Tricarico, Rocco e il Bagno di Giuncata – si inseriscono in un più vasto contesto termale che caratterizza l’intera aerea dei Campi Flegrei, dalle Terme Puteolane e di Agnano fino all’isola d’Ischia, unico punto nel quale, per fortuna, sono ancora attive e valorizzate, con il ritorno economico e turistico noto a tutti.

Pertanto, constatato il totale fallimento di questa classe politica e appellandosi alle future generazioni nella speranza che riescano ad esprimerne una migliore, non ci si può che augurare che tutto l’inutile dibattito al quale siamo stati costretti ad assistere per decenni, costato peraltro centinaia di milioni di euro ai contribuenti italiani, sia rivisto, mettendo al centro la risorsa termale e attuando finalmente il dettato legislativo del 1996, che dispone la rimozione della colmata e il ripristino della morfologia naturale della costa, operazione preliminare e senza la quale parlare di recupero di Bagnoli è solo offensivo dell’intelligenza dei cittadini.

(Francesco Iannello, Segretario Generale Assise di Palazzo Marigliano)

Una bomba da disinnescare

«Bagnoli è un sobborgo di Napoli nei Campi Flegrei Bagnoli e deriva il nome dall’esistenza di fonti di acque clorurato-sodiche-termali (…). È un frequentato centro balneare e idrotermale, che ha avuto uno sviluppo notevole per i vicini grandi stabilimenti siderurgici».

Ma questa descrizione della Treccani cessò di essere rispondente alla realtà negli anni ’60, quando l’Ilva decise di scaricare sulla spiaggia di Coroglio gli scarti industriali, realizzando una colmata e inquinando anche i fondali con veleni cancerogeni (come IPA e PCB), impedendo così la balneazione, divenuta pericolosa per la salute.

Scomparirono così gli stabilimenti balneari e termali che richiamavano a Bagnoli napoletani e turisti. La trasformazione di un bene pubblico in una discarica di veleni avvenne nell’indifferenza della città e nel silenzio del mondo politico, culturale, ambientalista e dei sindacati. Solo dopo trent’anni ci fu un sussulto di indignazione, quando un piccolo gruppo, guidato dal giudice Raffaele Raimondi, riuscì a far approvare in Parlamento nel 1996 la legge 582, “Provvedimenti urgenti per il ripristino della morfologia naturale della costa di Bagnoli”.

La rimozione della colmata, definita “una bomba ecologica da disinnescare” da tutti i ministri dell’Ambiente dal 1996, divenne oggetto di due Accordi di Programma, mai attuati per l’opposizione di un blocco sociale (imprenditori, assessori, parlamentari, giornalisti e architetti) favorevole alla utilizzazione della colmata. E le proposte furono le più stravaganti, da quella dell’Assessore Oddati di farne l’Agorà del Forum delle Culture a quella del sindaco De Magistris di usarla come base delle regate veliche della Vuitton Cup, mentre la città assisteva sgomenta alla violazione della legge.

Dopo 25 anni è arrivato il momento di gridare BASTA!

Il Commissario di governo, Invitalia, il presidente della Regione Campania e il sindaco di Napoli devono disporre la rimozione della colmata, e, nel contempo, il disinquinamento dei fondali marini. “È fatto obbligo a chiunque spetti di rispettare la 582/96 e di farla rispettare come legge dello Stato”.

(Gerardo Mazziotti, Prof. Architetto)

Sei punti per risolvere il problema

Il caso della “bonifica” del sito ex-industriale di Bagnoli, è una vicenda che si protrae dal 1995, e che ancora è senza soluzione, nonostante si sia speso già un fiume di denaro pubblico (circa 600 milioni di euro già spesi + altri circa 600 milioni di euro concessi da Governo Conte 1). Ma come è possibile continuare con questo enorme spreco di denaro pubblico, senza alcun risultato? La soluzione a Bagnoli è semplice, veloce e relativamente economica. Bisogna operare sulla falsariga, di quanto realizzato in decine di migliaia di siti industriali dismessi negli USA e nel mondo, dove si mettono in atto soluzioni, prevalentemente di messa in sicurezza, con trasformazione in Parchi pubblici. Bisognerebbe smetterla, per Bagnoli, con la favola del “caso unico al mondo”.

A Bagnoli in estrema sintesi si dovrebbe fare quanto segue: 1. Non destinare alcuna area al residenziale, in quanto il sito ex industriale è in piena Zona Rossa per rischio vulcanico dei Campi Flegrei. 2. Eseguire la messa in sicurezza, con misure di capping (con terreni incontaminati e/o con basse concentrazioni di inquinanti – Organici e metalli) su quasi totalità dell’area della matrice terreno/suolo, con abbattimento della carica inquinante della falda freatica, trasformando tutto il sito in un grande parco verde pubblico. 3. Destinare ad uso commerciale solo aree ristrette, utilizzando per la bonifica di IPA e PCB, tecnica largamente sperimentata: il desorbimento termico in situ. 4. Utilizzare, per le acque di falda che recapitano a mare, barriere reattive permeabili (tecnica diffusamente utilizzata decenni in aree minerarie carbonifere; e recentemente implementata e sperimentata in Cina con utilizzo di varie tecnologie, comprese nanotecnologie, in funzione di opportuna caratterizzazione geochimica del corpo idrico). 5. Intercettare acque piovane e ulteriori scarichi di deflusso di acque superficiali verso il mare (es canale Bianchettaro) con deposito di loro carico inquinante. 6. Proteggere arenili nord e sud e la nuova spiaggia dopo eliminazione della Colmata con opere soffolte (scogliere – a circa 150 m da spiaggia) e consentire la balneazione in sicurezza, stabilizzando i sedimenti marini, fra scogliere e linea di spiaggia, con l’utilizzo di sostanze stabilizzanti sperimentate, mettendo in atto misure istituzionali per vietare la pesca nelle aree oltre le scogliere.

(Benedetto De Vivo, Professore Straordinario presso l’Università Telematica Pegaso, Napoli)

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